A Taiwan, l'isola senza eroi di Enzo Biagi

9 REPORTAGE r Dopo Hong Kong è la ribelle Taipei il prossimo obiettivo dei signori della Città Proibita A Taiwan, l'isola senza eroi Dimentica Chiane Kai-shek, teme Pechino TAIPEI I L presidente Jiang Zemin era Hi appena rientrato a Pechino dopo le fastose cerimonie di Hong Kong che subito indicava, in un comizio organizzato per festeggiare il riassorbimento dell'isola, il successivo obiettivo nella politica cinese di riacquisizione dei territori perduti, invitando Taiwan a «passi concreti» verso la riunificazione del Paese. Il premier Li Peng rafforzava la dose sostenendo che se la formula «un Paese, due sistemi» funzionava per Hong Kong e Macao, il cui ritomo alla Cina è già ufficialmente previsto per il 1999, doveva essere adottata anche per Taiwan. Contemporaneamente il nuovo leader di Hong Kong, Tung Cheehwa, insediatosi nell'ufficio ereditato dall'ex governatore inglese Chris Patten, affrontava come primo il problema di Taiwan, incontrandone il rappresentante semiufficiale nel territorio «per migliorare i reciproci rapporti». Appare così tracciata la linea che seguirà la Cina per ritornare a quelli che considera i suoi confini ancestrali e naturali: pressioni e intimidazioni da Pechino, lusinghe e blandizie da Hong Kong in una tattica bifronte che vorrà apparire scoordinata mentre invece avrà in Pechino il suo centro decisionale e propulsore. Ma anche da Taiwan partono all'indirizzo della Cina minacce e promesse. Il governo di Taipei non perde occasione per far capire a Pechino che se continuerà a isolarlo ed umiliarlo sulla scena internazionale bloccandone l'accesso alle Nazioni Unite e ad altre organizzazioni internazionali ciò finirà per rafforzare il movimento per l'indipendenza dell'isola rappresentato dal Partito democratico progressista, attualmente all'opposizione. Per rendere più credibile la minaccia, maggioranza ed opposizione si sono unite in un progetto di revisione della Costituzione che pur senza affermarlo esplicitamente sottolineerebbe il carattere indi pendente dell'isola. Queste manovre politiche a so stegno dell'indipendenza di Tai wan sembrano intensificarsi negli ultimi giorni nella convinzione che la Cina, distratta dai problemi dell'annessione di Hong Kong e restia a turbare l'atmosfera di concordia che vuol trasmettere all'esterno, sarebbe meno incline a reagire. Ma è certo che una dichiarazio ne di indipendenza di Taiwan sca tenerebbe in ogni caso una violen ta reazione della Cina che del resto ha sempre affermato che ricorre rebbe alla forza per bloccare la se cessione dell'isola, anche per evitare il contagio, un effetto «domi no» con ripercussioni su regioni come il Tibet e la Mongolia interna. Circa un anno fa un alto funzionario cinese arrivò a dichiarare che Taiwan non era coperta dal l'impegno cinese a non usare per prima armi nucleari contro un altro Paese, perché non era un Paese ma una provincia della Cina: se guendo questa logica, sarebbe la prima volta nella storia che un go verno si riserva il diritto di usare l'arma nucleare contro se stesso. Non c'è dubbio che le pressioni cinesi su Taiwan si stanno intensificando dopo l'annessione di Hong Kong. Le proposte di Pechino possono sembrare allettanti e garantiscono un livello di autonomia superiore a quello che aveva Hong Kong: mantenimento a Taiwan dell'attuale sistema economico e sociale, delle sue forze armate, delle sue relazioni ufficiose con molti Paesi stranieri, un ruolo preferenziale agli scambi commerciali e agli investimenti taiwanesi sul continente, im posto di vice presidente per l'attuale Presidente di Taiwan e in cambio l'accordo a trasformarsi in «regione amministrativa speciale» della grande Cina. 1 taiwanesi rispondono: perché dovremmo accettare visto che le condizioni che ci offrono le abbiamo già, e in più godiamo dell'indipendenza di fatto che ci vorrebbero togliere? Taiwan non è Hong Kong: le circostanze della fondazione della colonia inglese furono umilianti per la Cina, Taiwan è un Paese democratico anche se da molti non riconosciuto ed ogni sua scelta deve essere vagliata dal popolo. Inoltre, dicono a Taiwan, non si parla di riunificazione prima che la Cina sia diventata una società aperta e democratica e di equivalente prosperità. E allora, in previsione di pressioni crescenti e di tempi più duri, negli istituti di studi e di analisi di Taipei si fanno ipotesi sul futuro, si delineano scenari di tensioni e reazioni. Sono pochi coloro che intravedono la possibilità di una brutale invasione cinese di Taiwan, anche perché è improbabile che abbia successo. E' vero che la Cina ha un esercito di 3 milioni di soldati, sei volte superiore a quello di Taiwan, e ha dieci volte più aerei e sottomarini, ma sono tecnolo- gicamente inferiori ed antiquati. Taiwan ha tenuto a svolgere esercitazioni militari proprio alla vigilia della transizione di Hong Kong per ricordare che le sue capacità difensive ne fanno un caso diverso dall'ex colonia britannica. Ma la Cina non ha bisogno di invadere, le basterebbe intimidire: l'annuncio di un blocco navale, anche se non venisse attuato rigidamente, metterebbe in crisi in 24 ore l'isola di Taiwan che dipende dalle vie marittime per la sua sopravvivenza. E sono pochi i Paesi che in tal caso si schiererebbero