Clinton irrompe nel giallo su Karadzic di Cesare Martinetti

«Via da Tirana per Ferragosto» Incontro anche col premier azero per parlare del petrolio del Mar Caspio Clinton irrompe nel giallo su Karadzic «I comandanti della Forza multinazionale lo consegnino all'Aia se il rischio è accettabile» Al vertice Nato: «Arrestatelo». Igenerali lo contraddicono MADRID DAL NOSTRO INVIATO Il fantasma di Radovan Karadzic ha continuato ad attraversare il vertice Nato, accompagnato dal giallo su un fantomatico piano per catturare il leader serbo-bosniaco accennato dalla stampa americana e smentito dal generale George Joulwan, comandante supremo delle Forze alleate in Europa, ma subito dopo rilanciato dallo stesso Clinton, nella prima risposta della conferenza stampa: «Karadzic e gli altri accusati di crimini di guerra devono essere arrestati. Il mandato delle nostre truppe è di arrestarli se questo è possibile e se i comandanti sul campo ritengono che i rischi siano accettabili». E' sembrato così che il presidente Usa abbia compiuto un passo avanti rispetto al documento siglato dal vertice Nato appena ventiquattr'ore prima. I «comandanti sul campo» devono decidere, se il rischio è «accettabile». Via libera all'arresto di Karadzic, dunque? 0 addirittura un invito ai generali della «Sfor» ad andarlo a prendere e portarlo finalmente davanti ai giudici dell'Aia che giudicano i crimini della guerra jugoslava? Clinton a questo punto si è fermato: «Per il momento non posso fare altri commenti su ciò che si debba o si possa fare». La Bosnia sta tornando un affare spinoso e non soltanto per il conflitto che si è aperto tra il latitante Karadzic e la presidente eletta della piccola repubblica Biljana Plavsic (alla quale Clinton ha espresso il suo «appoggio» per quello che «sta cercando di fare» per mettere in pratica gli accordi di pace), ma anche per una certa confusione nel campo alleato. Mentre Clinton faceva il suo proclama anti-Karadzic, dall'Aia il capo di Stato Maggiore della Difesa degli Stati Uniti Shali- kashvili diceva che «non è compito della Sfor catturare i latitanti», i quali dovrebbero invece venire consegnati alla giustizia dell'Aia dalle autorità locali. Come diceva il documento firmato lunedì dal Consiglio Atlantico. E come ha fatto capire, esprimendo una posizione intermedia, il segretario generale della Nato, lo spagnolo Solana: «Il mandato delle truppe in Bosnia non prevede che esse lancino operazioni speciali per arrestare gli accusati di crimini di guerra, ma pos¬ sono arrestarli se li incontrano nel compimento della loro missione quotidiana». Un bel groviglio, come peraltro quello dei rapporti con la Russia di Boris Eltsin (l'altro fantasma che circolava da queste parti) che a giugno è andato a Parigi a firmare lo «storico» accordo con la Nato, poi s'è preso le vacanze, martedì ha fatto sparare sull'ampliamento dal ministro degli Esteri Primakov («L'allargamento è il più grande errore dalla fine della Seconda guerra mondiale») e ieri ha inviato qui a rappresentarlo uno dei tanti vicepremier del governo Cernomyrdin, Valéry Serov, sconosciuto ma non insignificante, dal momento che è stato uno dei registi della riunificazione della Russia con la Bielorussia del nostalgico Lukashenko. Una riunificazione che a Mosca è stata presentata proprio come una contromisura all'allargamento Nato. In questo non limpido scenario Clinton ha lasciato Madrid diretto a Varsavia, da dove proseguirà per la Romania con l'obiettivo di «rendere evidente ai romeni e alle altre democrazie emergenti che la porta dell'Alleanza e della collaborazione con l'Ovest è aperta, che noi siamo determinati ad aiutarli per attraversarla se loro sapranno rimanere nella libertà e nelle riforme». La signora Segretario di Stato, Madelcine Albright, andrà invece a Praga (dov'è nata) e poi in Slovenia, il Paese per il quale l'Italia tanto sì è battuta. Forse sarà accolta nell'Alleanza (con la Romania) nel '99, al¬ tro «storico appuntamento», il cinquantesimo compleanno della Nato. Ieri mattina, per la prima volta nella storia (e questa è stata la parola più usata, qui a Madrid) capi di governo e presidenti di quarantaquattro Stati si sono ritrovati intorno a un tavolo. La maggior parte appartenenti all'ex impero sovietico, vale a dire tutte le ex Repubbliche (dai baltici ai kazakhi ai turkmeni agli azeri) ad eccezione della Bielorussia. C'era anche la Russia, con Valeri] Serov, che almeno aU'inizio non ha potuto rinunciare ad aprire il suo intervento con imo scontato preludio anti-Nato; poi ammorbidito, come ha testimoniato Prodi, da espressioni di «cooperazione non conflittuale». Una babele di linguaggi che Bill Clinton ha però detto «uniti dalla comune lingua della democrazia». A Madrid c'era anche il presidente ucraino Leonid Kuchma, che prima ha urinato un accordo di «garanzia» con la Nato e poi, in un incontro con Chirac e Clinton, ha chiesto di essere aiutato a ottenere prestiti dal Fondo monetario internazionale. L'Ucraina sarà aiutata anche a chiudere quell'insopportabile e infinita minaccia rappresentata dalla centrale di Cernobil. Jacques Chirac, anche ieri, non ha rinunciato al suo quotidiano pizzicotto a Clinton: «Non un soldo della Francia per l'allargamento di questa Nato». Il presidente americano gli ha indirettamente risposto che i costi sai-anno corrispondenti al numero e ai tipi di missioni. Ma la Francia è fuori dalla struttura militare integrata e dunque non avrà costi. Le trattative per farla rientrare continuano. Si deciderà entro fine anno, ha detto Solana. «Non c'è nessuna scadenza», gli ha risposto l'alleato Chirac. Cesare Martinetti Bill Clinton e il re di Spagna Juan Carlos con le rispettive consorti nella sala del trono del Palazzo reale [FOTO REUTER]