La prima vittima italiana in Albania di Vincenzo Tessandori

Feriti 3 commilitoni, il diciannovenne voleva sezionare un proiettile trovato inesploso la prima vittima italiana in Albania Feriti 3 commilitoni, il diciannovenne voleva sezionare un proiettile trovato inesploso Alpino ucciso dalla bomba che stava maneggiando TIRANA DAL NOSTRO INVIATO Le foto sono lì, appese al muro. Quindici, a colori, e rappresentano i pericoli che si possono incontrare, qui in Albania: bombe a mano, mine antiuomo, proiettili. Ogni fotografia un rischio, come negli anni del dopoguerra, quando pareva che non ci fosse modo di evitare tragedie. Così, a caratteri grandi, sotto a quelle immagini c'è l'ammonimento: «Se la vedi, non toccarla, avverti i tuoi superiori». La serie è esposta in ogni acquartieramento della Forza multinazionale, anche a Valona, lì all'ospedale della Taurinense. Ma il fascino perverso di un proiettile, di una bomba, a volte è troppo forte. E poi, quel maledetto ordigno da mortaio, trovato chissà dove, forse in un campo o in una strada polverosa o magari sotto un mucchio di rifiuti, in quelle foto non c'era. E ora si parlerà di imprudenza, di fatalità, di quello che voghamo. Il fatto è che un ragazzo di neppure vent'anni è morto, per l'esplosione di quella bomba che aveva un aspetto così perverso ma, in fondo, innocuo, perché pareva priva di carica esplosiva. E tre compagni sono rimasti feriti e solo il caso ha voluto che la tragedia non avesse un profilo più grande. Tra dieci giorni Diego Vaira sarebbe tornato a casa, e lui ha cominciato sereno l'ultimo giorno della sua vita. Era nato a Fossano e risiedeva a Salmour, in provincia di Cuneo, alpino, motorista al reparto sanità della Taurinense. Era felice, qui in Albania c'era voluto venire lui, e aveva insistito, e si era crucciato quando i primi erano stati scelti e lui non aveva trovato il suo nome nell'elenco. Feriti sono rimasti il maresciallo capo Francesco Seminara, 36 anni, di Agira (Caltanissetta), il caporalmaggiore Paolo Spagnuolo, di Avellino, 24 anni, e il caporale Sergio Chiaramello, di Savigliano (Cuneo), 20 anni tra due settimane. Come tutti i giorni, all'alzabandiera, i soldati avevano ascoltato gli ammonimenti del comandante. Poi Vaira si era diretto verso quella co struzione di mattoni dipinti di beige, lì nel cortile della vecchia scuola del l'aeronautica, a Valona, dov'è orga nizzato l'ospedale da campo, in fon do al viale costeggiato da grandi pai me due delle quali sono state bruciate, nei giorni folli della città, quando ognuno pensava di combattere una guerra senza neppure sapere chi fos se il nemico. E son stati sparati proiettili, e altri son stati lasciati in giro, come questo, assassino. Vaira aveva una cosa da fare, una cosa senza importanza, ma alla quale teneva: c'era quel proiettile, un in gombrante involucro ricoperto di ra me e di una trentina di centimetri, Sarebbe potuto diventare un originale portacenere, o magari un fermacarte. Pesava maledettamente e allora, gli era sembrato che la cosa migliore fosse tagliarlo in due «tanto non ci sono rischi». E invece il rischio era lì, in agguato, perché quella bomba non era inerte. Vaira l'ha ser rata in una morsa e ha preso ad armeggiarci con una sega montata su un braccio mobile. Gli sembrava un lavoro normale, per lui, motorista, anche facile. Il maresciallo Seminara era sulla soglia, Spagnuolo e Chiaramello si trovavano fuori. E in fila, davanti al pronto soccorso dell'ospe dale, c'era una trentina di persone venute un po' da tutta la città. La voce della morte è un boato, ma l'alpino Vaira forse non l'ha neppure sentita. In fondo a quella stanzetta di 3 metri per 5, sernibuia, lui è investito dall'esplosione. E muore sul colpo. Seminara è colpito da una scheggia al mignolo della sinistra, lo portano a Bari dove lo operano, ma il dito sembra perduto. L'onda d'urto sventra il muro del magazzino, calcinacci colpiscono Spagnuolo al braccio sinistro e Chiaramello un po' dappertutto. Ma per loro, in fondo, tutto passa con lo choc. Non ci si rende subito conto di che cosa sia successo: si teme un attentato. Il fatto che la Fmp sia ormai sul piede di partenza ha fatto aumentare lo stato di allerta. Da Tirana vola all'ospedale il generale Luciano Forlani, comandante della missione, e con lui il colonnello Leonardo Leso, dei carabinieri paracadutisti del Tuscania. Tocca a loro, ai carabinieri, la prima inchiesta. ((Abbiamo ascoltato i testimoni e inviato un rapporto al procuratore militare e al procuratore della Repubblica di Roma» di¬ ce il colonnello Leso. Ma non è un giallo, al contrario, tutto è di una chiarezza disarmante, così non rimane che il dolore. Al comando della Fmp c'è imbarazzo, per tutto il giorno, poi, al crepuscolo, quando la salma di Vaira è all'aeroporto di Rinas, in attesa di essere portata in elicottero a Brindisi, e poi, con un G-222 a Torino, il generale Forlani legge una breve dichiarazione nella quale chiarisce che la tragedia è avvenuta mentre il soldato stava «sezionando per conto suo, o di altri, un ordigno che riteneva inoffensivo per ricavarne un oggetto ricordo». E' finita così, una giornata maledetta, qui in Albania. Ed era toccato al colonnello Armando Novelli, comandante dell'unità avvertire i genitori dell'alpino, raccontare come si muore, a neppure vent'anni. E nessuno ha avuto il coraggio di pronunciare la parola imprudenza. Ma a vent'anni, uno lo sa che cosa sia la prudenza e che cosa l'imprudenza? Vincenzo Tessandori Diego Vaira di Fossano era motorista all'ospedale della Taurinense Dall'ordigno voleva ricavare un portacenere L'alpino ucciso ieri da un ordigno (che aveva trovato inesploso chissà dove) fotografato presso un cippo che commemora alcuni caduti della Resistenza (ansa]