«Le nostre vite inghiottite dagli orrori in Argentina» di Giovanni Bianconi

«Le nostre vite inghiottite dagli orrori in Argentina» Approdano al tribunale di Roma le storie dei parenti delle vittime italiane «Le nostre vite inghiottite dagli orrori in Argentina» I DESAPARECIDOS 20 ANNI DOPO SROMA E fosse vivo, Guido avrebbe 19 anni. Se fosse vivo sarebbe cresciuto coi nonni in Argentina, ma oggi si troverebbe a Roma, per chiedere il processo contro gli assassini di sua madre. Se fosse vivo, Guido avrebbe letto negli atti giudiziari di essere nato in un ospedale militare di Buenos Aires, il 26 giugno 1978, dove fu strappato dalle braccia della sua mamma 5 ore dopo il parto. Se fosse vivo e consapevole del suo caso, perché da quel giorno nessuno ha più visto Guido Carlotto, né sa che fine abbia fatto. Forse è morto, o forse vive chissà dove, chissà con chi, con chissà quale nome. Ufficialmente è «desaparecido», scomparso, uno dei circa 20 mila argentini inghiottiti dal regime dei generali golpisti andati al potere nel 1976, certamente il più giovane. La storia di Guido sparito nel nulla, di sua madre ammazzata a sangue freddo, di suo nonno, Guido senior, torturato in un campo di concentramento, è scritta negli atti dell'inchiesta sui «desaparecidos» di origine italiana. Grazie alla tenacia di alcuni parenti e degli avvocati Marcello Gentili e Giancarlo Maniga - che con pazienza militante hanno rintracciato testimoni, cadaveri e prove - l'inchiesta è approdata alla richiesta di rinvio a giudizio contro sette militari argentini, individuati come responsabili di crimini efferati. Le carte dell'inchiesta sono un'autentica antologia del terrore, esempi ancora palpitanti di come migliaia di vite umane siano state strappate e calpestate in nome dell'anticomunismo e della ragion di Stato. la famiglia Carlotto. «Mi chiamo Enriqueta Estela Barnes in Carlotto, mi presento spontaneamente per testimoniare sul sequestro e l'uccisione di mia figlia Laura Estela Carlotto». Sono i primi passi della testimonianza su una famiglia colpita in tre generazioni. Laura Estela, la mamma di Guido, era considerata dal regime una pericolosa sovversiva perché iscritta alla Gioventù peronista. «Mia figlia è stata sequestrata il 26/11/1977 a Buenos Aires da un gruppo armato appartenente alle cosiddette Forze Annate Congiunte, mentre si trovava nella sua abitazione insieme al suo compagno... Era in stato di gravidanza da due mesi e mezzo». Laura fu tenuta nove mesi nelle prigioni clandestine. La notizia della morte arrivò in casa Carlotto il 25 agosto '78: «Fui convocata presso il commissariato di polizia, dove il commissario ci comunicò che mia figlia era stata uccisa durante uno scontro a fuoco... C'è stato anche il riconoscimento del cadavere». La storia dello scontro a fuoco era una bugia, le perizie hanno dimostrato che Laura fu colpita alla testa da due proiettili sparati quasi a bruciapelo, meno di mezzo metro di distanza. Guido senior, il padre di Laura, era stato rapito in precedenza a casa della figlia, mentre lei non c'era. An- che lui ha testimoniato: «Sono stato trattenuto dal 1° al 25 agosto 1977... Durante la mia detenzione mi hanno torturato per farmi dire dove si trovava mia figlia». Fu liberato dopo che sua moglie pagò 40.000 pesos «attraverso trattative segrete di cui s'è fatto intermediario un nostro parente... Anche per la liberazione di mia figlia abbiamo pagato un riscatto di 150.000 pesos, sempre tramite gli stessi intermediari». Ma di Laura fu restituito solo il cadavere. Di quella ragazza scomparsa a 22 anni, restano le testimonianze dei compagni di detenzione. Una è Alcira Elisabeth Rios de Cordoba, che incontrò Laura nel campo di La Cacha, dopo La Piata, la quale le disse della nascita di Guido junior: «Mi raccontò che durante il parto era stata legata al letto. Ha potuto restare con il bambino soltanto per cinque ore, dopo glielo hanno tolto dicendole che l'avrebbero consegnato ai nonni. Poi non si è saputo più niente». Norberto Julio MorresL Fu arrestato il 23 aprile '76 a Buenos Aires, mentre distribuiva il giornale «Evita Montonera», considerato sovversivo. Quello stesso