«Gli ho dato la bomba da tagliare» di Vincenzo Tessandori

Il ferito: un maresciallo mi chiese se qualcuno poteva trasformarla in souvenir Il ferito: un maresciallo mi chiese se qualcuno poteva trasformarla in souvenir «Gli ho doto la bomba da tagliare» L'alpino morto a Valona: un favore o un ordine? TIRANA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Quella maledetta bomba era lì, sul bordo della vecchia e impraticabile pista di volo, dietro alla scuola aeronautica di Valona. Qualcuno l'aveva abbandonata, nei giorni della grande fuga, e un maresciallo l'aveva raccolta. Voleva farne un souvenir, niente di più. E non gli era neppure passato per la testa di non toccarla perché proibito dai regolamenti e soprattutto dal buon senso e neppure aveva pensato di consultare un artificiere: aveva fatto da sé la diagnosi, quell'ordigno era inerte. E così aveva chiesto a Francesco Semonara, lui pure sottufficiale, se non avesse qualcuno capace di trasformare quel cilindro in un portacenere. Certo, un po' kitsch, ma un pezzo unico. E l'alpino Vaira Diego aveva ricevuto l'incarico e, senza timori, si era messo al tavolo da lavoro. Tutto questo c'è alla base dell'inchiesta aperta dai carabinieri del Tuscania l'altro giorno per la morte del soldato e passata alla procura militare di Roma e alla procura della Repubblica di Torino. Dunque, ci fosse dolo per lo scoppio della bomba, si parlerebbe di un quinto uomo, di un «mandante». Ma considerato che si è trattato di fatalità, anche se qualcuno ha fatto l'impossibile perché avvenisse, il reato ipotizzato potrebbe essere omicidio colposo. Gli interrogatori condotti «a caldo» dai carabinieri del Tuscania del colonnello Leonardo Leso hanno fatto chiarezza. Sono stati sentiti tutti coloro che si trovavano nei pressi del basso magazzino, lì, nel cortile dell'ospedale militare della Taurinense. E il maresciallo Semonara, ferito alla mano sinistra, ha raccontato che, sì, quel proiettile non era suo anche se l'avrebbe dato lui, a Diego Vaira, perché ci lavorasse. Insomma, il campione di leggerezza e di stupidità non è stato l'alpino che, tranquillizzato sul fatto che la bomba fosse ormai innocua, non avrebbe saputo come rifiutare un favore a uno con i galloni sulla giubba. Niente dolo, ma, ha osservato Antonino Intelisano, procuratore militare di Roma, quello che ha sostenuto l'accusa contro Erich Priebke, «eventuale inosservanza delle nonne di cautela». Ma non solo, se la richiesta a Vaira era stata fatta come un ordine, allora sì che ci sarebbero «gravi responsabilità». Ormai tutti pensano alla partenza del contingente: fra una settimana tocca ai romeni. Il 12 agosto saranno gli italiani che completeranno il ripiegamento, che viene considerato il momento forse più delicato della missione. E ieri è stata giornata anche di visite per i soldati italiani: nientemeno che nove senatori di ogni sfumatura e tendenza, componenti della Commissione Difesa. Il lavoro svolto dai militari è molto, ma rischia di essere soltanto il prologo perché qui la situazione non è stata risolta, col voto, come forse qualcuno sognava. Per il futuro prossimo si conta sul generale Franco Angioni, che da Roma, ha detto il capo della delegazione, Rocco Vitoloreto, del gruppo sinistra democratica-Ulivo, «coordina due task-force, una con base a Roma, l'altra qui a Tirana». E Carmine De Santis, del ccd, osserva come il rischio più grande sia «la ripresa dello scontro, perché le condizioni politiche non sono ancora mature. Qui il disordine è stato determinato dallo scontro politico, le bande armate hanno fatto riferimento ad un gruppo politico preciso». Quale gruppo, sena- tore? «Beh!, questo non lo so». «Ma se lo chiede a me, io lo so, avrei detto che facevano riferimento a Berisha», dice pronto Luciano Manzi, di Rifondazione comunista. I suoi sono sempre stati contrari all'invio della forza multinazionale di protezione, ma l'impressione che il senatore ha ricavato dalla visita non de' tt i v'essere stata pessima. «Rifondazione la vedeva in un altro modo, ma son contento di essere venuto a constatare come le nostre forze abbiano svolto quello che è stato loro richiesto». Si sprecano i complimenti, ora che si avvicina il momento dell'addio. Anche a Valona hanno fatto sapere che se rimanessero i soldati la cosa sarebbe apprezzata. Perché la città non è tranquilla, il Comitato di salvezza ha comunicato che, se non verranno restituiti i soldi, non ci sarà scioglimento. Insomma, più che all'epilogo il problema Valona sembra al prologo. I greci vorrebbero restare, gli italiani fanno sapere che la decisione spetta all'Onu. Vedremo, la settimana prossima, col nuovo Parlamento, che volto prenderà l'Albania. Intanto nelle ultime 24 orre si sono registrate sparatorie e lo scoppio di alcune auto bomba che hanno provocato due morti a Valona e un altro morto è stato segnalato a Saranda. Vincenzo Tessandori Entro il 12 agosto tutti i soldati italiani avranno lasciato l'Albania Il militare morto nell'esplosione a Valona e un soldato italiano nella città del Sud