La Nato: in Bosnia la caccia continua

11 Europa e Clinton approvano il blitz contro i serbi, per Eltsin è «un'azione da cow-boys» La Nato: in Bosnia la caccia continua «Arresteremo tutti i criminali di guerra che troveremo» BIJELJINA DAL NOSTRO INVIATO Questa notte la Bosnia dei serbi sembrerà punteggiata di fuochi: saranno le fiammelle di migliaia di candele, accese in segno di lutto nella tradizione ortodossa. Nella repubblichetta dei serbi di montagna, i paria d'Europa cominciano già a chiamare «eroe» quel massacratore di provincia intorno cui l'altra mattina s'è concentrato il meglio della tecnologia militare d'Occidente. Ed il fatto che la salma di Simo Drljaca sia già stata riconsegnata prepara per questa mattina a Prjiedor funerali cui si prevede parteciperanno ventimila persone, mentre nel resto della «Republika Srpska» tutto si fermerà in coincidenza con la cerimonia. Si sta ripetendo insomma il prodigio delle quattro «S» («samo sloga srbina spasava», solo l'unione salva i serbi), torna a scattare il riflesso condizionato, il richiamo del branco. Quel meccanismo che ad ogni attacco esterno fa in modo che i serbi si ricompattino cancellando le differenze, annegando ogni tentennamento nell'idea di comunità, tribù, «zadruga». Chissà fino a che punto quest'effetto era stato calcolato. A poche ore dal «blitz» che ha dovuto salvare l'immagine dell'Occidente, il solo effetto importante sta nel fatto che la «Republika Srpska», lino all'altro ieri dilaniata da scontri interni, adesso mostra nuovamente un aspetto monolitico. Il momento della resa dei conti con Bilijana Plavsic ed i suoi uomini è solo rinviato. Da Pale i giornali l'attaccano ferocemente, da Belgrado l'altra sera l'agenzia ufficiale «Tanjug» insinua che la Plavsic fosse stata preventivamente informata dell'intervento della Sfor. Accusa cui da Banja Luka rispondono con dinieghi dal tono disperato. 11 processo comincia: insomma la donna che avrebbe potuto cambiare la politica dei serbi di Bosnia è guardata come una traditrice. Mai forse una «leadership» era declinata più rapidamente, e le stesse forze Nato sembrano averne preso atto dedicando da ieri visite, incontri, iniziative di pacificazione non più a Banja Luka, ma a Pale, non alla ex «lady ferro», ma al suo principale avversario, Momcilo Kraijnsnik. Tornato d'un tratto in sella, Kraijnsnik adesso riceve come un monarca offeso il capo della missione Osce, Robert Frowick, fa la voce grossa con Carlos Westendorp, rappresentante per gli affari civni in Bosnia, accoglie algido il nuovo comandante della Sfor, generale William Croach. Tutti in pellegrinaggio da lui, mentre alla signora Plavsic non resta che sfogarsi con comunicati di condanna e dichiarazioni d'innocenza. «La Sfor è uscita dai limiti del proprio mandato - dicono i serbi, nuovamente uniti -; quel che è accaduto a Prijedor rappresenta un cambiamento nella politica delle forze di pace e una rinuncia all'ap- '■ < : v ■ » <Xl - e * . SMttfcx* ùa» plicazione degli accordi di Dayton». Di fronte al clima che è tornato ad instaurarsi in Bosnia, le voci che continuano a rincorrersi nelle varie conferenze stampa della Nato appaiono semplicemente lunari. Un altro «blitz» per catturare Karadzic o Mladic? Per chi deve agire sul terreno 1'«operazione Tango» ha significato non uno, ma qualche decina di passi indietro sul piano dei rapporti politici e della possibilità di soluzioni concordate. Tuttavia il generale William v*':Y>>.^>*'<: ■:>»>:■>.:■■:■>: *■.■■:■>.-.v v. Croach, comandante della Sfor, ieri ha giustificato il blitz. «La Sfor ha spiegato - ha operato nell'ambito del suo mandato: continueremo ad arrestare le persone accusate di crimini di guerra in cui le nostre forze si imbatteranno». Ed ha aggiunto: «Non ci devono essere fraintendimenti, non dimentichiamo d'altra parte che sono gli accordi di pace di Dayton ad impegnare le due entità della Bosnia (quella serba e quella croato musulmana) a consegnare al Tribunale dell'Aja gli indiziati di crimini di guerra». Da parte loro i leader serbi, il Parlamento continuano ad invitare la popolazione alla calma, ma dichiarano che d'ora in poi i rapporti con l'Occidente si svolgeranno «solo sul territorio della Rs». Ragioni di sicurezza personale? Forse: certo, chissà d'ora in poi come potrà funzionare il teorico governo a tre di Bosnia, che si riunisce a Sarajevo. A lampade ancora calde e palcoscenico appena sgombrato, la questione dell'opportunità di quest'intervento-spettacolo resta dunque aperta. Da Bucarest Bill Clinton non manifesta dubbi: «Penso che quanto è stato fatto fosse appropriato all'interno del mandato Sfor era la cosa giusta». Anche l'Unione Europea definisce l'iniziativa «pienamente legittima», dice che «il posto di Radovan Karadzic è all'Aia» e invita Belgrado ad «assumersi la propria parte di responsabilità nella soluzione della crisi». Ancora un volta però i serbi non sono soli nelle reazioni cariche d'ira. La Russia definisce l'incursione delle truppe Nato «un'azione da cow-boys che minaccia l'intero processo di pace», e si dice pronta a «trarre conclusioni adeguate». Mosca «non vuole assumerei e non si assume responsabilità per le conseguenze di queste azioni unilaterali, tanto più mentre un suo reparto militare si trova in Bosnia e fa parte della forza multinazionale». Giuseppe Zaccaria WAR CKIMNALSINB1CHTED BYTHE INTERNATIONAL CRIMINAL TRIBUNAL FOR THE FORMER YUGOSIJLVTA WAMUNT8 H)R THfilR ARRKST ARE 1IEI.» BY TOHR RKSPKC11VK CAPITAI* jrt*wsw ti**. ;*r« <»* WWt ««'('«nafte*- '■ < : v ■ » <Xl - e * . SMt* tfcx* ùa» V'.-. *>.',> -ft V V KWSttW»*. '.«*> w. v*«. sj,\ #>,->• -, - «4m »:■/.'■.■: -.vx v*':Y>>.^>*'<: ■:>»>:■>.:■■:■>: *■.■■:■>.-.v v. \<WW»x Vi»)*. >->>' Le foto di 17 presunti criminali di guerra - Karadzic è il quarto da sinistra della prima fila ricercati dalla Sfor per essere processati all'Aia