L'Italia restituisce l'oro rubato agli ebrei di Gabriele Beccaria

Tullia Zevi: un esempio per l'Europa L'Italia restituisce Para rubato agli ebrei Tullia Zevi: un esempio per l'Europa Un tesoro contenuto in cinque sacchi e razziato dalle truppe di Hitler ROMA. L'oro nazista conduce nel segreto di molti caveau d'Europa, anche in quello della Tesoreria centrale dello Stato, dove per 35 anni sono state dimenticate 5 bisacce. Da ieri quei sacchi sono usciti dal silenzio. Il Senato ha approvato il disegno di legge che dispone la restituzione all'Unione delle comunità ebraiche italiane dei beni sottratti durante la Seconda guerra mondiale dalle truppe tedesche. In quelle 5 bisacce c'è infatti un frammento del gigantesco saccheggio nazista nei Paesi occupati tra il '39 e il '45: orologi, monete e anche protesi dentarie d'oro, oltre a vassoi, posate, pezzi di argenteria, anelli, collane, bracciali, pietre preziose. Secondo le scoperte della commissione istituita dal ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi, questo tesoro fu razziato nella zona adriatica e spedito in Austria, dove fu recuperato dalle truppe alleate e da Klagenfurt rispedito a Trieste. Ma solo una parte degli oggetti (tutti accuratamente catalogati) fu restituita. Per gli altri, di cui non fu possibile rintracciare i proprietari, cominciò un itinerario tortuoso: prima depositati alla Cassa di Risparmio di Trieste, finirono poi nella Tesoreria provinciale e, nel '62, in quella centrale dello Stato e lì sono rimasti, come fantasmi. E' stata la prefettura di Trieste a riscoprire i 5 sacchi e a sollecitare la commissione d'indagine. I tempi sono stati strettissimi: l'approvazione della legge ha richiesto appena un mese e mezzo e - ha sottolineato il Tesoro - riveste un grande significato morale, perché «pone l'Italia tra i primi Paesi che abbiano provveduto ad adempiere a un obbligo di civiltà e di solidarietà nei confronti della comunità ebraica» Tra poco, quindi, toccherà all'Unione ebraica il difficile compito di assegnare monete e gioielli. «Verrà allestita al più presto un'esposizio¬ ne», ha spiegato il presidente Tullia Zevi. «Non sono oggetti di grande valore, ma mettendoli in mostra si vuole dare la possibilità ai sopravvissuti di tornarne in possesso. Quello che rimarrà - ha concluso verrà devoluto a scopi umanitari». Il «sì» del Senato italiano non è l'unico segnale che la macchina della giustizia internazionale si sta muovendo: altri 10 milioni di franchi svizzeri (quasi 12 miliardi di lire) di depositi appartenenti a vittime dell'Olocausto e rimasti «dormienti» dopo la guerra sono stati rintracciati dalle banche svizzere. Lo ha reso noto Hanspeter Haeni, il garante che coordina gli accertamenti negli istituti di credito della Confederazione, nell'occhio del ciclone per lo scandalo che uno studioso inglese, Tom Bower, ha ribattezzato sinistramente «Blood Money», il denaro di sangue. L'equivalente di 4 miliardi di dollari di lingotti d'oro al cambio attuale furono confiscati agli ebrei e trasferiti dalla Reichsbank in Svizzera, permettendo così al Terzo Reich - sostiene lo storico di Berna Jean Ziegler - di prolungare il conflitto di 2 anni. «Mi auspico che l'iniziativa italiana possa servire da esempio per gli altri Paesi europei», ha commentato Tullia Zevi, mentre si aspetta che la Svizzera - come ha promesso il presidente Arnold Koeller - crei per il '98 un fondo che risarcisca i sopravvissuti dei lager. Così non dovrebbe più succedere quanto Estelle Sapir ha raccontato alla commissione americana presieduta dal senatore Alfonse D'Amato: «Nel '47 andai a Basilea per ritirare i soldi sul conto di mio padre, ma l'impiegato pretendeva a tutti i costi un certificato di morte. Allora gli gridai: "Lo chieda a Hitler, Himmler e Heichmann" e scoppiai a piangere». Gabriele Beccaria