«Clemenza per i Serenissimi»

Venezia, oggi la sentenza per l'assalto. Un avvocato: hanno agito per motivi di particolare valore morale Venezia, oggi la sentenza per l'assalto. Un avvocato: hanno agito per motivi di particolare valore morale «Clemenza per i Serenissimi» / difensori: «Sono simpatiche canaglie» VENEZIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il commando di piazza San Marco conoscerà oggi, a due mesi esatti dall'assalto al campanile, la sentenza in nome del popolo italiano sulla sua impresa da «patrioti veneti». Quegli otto giovani artigiani, studenti, piccoli imprenditori del profondo Veneto, faccia spaesata e idee confuse, che il 9 maggio avevano indossato la tuta mimetica e avevano dato il via allo sbarco con un blindato di lamiera per liberare la Repubblica Serenissima dal giogo romano, potranno essere assolti o condannati per le accuse che vengono loro mosse: sequestro di persona, dirottamento, porto d'armi, attentato all'ordine costituzionale attraverso un piano eversivo. Il pm Rita Ugolini ha chiesto ima condanna esemplare, da otto a nove anni di reclusione. Per allontanare questa catastrofica sorte dai loro clienti, fino a due mesi fa incensurati, ieri la difesa si è aggrappata a tutti i cavilli che il codice mette a disposizione. L'assoluzione da molti reati e semmai una pena entro i limiti della condizionale, ossia al massimo di due anni, questo è stato chiesto. Un atto dimostrativo, senza mai uso o neppure intenzione di violenza, è il parere degli avvocati. Franco Antonelli, imo dei principi del Foro padovano, si è detto «inquietato dal clima esterno creatosi intorno al processo». Un clima turbato da interventi di ogni parte, avvelenato da scontri fisici e posti di blocco fuori dell'aula, e da minacce, «peraltro non attizzate dagli imputati». Per non parlare di certi commentatori, anche con responsabilità istituzionali: «Come il prosindaco Gianfranco Bettin - ha detto il difensore -, che ha citato gli otto come terzo esempio di mostri del Veneto, insieme con i due operai accusati del rogo della Fenice e a Pie- I tro Maso». Ma che mostri, dicono i legali: non erano un'allegra brigata, ma neppure un commando; piuttosto un gruppo, perfino grottesco, al punto da rilasciare la ricevuta per i contributi al Veneto Serenissimo Governo o da filmare una seconda volta il congresso segreto, perché la prima ripresa non era venuta bene. «Se non fosse stato per quel Mah, quel fucile ancora in grado di funzionare, che comporta il rischio di pene draconiane - ha osservato l'avvocato Mario Vettore De Marzi - ci sarebbe stato solo mi effetto Greenpeace. Spero che a voi - ha aggiunto rivolgendosi alla corte d'assise - questi otto risultino solo simpatiche canaglie e non già terroristi». L'aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale, questa l'attenuante chiesta per gli imputati dall'avvocato Andrea Armali, che ha riscosso l'applauso del pubblico, censurato dal presidente Graziana Campanato. «Lo Stato italiano - ha detto Arman - è moroso verso il Veneto nel far le riforme e nell'applicare le leggi esistenti. E' stata questa, dunque, un'azione pacifica, in base a ideali condivisi da gran parte dei cittadini veneti, come dimostrano i sondaggi; sono andati contro la ' ;gge, ma solo per far sventolare la bandiera di San Marco e gridare al mondo che il Ve¬ nvplg neto esiste». Arringa tutta giocata sulle motivazioni ideali e politiche degli imputati e sull'antica storia del popolo veneto anche da parte di un altro grande avvocato di Padova, Piero Longo: «Il 12 maggio 1797 morì lo Stato veneto, non la nazione veneta, che vive nel cuore di ognuno di noi come patrimonio di valori e tradizioni. L'idea di celebrarne la caduta fa parte di una certa cultura che non consente che una nazione diventi Stato». Nel senso di «pezzo» dello Stato italiano. In aula, tra il pubblico, Franco Rocchetta e l'ex moglie Marilena Marin, un tempo «maestri ideologici» di questi otto. E poi Marco Pannella, arrivato da Treviso dopo la giornata dedicata a «restituire» i soldi del finanziamento pubblico ai partiti: «Mi auguro di leggere una sentenza giusta, intelligente e fedele alle leggi, e che la giustizia segua un cammino serio, sul quale non gravi la tentazione di fare un regolamento di conti», ha detto. «Quando le leggi sono violate, quando il potere è fuorilegge - e io ritengo ad esempio che il Presidente della Repubblica sia un fuorilegge e operi fuori della legge - la dottrina liberale credo abbia il dovere dell'eversione, ciascuno con le proprie armi. Se ci avessi credulo, io probabilmente avrei già imbracciato armi tradizionali e avrei sparato; ma sono per la nonviolenza e non sono suicida». Mario Lolle Sopra gli avvocati difensori. A sinistra quattro degli imputati per l'assalto al campanile di Venezia

Luoghi citati: Padova, Treviso, Veneto, Venezia