E Ciampi ha già pronto il «pacchetto-pensioni» di Massimo Giannini

E Ciampi ha già pronto il «pacchetto-pensioni» E Ciampi ha già pronto il «pacchetto-pensioni» UN VERTICE SEGRETO AL TESORO SI', adesso siamo pronti per il vertice del 15 luglio». Alle nove di ieri sera, mentre a Palazzo Chigi si spegnevano i riflettori del match pomeridiano tra sindacati e Confìndustria sul terreno dei licenziamenti, Paolo Onofri riassumeva così il senso di un'altra «partita», quella più importante, che nel frattempo si era giocata al ministero del Tesoro. Alle 17, nello studio di Carlo Azeglio Ciampi, era infatti iniziata una riunione fiume di tre ore e mezzo, finita appunto alle 21, nel corso della quale il superministro con il suo staff tecnico e con lo stesso Onofri, già estensore del famoso Rapporto sulla riforma del Welfare, hanno mf.sso a punto la strategia da adottare in vista della giornata cruciale della trattativa sullo Stato Sociale: e cioè martedì prossimo, allorché a Palazzo Chigi governo e parti sociali discuteranno finalmente di pensioni. «Ora abbiamo le idee chiare - diceva ancora il professore bolognese - anche se non ci presenteremo con un menù di proposte da prendere o lasciare...». Tuttavia, stavolta tutti sanno che dal vertice a Palazzo Chigi non potranno uscire soluzioni fumose, né discussioniaccademiche sul sesso degli angeli. Di questo è convintissimo lo stesso Ciampi. Del resto, l'altro ieri a Bruxelles, ha incassato il plauso del Consiglio dei ministri europei su un piano di convergenza che, ricalcando le indicazioni stringenti del Dpef, recita espressamente: «Il sistema pensionistico italiano nel suo complesso non necessita di radicali cambiamenti, ma richiede alcuni aggiustamenti tecnici che assicurino l'equità inter-generazionale e la sostenibilità finanziaria... Il governo adotterà misure in cui la spesa per le pensioni sarà stabilizzata in rapporto all'incremento percentuale medio del Pil nel biennio 1996/1997». E proprio in risposta a questa parte del piano di convergenza, l'Ecofin dell'altro ieri ha confermato che «il Consiglio appoggia con forza l'impegno espresso nel Programma di tenere costante la spesa per le pensioni in rapporto al Pil», aggiungendo che «misure determinate ed efficaci sono indispensabili in quest'area per assicurare la sostenibilità del risanamento di bilancio». Onofri ieri sera non si sbottonava sul dettaglio di queste misure, di cui si parlerà al tavolo della trattativa la prossima settimana. Ma le cifre della previdenza sono quelle che sono, ed è ormai fuori discussione che, per dirla con la Banca d'Italia, non garantiscono «la stabilità del sistema nel medio¬ lungo periodo». Ancora ieri, uno studio condotto da Franco Modigliani e Fiorella Padoa Schioppa Kostoris indicava in 2 milioni 793 miliardi il debito previdenziale sommerso, e aggiungeva che «nei prossimi 35 anni, in assenza di ulteriori modifiche della riforma Dini, lo stesso debito osservabile (oltre che quello «sommerso») dovuto al sistema pensionistico, crescerà di circa 2 milioni di miliardi». C'è dunque da incidere sulla dinamica, come ripete Ciampi. Ma c'è anche, fuor di diplomazia concertativa, da tagliare parecchio e subito. Comunque con la prossima Finanziaria, intorno alla quale l'Italia si gioca la sua credibilità futura rispetto all'unione moneta-, ria, come conferma il comunicato Ecofin dell'altro ieri, là dove invoca «misure che abbiano un effetto permanente sulla riduzione della spesa, in particolare nell'ambito della presentazione della Legge Finanziaria per il 1998». Il ministro del Tesoro, pur riconoscendo la complessità e la prevedibile laboriosità della trattativa sul Welfare, non intende andare oltre la scadenza di settembre. E le ragioni - oltre alla necessità di tener fede ad un impegno già preso a Bruxelles e più volte confermato dal presidente del Consiglio Prodi - so¬ no due. La prima: indicare i correttivi' alla spesa sociale e alle pensioni nella prossima manovra consentirebbe all'Italia di beneficiare di un ulteriore risparmio sugli interessi già a valere sull'esercizio '97, ciò che ci metterebbe ancor più al sicuro nel rispetto del parametro di un rapporto deficit/Pil al 3%. Lo indicava con chiarezza il documento che l'Ispe ha presentato a maggio alle commissioni riunite di Camera e Senato: «Sarebbe sufficiente che entro l'estate il governo approvasse una manovra non solo nelle dimensioni quantitative ma anche e soprattutto nella composizione qualitativa indicata nel Dpef in particolare con il mantenimento del rapporto prestazioni sociali/Pil nella media degli anni 1996/1997) per poter attendere rilevanti effetti di ritorno già sul '97 in termini di diminuzioni di tutta la struttura dei tassi di interesse, e grazie al gioco delle aspettative, in termini di contrazione dell'onere per il debito e quindi dell'indebitamento netto». Ma per incassare questo ulteriore «dividendo» dai mercati, la manovra da 25 mila miliardi predisposta per il 1998 dovrebbe implicare in ogni caso 9600 miliardi di tagli alle prestazioni sociali: «A tanto - nota l'Ispe - corrisponde infatti la. riduzione della spesa sociale rispetto al tendenziale, qualora si rispetti l'obiettivo governativo del mantenimento del suo rapporto con il Pil al livello medio del 1996/1997 (19,4%)». Se questi tagli venissero quindi indicati e inseriti in Finanziaria a settembre, l'immediata riduzione del premio di rischio sui mercati chiuderebbe ancora di più la forbice tra i tassi italiani e quelli tedeschi, e il costo medio del debito, e quindi l'indebitamento netto della Pubblica Amministrazione, si abbasserebbero di 0,2 decimi di punto, che equivalgono a circa 4 mila miliardi. La seconda ragione di urgenza: come è emerso con chiarezza all'Ecofin dell'altro ieri, comincia a prender corpo l'idea lussemburghese di anticipare i tempi dell'integrazione, fissando tra ottobre e novembre la verifica sui criteri di Maastricht e l'eventuale indicazione delle nuove parità tra le valute. Se questo avvenisse davvero, pur restando ferma al gennaio '99 la data di avvio dell'Uem, la decisione degli «ins» e degli «outs»*a-rebbe anticipata di un semestre, per evitare l'accumularsi di nuove tensioni politico-valutarie. L'idea piace all'Italia, perché una soluzione del genere prefigurerebbe con ogni probabilità un Euro allargato. Presentarsi all'appuntamento di ottobre/novembre avendo già definito Finanziaria e aggiustamenti alle pensioni e al Welfare ci darebbe la certezza di entrarci. Se viceversa il negoziato tra governo e parti sociali si prolungasse troppo e per quel periodo fosse ancora in alto mare, quella certezza non ce l'avremmo ancora. Massimo Giannini Treu: «Orario ridotto per risolvere le crisi strutturali» Treu: «Orario ridotto per risolvere le crisi strutturali»ministro del Tesoro Azeglio Ciampi E Ciamil «pac ministro del Tesoro Azeglio Ciampi Da sinistra Giorgio Fossa e Sergio Cofferati A fianco il ministro del Lavoro Tiziano Treu

Luoghi citati: Bruxelles, Italia