« L'assalto fu un atto eversivo»

Pene più lievi rispetto alle richieste del pni: 6 anni alle «menti», poco meno « L'assalto fu un atto eversivo» Pene più lievi rispetto alle richieste del pni: 6 anni alle «menti», poco meno Venezia, condannatigli 8 uomini di San Marco VENEZIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Sei anni e permanenza in carcere per i quattro «vecchi». Quattro anni e nove mesi, con il beneficio degli arresti domiciliari, per i quattro giovani. Gli imputati restano impassibili, le mogli e le fidanzate scoppiano in lacrime, una maledice Scalfaro. La sentenza per gli otto del commando che il 9 maggio aveva dato l'assalto al campanile di San Marco è arrivata alle 5 della sera, dopo sette ore di camera di consiglio per i giudici e due mesi di reclusione per gli imputati. Più clemente rispetto alle richieste del pm - da otto a nove anni - ma più severa di quanto la difesa, le famiglie, i paesi della Bassa Padovana si aspettassero. Una sentenza esemplare, si potrebbe dire, che ha preso sul serio quella dimostrazione da «patrioti irredentisti», da «simpatiche canaglie», come gli avvocati l'avevano bat- tezzata. Reputando che i reati contestati sequestro di persona, dirottamento, porto d'armi, occupazione di piazza San Marco sia pure con un falso autoblindo - avesse avuto origine da un piano eversivo contro l'ordine costituzionale, preparato per 10 anni, a suon di riunioni segrete, sperimentazione dell'armamentario, ebollizione dell'odio verso lo Stato di Roma. Sei anni, dunque, a Gilberto Buson, Flavio Contin, Fausto Faccia e Antonio Barison, considerati forse le «menti». Lo si vedrà dalle motivazioni. Poco meno di cinque anni ai «discepoli», ventenni, Moreno Menini, Cristian Contin, Luca Peroni e Andrea Viviani. I giudici hanno confermato la reclusione in carcere per i quattro «vecchi», ritenendo che vi sia un pericolo di reiterazione del reato; mentre ha concesso il ritorno a casa, ma con il divieto di ogni contatto con il mondo esterno, agli altri quattro imputati. L'assoluzione, invocata dal collegio della difesa, è anivata solo per i reati di ricettazione dell'arma, un fucile Mah che non ha sparato ma era in grado di farlo, e di impiego del blindato in piazza San Marco, rivelatosi poi solo un carro mascherato. Derubricato il reato di sequestro di persona a fini eversivi in quello meno grave di sequestro di persona puro e semplice. Gli otto sono stati condannati anche a risarcire 150 milioni al Comune di Venezia, che si era costituito parte civile, e sono stati interdetti dai pubblici uffici per cinque anni. «Esagerata», «sproporzionata»: sono circolati questi commenti, fuori dell'aula bunker; ma erano i commenti dei politici simpatizzanti o più semplicemente antigovernativi. Gli avvocati sconfitti ricorreranno in appello. Il pm Rita Ugolini è comunque soddisfatto, grazie alla sentenza dei giudici popolari e togati guidati da un'altra «lady di ferro», Graziana Campanato. E' soddisfatto a Verona anche il procuratore Guido Papalia, che conduce l'inchiesta su 18 «camicie verdi» indagate per aver costituito una struttura militare, la Guardia Padana, dipendente da un partito, la Lega di Bossi: «Mi sembra una decisione equilibrata. Bisogna vedere ora come i giudici hanno valutato il reato, cioè se hanno ritenuto sussistenti le aggravanti. Sicuramente la corte d'Assise avrà ragionato in una dimensione di equilibrio». La condanna corrobora le certezze del giudice di Verona: l'uso di armi e divise a scopo di eversione, o quasi, non può passare indenne in un'aula di giustizia. Il dispositivo di sentenza accontenta Papalia: la corte ha ritenuto che il reato più grave commesso dagli otto «serenissimi» sia quello del dirottamento del ferry-boat che doveva trasportare le auto dalla terraferma all'isola del Lido ed è stato invece sequestrato per lo sbarco di San Marco. E pur derubricando il sequestro di persona a fini eversivi, ha mantenuto l'aggravante dell'e¬ versione per tutti gli altri reati, ritenendola prevalente sulle attenuanti generiche, su quelle del danno risarcito e su quelle del fatto lieve per l'arma. Le motivazioni dettagliate si avranno a ottobre. E intanto dell'assalto si sta interessando un'altra procura, quella di Treviso: ha scoperto che vi erano state, in anticipo rispetto al blitz, vere e proprie «soffiate» sui progetti dei componenti del Veneto Serenissimo Governo, fatte ai carabinieri di Conegliano dalla moglie di Franco Licini, il progettista dei due autoblindo in possesso della Serenissima Armata. La questione delle confidenze, secondo il pm Papalia, era emersa «subito dopo la perquisizione domiciliare fatta in casa di Licini». Sulla questione, il comandante della stazione, attualmente in ferie, avrebbe inviato una relazione agli organi superiori per spiegare i fatti. Mario Lollo LA STAMPA LA POLITICA OLTRE

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