giorno verme fucilato, insieme a un suo compagno, alla periferia della città. Suo padre, Julio Alberto Morresi, lo seppe 13 anni dopo, come risulta dalla sua deposizione: «Il caso è stato scoperto da un gruppo di antropologi che lavorava per la commissione nazionale sulla scomparsa delle persone in Argentina, creata dal presidente Alfonsin... Il gruppo mi ha avvertito del rinvenimento di un fascicolo riservato, dove c'erano l'indicazione e le prove dell'omicidio...». «Debbo aggiungere che nel 1977, recatomi nella caserma del corpo Uno di Patricios in Buenos Aires, un sedicente ufficiale e una sua compli¬ ce, di cui non ho mai saputo il vero nome, mi hanno ingannato per mesi, dicendomi delle loro ricerche su mio figlio, dell'averlo ritrovato dandomi qualche apparente prova della sua vita, ed infine della necessità di salvarlo facendolo volare in Svizzera. Così ci estorsero un'enorme quantità di soldi che avevo da parte per l'acquisto di una prima casa». La mamma di Norberto, immaginando che in Svizzera ci fosse un clima più freddo che in Argentina, confezionò e consegnò dei golf da dare al suo ragazzo, finiti chissà a chi. Aggiunge Julio Alberto Morresi: «Mi ritengo privilegiato, rispetto a tanti altri genitori di scomparsi, perché almeno posso piangere mio figlio sopra la cassetta di resti che mi è stata consegnata dagli antropologi». Pedro Luis fsìazzo«hi. «La sottoscritta Esther Nelida Mazzocchi, dichiara quanto segue: mio fratello Pedro Luis è stato sequestrato la prima volta l'I 1/7/1977.1 miei genitori lo hanno visto il 18 luglio nella base aerea di Tandil, dove svolgeva il ser- I Pvizio di leva. E' risultato che era fuggito da un campo di detenzione clandestino dove era stato incatenato e torturato. Appariva ai miei genitori completamente sconvolto e guardato a vista dai militari». Insomma, Pedro Luis - rapito esattamente 20 anni fa - ce l'aveva fatta a ricomparire. Solo che lui, aviatore di leva, pensava che riconsegnandosi ai suoi superiori l'avrebbe scampata per sempre. Invece le cose andarono diversamente. «I miei genitori l'hanno nuovamente incontrato alla base aerea il 29 luglio. In quell'occasione i militali dissero loro che non c'erano "precedenti sovversivi", ma che occorreva indagarlo per la sua attività politica all'università. Il giorno dopo uno sconosciuto avvertì i miei genitori che Pedro Luis era stato portato via, e che occorrevano denaro e vestiti per lui... Per anni non abbiamo saputo più niente, fino a quando nel processo alle giunte militari un teste disse di averlo visto nel campo di detenzione clandestino di La Cacha». Undici anni più tardi, nel 1998, vennero fuori i documenti sul solito, presunto scontro a fuoco dove morì Pedro Luis Mazzocchi, nel novembre '77. I due amid sardi Martino Mastinu era nato a Tres Nuraghes, in provincia di Oristano, nel 1949. Da ragazzo era emigrato in Argentina, dove faceva l'operaio nei cantieri navali. E il sindacalista. Sua sorella Santina aveva sposato un altro sardo del loro paese, Mario Marras, anche lui emigrato e anche lui vittima della repressione. Marras venne ucciso davanti a Santina e alla loro figlia il 22 maggio del 1976, sul delta del fiume Paranà. Un mese più tardi Santina fu sequestrata per quattro giorni dai militari: volevano sapere dove si nascondeva suo fratello Martino. Lo trovarono a Buenos Aires, il 7 luglio. Da allora non s'è saputo più nulla. «Mentre lo portavano via - ha testimoniato Santina Mastinu - mio fratello apostrofava uno dei sequestratori che aveva riconosciuto per tale Porchetto, un ragazzo alto, biondo di capelli, che era stato collega di Martino nel cantiere navale dove lavorava. Mio fratello ripetè più volte il nome, presumo perché altro lo sentissero». Queste sono le storie di terrore e morte raccontate da alcuni sopravvissuti. Ma molti altri non hanno voluto parlare, come ha spiegato una donna sequestrata, torturata e violentata, all'avvocato Gentili: «Certe cose le ho dette solo alle rose del mio giardino». Giovanni Bianconi DEbccvprmfg i ihii La «rivolta delle madri» dei desaparecidos a Buenos Aires negli Anni 80 e nella foto piccola una manifestazione in Italia