con Taiwan che gode di relazioni di plomatiche ufficiali con meno di 30 Paesi e quasi tutti ininfluenti. La ricerca di un riconoscimento internazionale, la cui espressione più persuasiva sarebbe la riconquista di un posto alle Nazioni Unite, è obiettivo prioritario della politica di Taipei. E di riflesso ha contribuito ad un ridimensionamento della figura di Chiang Kai-shek, colpevole di aver rifiutato con sdegno un seggio normale nell'organizzazione internazionale quando, nel 1971, Pechino conquistò il seggio privilegiato in seno al Consiglio di Sicurezza fino allora riservato a Taiwan. Per rendersi conto del tramonto del mito del «generalissimo», instauratorc del passato regime dittatoriale, basta osservare come i suoi ritratti lentamente spariscano da scuole ed uffici pubblici e i suoi busti dalle piazze, o come le strade a lui intestate cambino nome. Una visita al mastodontico mausoleo, eretto in suo onore nel centro di Taipei, conferma questa impressione. Alto 70 metri, coperto da un tetto ottagonale e spiovente, rivestito di tegole di un blu quasi viola, racchiude al suo interno una enonne statua in bronzo del leader scomparso con impresso un lieve sorriso che ricorda Buddha. Lì ho visto un ragazzino inchinarsi burlescamente di fronte alla statua ridendo di gusto ed accennare a frasi che volevano sembrare di preghiera ma erano di scherno, tra il divertimento dei genitori: ancora qualche anno fa, quando il regime era dittatoriale, un comportamento del genere avrebbe portato tutti e tre diritto in prigione. Al piano inferiore, sotto la statua, c'è un museo cne raccoglie foto e documenti della leggendaria storia del «generalissimo» e dove troneggia una lucida Cadillac corazzata del '75, che Chiang Kai-shek deve aver usato poco visto che mori in quell'anno, Ci sono poi quadri che illustrano momenti salienti della sua vita e foto «storiche» come quella del vertice del Cairo del 1943 che conferma il ruolo che nella vita del «generalissimo» ebbe sua moglie Soong May-ling, unica donna, per nulla imbarazzata, presente in quella istantanea con Roosevelt e Churchill: la signora ora vive a New York dove qualche settimana fa ha festeggiato i suoi 100 anni. Esattamente trent'anni fa incontrai a Taiwan Chiang Kai-shek e la moglie. Erano in vacanza in una villa che avevano sulle montagne al centro dell'isola sopra il Lago del Sole e della Luna. Ma quando dovevano ricevere ospiti stranieri preferivano farlo in un albergo vicino dove andavano le coppie in viaggio di nozze, per non venir meno alle loro abitudini di riservatezza. All'incontro era presente una sua piccola corte molto ossequiosa e deferente. Lui arrivò nelia hall dell'albergo appoggiandosi con ima mano al bastone e con l'altra alla moglie: già anziano ma di- ritto, quasi rigido, di taglia media, un sorriso freddo, studiato, che sembrava escludere slanci ed emozioni, il viso dai tratti regolari e dal colorito olivastro come la divisa che portava, di ottimo taglio, senza gradi né decorazioni. Rispose a qualche domanda, lentamente, e quando stentava a trovare la parola voluta la moglie l'assisteva, suggerendogliela. Mi ricordo la determinazione con cui attacco ì comunisti, soprattutto quelli sovietici, e malgrado tutto mi sorprese perché sapevo che Stalin lo preferiva a Mao, e a Mosca un tempo era ben visto: ci passò qualche anno in gioventù, ci mandò suo figlio a studiare e lui finì per sposare una russa. Ora il mito di Chiang Kai-shek è j in declino e Taiwan sarebbe disposta a qualsiasi compromesso pur di avere un ruolo all'interno delle Nazioni Unite. Sotto molti aspetti ne avrebbe il diritto: altri Paesi divisi come la Germania o la Corea hanno avuto o hanno ancora una doppia e simultanea rappresentanza all'Orni, il governo di Taipei ha gestito l'isola ininterrottamente dal 1949, rendendola indipendente in tutto salvo che formalmente e portando i taiwanesi, che erano fra i più poveri al mondo, a diventare fra ì più ricchi, con un reddito prò capite superiore a quello della Grecia e del Portogallo. Oggi Taiwan ha, per la prima volta nella storia di tutta la Cina, cioè da 5 mila armi, un presidente, Lee Teng-hui, eletto democraticamente con voto popolare diretto, e non importato dal continente ma nato nell'isola. Egli ha varato e consolidato la democrazia nel Paese liberando i prigionieri politici, abolendo la censura della stampa, esautorando le vecchie cariatidi fedeli a Chiang Kai-shek che ancora sostenevano le tesi di Taiwan come rappresentante di tutta la Cina. Lee Teng-hui ha rinunciato a questa pretesa, stabilendo un nuovo principio: «Una Cma, due entità politiche», il che vuol dire che in Cina esistono due governi, ciascuno dei quali esercita legittimamente il proprio potere sul territorio che controlla. E la soluzione migliore per tutti sarebbe che questi due governi raggiungessero un accordo fra di loro trattando su posizioni di parità. Jas Gawronski Davanti al mausoleo del Generalissimo un ragazzino pronuncia frasi di scherno ma nessuno presta attenzione La Cina non ha bisogno di invadere, il semplice annuncio di un blocco navale in 24 ore metterebbe in ginocchio il Paese si n Sopra, manovre militari a Taiwan e una foto del 1967 che ritrae l'autore a Taipei con Chiang Kai-shek ed Enzo Biagi II mausoleo di Chiang Kai-shek a Taipei