La Parenti «temeva» i controlli del pool di Angelo Conti

La telefonata prima che entrasse in scena Veronese. Il colonnello sarà presto scarcerato La telefonata prima che entrasse in scena Veronese. Il colonnello sarà presto scarcerato La Parenti «temeva» i controlli del pool Spiata mentre chiede notizie della Boccassini a Riccio GENOVA DALL'INVIATO Primo novembre '96: la guerra fra Titti Parenti e Uda Boccassini era già cominciata. Prima degli esposti alla procura di Brescia, persin prima del presunto e discusso incontro fra il pm di Mani pulite ed il pentito Angelo Veronese in un corridoio del tribunale di Milano. La prova sta in una intercettazione telefonica fra l'onorevole di Forza Italia ed il colonnello Michele Riccio. Sono le 15,21 quando la parlamentare chiama la casa dell'ufficiale, a Varazze. Risponde la moglie, Fabiola Marsala, che le passa il marito Convenevoli, poi una domanda: «Colonnello, volevo sapere una cosa... Siccome da ambienti milanesi ho saputo che la Boccassini andrebbe chiedendo, dai vari detenuti, notizie sul processo di Tovo San Giacomo ed anche su quello dello armi, volevo sapere se risultava anche a lei». Riccio inizialmente conferma: «Ho sentito anch'io delle voci, ma devo un pochetto verificare». Il magistrato, a quel punto, mostra un attimo di distacco («Non che io me ne preoccupi, anzi assolutamente non me ne preoccupo»), ma subito dopo toma a trasparire la tensione («Siccome c'è in ballo anche una certa questione... e le vendette personali sono all'ordine del giorno»). Su questo tema torna ancora, qualche secondo più tardi: «Eh sì, è un periodo dove volano le vendette». Affermazione che trova consenziente Riccio che fa riferimento al «periodo un po' antipatico» che sta vivendo anche lui. Proprio il colonnello è stato nuovamente interrogato ieri a Roma dai sostituti procuratori di Genova Canepa e Macchiavello, che avevano già cominciato a sentirlo mercoledì. Su quanto dichiarato dall'ufficiale dell'Arma ci sono affermazioni contrastanti. I magistrati hamio definito «leale» il suo atteggiamen to, lasciando intendere di trovarsi di fronte ad una collaborazione ampia. Più rigida la dichiarazione del legale di Riccio: «Il mio assistito non sta ammettendo niente, né sta chiamando in causa qualche altro Sinora si è sempre solo limitato a chiarire la sua posizione». La mole delle accuse da fronteggiare è impo nente: «I capi di imputazione sono addirittura 33, spaziano dall'associazione a delinquere finalizzata allo spaccio, al falso, al peculato, all'induzione allo spaccio». Il colonnello Riccio è apparso molto provato: «Soffre molto - ha spiegato il legale - ma sta cercando di fare il proprio dovere. E' preoccupato per l'indagine, ma lo è di più per la sua famiglia, per la moglie e la figlia». Sulla scorta della collaborazione mostrata, appare molto probabile l'imminente concessione degli arresti domiciliari all'ufficiale che dovrebbe così lasciare il carcere militare di Forte Boccea entro duetre giorni, dopo un mese di detenzione. Evenienza che è stata accolta con autentica gioia dalla moglie di Riccio, che si è lasciata andare ieri ad un lungo sfogo: «Temo per la sua vita - ha spiegato Fabiola Marsala -: l'ho visto provato, distrutto. Per lui l'onore è realmente importante. Ha sempre lavorato per quello e per lo Stato, non certo per i soldi o per la carriera. La sua era una vita senza orari e senza famiglia». Respinge con calore ogni ipotesi di ambizione personale: «Ma come? Mio marito ha sempre fuggito le telecamere, le macelline fotografiche, la platea». Definisce «normali e cordiali» i suoi rapporti con la Parenti, ma nulla più. Ad «aiutare» in qualche modo il colonnello Riccio sono anche le carte giunte a Genova dalla procura di Asti, che si riferiscono ai contatti avuti dall'ufficiale del Ros con Enrico Mezzani, ex agente dei servizi segreti ed imprenditore. Il pm astigiano Tarditi sequestrò, proprio in un alloggio del Mezzani, documentazione relativa a prestiti, per centinaia di milioni, concessi al Riccio. E' stato appurato che si trattava di valigette di banconote, da mostrare nel corso delle trattative ai grandi trafficanti internazionali, che venivano poi regolarmente restituite. La procura di Asti, nell'occasione, tesse lodi all'operato di Riccio. Il Consiglio Superiore della Magi¬ stratura sta intanto occupandosi, dopo la denuncia della Parenti, dell'incontro Boccassini-Veronese. La prima commissione, come aveva già fatto il ministro Flick, ha infatti chiesto alle procure di Brescia e Genova atti ed informazioni. Particolarmente attesi sono i verbali del pentito Angelo Veronese, che ha un ruolo chiave nell'episodio riferito dalla Parenti e negato dalla Boccassini. E' stata invece bocciata (ma dopo una votazione terminata in parità, 3 a 3) la richiesta del consigliere Franco Franchi (An) che voleva acquisire i tabulati Telecom, al fine di stabilire se fosse realmente stato il procuratore capo di Genova Monetti a chiamare il collega di Milano Borrelli, per informarlo delle accuse a carico della Boccassini. Il relatore della commissione, Giuseppe Gennaro, ha spiegato che «lo stesso Monetti ammette di avere fatto quella telefonata. Perché mai non gli dovremmo credere?». Angelo Conti