«Un pacifista, senza fantasie da Rambo» di Mario Bosonetto

«Un pacifista/ senza fantasie da Rambo» «Un pacifista/ senza fantasie da Rambo» // padre: aspettava di tornare per trovare subito un lavoro CUNEO. Un ragazzone alto un metro e 85, per più di cento chili, ma senza fantasie da Rambo o Terminator. In camera da letto teneva un poster e ascoltava musica dei «pacifisti» Nomadi e a maggio aveva chiesto una licenza di due giorni per partecipare a un pellegrinaggio mariano al santuario di Cussanio: quindici chilometri a piedi, su strade secondarie della campagna cuneese, cantando e scherzando con i coetanei della parrocchia. Un ragazzo più da oratorio che da caserma operativa. Eppure aveva insistito con i suoi superiori per partecipare alla missione in Albania: forse per spirito di avventura, forse per dimostrare che a 19 anni si può avere il coraggio di andare in un posto dove c'è il rischio che ti sparino addosso. Ma i sogni di Diego, figlio di un guardiano dello stabilimento «Michelin» di Fossano, Marco, 47 anni, e di Caterina Assel- le, casalinga, fratello di Elena, diciottenne, futura segretaria d'azienda, e di Flavio, arrivato «in ritardo», soltanto sette mesi fa, a completare la famiglia Vaira, erano tutt'altro che guerreschi. «A fare il militare c'era andato volentieri - raccontano i suoi amici a Salmour -, ma non era un fissato. Aspettava di finire per trovare un lavoro». Diplomato perito meccanico all'Istituto tecnico di Fossano, dopo avere studiato tre anni dai Salesiani, il caporale alpino morto ieri a Valona aveva già progettato di approfittare delle ultime settimane di na- ja (sarebbe stato congedato a settembre) per prendere contatto con aziende della zona. «Mi aveva ripetuto che voleva trovare subito lavoro anche l'ultima volta che ci aveva telefonato dall'Albania una settimana fa - racconta con gli occhi asciutti il padre, orgoglioso di quel figlio che lo aveva già superato di una spanna in altezza -: ci aveva chiesto consiglio prima di partire. Non lo avevamo spinto, ma neanche gli avevamo detto no. Non so se fanno bene o male a mandare questi ragazzi in missione all'estero. Non c'entra con quello che è successo. Con noi il destino è stato duro». In questi giorni il padre di Vaira è in ferie dallo stabilimento fossanese, ma non dal lavoro dei campi. Ieri il cappel¬ lano militare della caserma Perotti di Fossano, don Mario Franco, accompagnato dai carabinieri, è dovuto andarlo a cercare nella vigna vicino casa per comunicargli la morte del figlio. La fine di un sogno semplice, di un padre contadino «prestato» all'industria. Quello di vedere il suo primogenito sistemato, sposato, magari con nuora e nipoti, ad abitare in quell'alloggio che aveva preparato per lui al secondo piano della villetta costruita con tanti sacrifici, attaccata alla chiesa di frazione Sant'Antonino: un traguardo raggiunto lavorando quattordici ore al giorno, in fabbrica e con il trattore. «Quando ho visto il prete con i carabinieri subito ho pensato al mio figlio più piccolo - dice -. Poi, quando hanno fatto il nome di Diego, ho capito subito. Vent'anni di sacrifici per niente». Vicino al cancello della villetta di frazione Sant'Antonino stazionano, incuriositi e intimiditi, bambini e ragazzi, con meno di quindici anni. «Diego li faceva giocare all'oratorio» dice il parroco, don Giovanni Scotto, prima di entrare a far visita alla famiglia. Apre un corteo triste, di famiglie che si conoscono tutte, in questo paese di 680 abitanti. Alle 16 arrivano da Genola, distante pochi chilometri, anche Domenico e Teresina Chiaramello, i genitori di Sergio, l'altro caporale rimasto ferito nello scoppio. «Non possiamo fare niente, ma siamo venuti per rispetto. Nostro figlio e Diego sono cresciuti insieme, perché fino a dieci anni fa i Vaira abitavano davanti a casa nostra. Si erano ritrovati in Albania. Ma Diego non è stato fortunato come il nostro Sergio». Mario Bosonetto A maggio aveva chiesto una licenza di due giorni per partecipare a un pellegrinaggio mariano II maresciallo Francesco Seminara, ferito alla mano dall'esplosione [FOTO ANSA]