«In fuga dopo il delitto»

E' una ragazza fuori-corso Ha descritto come erano vestiti idue Omicidio a La Sapienza: la nuova superteste è ritenuta molto attendibile dagli inquirenti «In fuga dopo il delitto» «Li ho visti: erano Ferraro e Scattone » ROMA. A sorpresa arriva la supertestimone nell'inchiesta sull'omicidio di Marta Russo. E' una ragazza fuori corso di Scienze Statistiche che il 9 maggio sostiene di aver visto nei corridoi della facoltà di Legge Salvatore Ferraro e Giovanni Scattone andare precipitosamente verso l'uscita. Scappavano? Certo la loro fretta e la loro concitazione nel parlare accreditano questa ipotesi. Una nuova svolta alle indagini, arrivata inaspettata grazie allo «scoop» di un giornalista del «Manifesto» che ha intervistato la studentessa che ha riconosciuto Scattone e Ferraro e poi l'ha accompagnata a deporre davanti al procuratore aggiunto Italo Ormanni. Lunghe ore di interrogatorio per accertare le cose dette dalla giovane e stabilire la sua credibilità. E i magistrati adesso le credono. E' stato provato che quella mattina, il 9 maggio, la ragazza si trovava all'Università. La prova è stata data dai computer del centro di calcolo di Scienze Statistiche che hanno in memoria la sigla della studentessa nel giorno dell'omicidio. Per questo il computer è stato sequestrato. Ma anche altre cose rivelate dalla teste pare abbiano trovato riscontro. Il fatto che sapesse come erano vestiti esattamente i due assistenti di Filosofia del Diritto il giorno della morte di Marta Russo rafforza le tesi del l'accusa. Questo particolare, infatti, non era mai trapelato dai verbali degli interrogatori dell'altra supertestimone Gabriella Alletto, né dalle dichiarazioni di Liparota. Rimane il fatto del ritardo con cui la testimone si è presentata a dire quello che sa. Ma la giovane «statistica» si è giustificata portando a conoscenza degli inquirenti serissimi motivi familiari e personali. Il padre, infatti, è stato colpito da un ictus lo stesso giorno dell'arresto di Ferraro Scattone. Giorni difficili per la ragazza che ha avuto altro per la testa. Anche se in un angolo del la sua memoria e della sua co scienza rimaneva quel flash del la mattina del 9 maggio. Nell'in tervista pubblicata ieri dal «Ma nifesto» la testimone racconta che intorno a mezzogiorno sentì un gran vociare e qualcuno che gridava: «Hanno sparato». Istin tivamente si avviò nell'androne da dove partono le scale degli istituti di Legge. «Nel farlo - ha detto - incrociai, a distanza di meno di un metro, i due ragazzi che soltanto dopo il loro arresto seppi chiamarsi Scattone e Ferraro». «Avevano un fare concitato», spiega ancora. «Scattone, soprattutto gesticolava. Parlavano tra di loro. La cosa mi colpì, perché incrociammo gli sguardi diverse volte, soprattutto con Scattone. Poi loro cominciarono a correre. E io, istintivamente li seguii». E nell'affermare che si trattava proprio dei due assistenti arrestati, tuttora in carcere, la testimone non ha dubbi. Quanto al fatto che i due assistenti negano di essere stati quella mattina all'università, dice: «Se non fossi sicura non direi quello che sto dicendo». La ragazza ha raccontato al procuratore aggiunto Italo Ormanni che quel giorno parlò a lungo con l'amica di Marta, Iolanda Riccio. Nei prossimi giorni gli inquirenti organizzeranno un incontro per vedere se anche la Riccio si ricorda della nuova testimone. Intanto gli avvocati della difesa contrattaccano. «Sciacalli e mitomani in processi di questo genere si sono sempre fatti vivi dice Alessandro Vannucci, avvocato di Scattone -, ero meravigliato che fino a ieri non si fosse presentato nessuno a offrire nuove rivelazioni». Gli fa eco Giorgio Giffone, difensore di Salvatore Ferraro: «In un processo che appassiona talmente tanto l'opinione pubblica, mitomani a orologeria continueranno a spuntare a ogni pie sospinto. Noi abbiamo fiducia in quello che ha dichiarato Salvatore Ferraro, il quale afferma che quel giorno era lontano dall'università». Parole contraddette da ben tre testimoni. Oltre alla misteriosa studentessa di statistica, ha indicato la presenza di Ferraro in aula sei anche Maria Chiara Lipari, l'assistente che con i suoi ricordi ha permesso a magistratura e polizia di iniziare a comporre il complicato puzzle di cosa accadde il giorno maledetto all'Università. Grazie a lei si è arrivati alla supertestimone Gabriella Alletto, la segretaria che solo dopo molti giorni si è decisa a parlare e a dire quello che aveva visto. Sono state dette e insinuate molte cose per screditare le sue parole. E l'entrata in scena della nuova testimone da forza alle dichiarazioni dell'Alletto che adesso si augura «che tutto venga alla luce». Intanto gli inquirenti continuano a cercare il «quarto uomo alto», il «pennellone» che la Alletto, nell'ultimo interrogatorio di alcuni giorni fa, ha detto aver intravisto la mattina del 9 maggio nel corridoio, mentre stava entrando nell'aula 6 pochi minuti prima dello sparo. Ma non sarà facile trovarlo a meno che non giunga in aiuto un nuovo «ritorno» di memoria dell'Alletto. Una storia dai continui colpi di scena, ancora da raccontare, dove le grandi accusatrici sono tutte donne. Maria Corbi «Avevano un fare molto concitato Poi si misero a correre» «Non ho parlato prima perché papà m colpito da ictus» I difensori: mitomani E' una ragazza fuori-corso Ha descritto come erano vestiti idue ricercatori sott'accusa Sotto Marta Russo, la ragazza uccisa Sopra l'assistente Salvatore Ferraro, sotto Giovanni Scattone. Una nuova testimone li accusa

Luoghi citati: Roma