D'Adamo accusa. Di Pietro non ci sto più

Un memoriale esplosivo contro l'ex ministro: doveva tenere fuori gli amici dalle indagini Un memoriale esplosivo contro l'ex ministro: doveva tenere fuori gli amici dalle indagini D'Adamo accusa. Di Pietro; non ci sto più «Gli ho dato un'auto, un telefonino e 100 milioni» MILANO. Un'altra macchina, un altro telefonino, altri cento milioni in prestito, un altro appartamento... Alle nove del mattino i protagonisti vanno a prendere le loro posizioni. Il solito fax dell'università di Castellala si prepara a trasmettere il grido di Antonio Di Pietro: «Non ci sto più!». Dalla tipografia di Melzo, con una copertina da vecchio giallo Mondadori, stanno per uscire le prime copie di «Panorama»: «Esclusivo, ecco il documento che accusa Di Pietro». A Milano, via Agnello 5, dieci passi dalla Rinascente, cinquanta passi dal Duomo, l'ingegner Antonio D'Adamo sale in ascensore fino al sesto piano e convoca la segretaria: «Come avrà capito oggi non ci sono per nessuno». L'Ingegnere da anni non legge i giornali, ma la segretaria sì. Ha capito. Un'altra macchina: dalla Mercedes dell'assicuratore Giancarlo Gorrini alla Lancia Dedra dell'ingegner D'Adamo. Un telefonino e «incarichi ben remunerati alla moglie del dottor Di Pietro». E ancora, sempre come Gorrini, «Ho contribuito ad aiutare il dottor Di Pietro versandogli più di 100 milioni», poi restituiti senza interessi nel 1995. Marcella Andreoli, su «Panorama», pubblica due pagine del memoriale di Antonio D'Adamo. Due pagine che l'Ingegnere, già due anni fa, aveva consegnato a Silvio Berlusconi. Di Pietro, poveretto, ne esce proprio a pezzi. Uno scroccone, come dirà il direttore Giuliano Ferrara al Tg3. Soldi e regalie, scrive e accusa D'Adamo, «nel quadro delle intese che dovevano tenere fuori il più possibile gli amici dalle indagini». L'Ingegnere ha davvero detto addio al vecchio amico che chiamava Nini. L'interrogatorio dell'altra sera a Brescia ha tutta l'aria di essere l'inizio. «Note sul mio rapporto con il dottor Di Pietro», è l'intestazione del memoriale consegnato a Berlusconi prima e ai magistrati bresciani poi. Due pagine le ha pubblicate «Panorama», ma sono solo una parte. Forse nemmeno la più importante, se è vero che il memoriale ha occupato solo due delle dodici ore di interrogatorio. Di Pietro, quando ha dettato il suo fax, non poteva conoscere le anticipazione del settimanale: dev'essergli bastata la notizia dell'interrogatorio del vecchio amico che non ave- va mai parlato e alle domande dei pm si era sempre negato: «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere». Anche Giuseppe Lucibello alle nove del mattino si era messo al suo posto. Nell'ufficio accanto al palazzo di Giustizia milanese stava leggendo le cronache delle sue amicizie con Tonino e tutta quella bella truppa di inquisiti e amiconi che lui, fino a quel momento l'oscuro awocaticchio Geppino, unico vanto l'intimità con il Grande Inquisitore, si era all'improvviso ritrovato a difendere: Prada, Redaelli, appunto l'ingegner D'Adamo e infine il banchiere Pierfrancesco Pacini Battaglia. Un poco amici, un poco soci, eccoti la macchina, il telefonino, la garsonnière in radica e noce proprio in via Agnello 5. Lucibello prova a riderci sopra: «Sarà l'ennesima bufala. Non so cosa stia dicendo D'Adamo, ma non mi pare che ci siano segnali che mi riguardano». Geppino Lucibello è tranquillo, Di Pietro no. A Brescia indagano sui miliardi passati da Pacini Battaglia a D'Adamo. Il sospetto, si sa, è che quelle som¬ me, quantificate in 4 miliardi e 700 milioni, si possano inserire nel contesto descritto dall'Ingegnere, «nel quadro delle intese che dovevano tenere fuori il più possibile gli amici dalle indagini». Soldi che avrebbero garantito a Pacini Battaglia la libertà. Soldi, sospetto infamante, che poi in qualche modo sarebbero finiti nella disponibilità di Antonio Di Pietro già lanciato nel bel mondo della politica. Da Castellanza parte il rabbioso «non ci sto più!». Ma questa volta D'Adamo picchia forte: dei soldi di Pacini Battaglia nulla ancora si sa, ma di macchine e telefonini e favori si sa tutto. Quando una sua inchiesta arrivò a sfiorare l'amico Ingegnere, Di Pietro preferì non occuparsene. Ma quando sfiorò l'amico Sergio Redaelli, scrive D'Adamo, «riuscì a tenerlo fuori (...) e il dottor Redaelli ebbe poi modo di disobbligarsi»: dalla Cariplo appartamento ad equo canone in via Andegari. Di Pietro s'indigna, Redaelli smentisce e D'Adamo insiste con i «particolari agghiaccianti» (Silvio Berlusconi, cfr). Da Brescia, unica indiscrezione sfuggita alla procura, si apprende che per D'Adamo, e dunque per Di Pietro, l'interrogatorio non è ancora finito. C'è il filone Pacini Battaglia: da Ginevra, resninti tutti i ricorsi, martedì arriveranno ai magistrati milanesi tutte le carte di Karfinco. E a Brescia attendono una nuova relazione del Gico della Guardia di Finanza. Argomento? I rapporti tra Di Pietro e Pacini Battaglia. Giovanni Cerruti Lucibello si dice tranquillo «Sarà l'ennesima bufala Non so cosa stia dicendo ma non mi pare che ci siano segnali che mi riguardano» I «NO» DI TONINO • 5 dicembre 1994 - «Non sono né giallo, né rosso, né nero. Mi attribuiscono di tutto e io non ci sto a questo gioco al massacro^ • 24 gennaio 1995 - «Il Sis per ora è solo una sigla di futuro legislativo incerto, senza mezzi, senza struttura ed autonomia. 0 mi mettono in condizione di lavorare, o la smettano di chiamarmi. A queste condizioni, io non ci sto». • 2 settembre 1995 - «Colpo di spugna9 No, non ci sto. Meglio essere condannati mille volte e andare a finire in galera piuttosto che fare da foglia di fico alle altrui malefatte. Non farò da specchietto per le allodole». • 23 ottobre 1996 - «Il ministero dei Lavori pubblici è un esecutore di lavori; se ci sono i soldi li fa, altrimenti non li fa. Non ci sto quindi che un domani si possa dire che il Ministero sotto Di Pietro non ha fatto nulla per il Belice». • 3 novembre 1996 - «Pacini Battaglia? Passare da danneggiato a complice non ci sto proprio, né, sono sicuro, ci stanno i miei colleghi». • 6 novembre 1996 - «lo non ci sto a farmi prendere in giro, io a farmi prendere a parolacce tutti i giorni non ci sto: da qualche giorno ho deciso di cambiare disco». II palazzo di via Agnello 5 dove D'Adamo ha l'alloggio che sarebbe stato usato da Di Pietro

Luoghi citati: Brescia, Castellanza, Ginevra, Melzo, Milano