Inventario di Giuseppe Culicchia

nventario di Giuseppe Culicchia LUI. Lui non può davvero farci nulla. Non può proraiiiu a menu. OU1 Serio. Non può. In compenso, gli succede solo di sabato. Ogni volta, soltanto di sabato. Però, tutti i sabati. Uno dopo l'altro. Nessuno escluso. Cinquantadue sabati all'anno. Forse perché di sabato non deve andare a lavorare. Se di sabato andasse a lavorare, allora di sicuro non gli succederebbe. Ma il sabato lui non lavora. Quindi, succede. Lui è senza una ragazza. Lui vorrebbe mettersi con una ragazza. Di conseguenza, lui cerca una ragazza. Il problema è che lui la può cercare solamente di sabato. Gli altri giorni, come si è detto, lavora. E la domenica riposa. Perciò non rimane che il sabato. Il sabato lui si veste bene, si profuma e poi esce di casa. Per andare un po' a spasso. Molte ragazze di sabato si vestono bene, si profumano e poi escono di casa, per andarsene un po' a spasso. Andare a spasso di sabato dunque è un ottimo metodo per incontrare ragazze. Così lui il sabato esce e se ne va un po' a spasso. Ogni sabato. Nessuno escluso. Alla ricerca di una ragazza. Di solito gli occorre una certa quantità di tempo. Diciamo dai due ai centoventi minuti. Poi, inaspettatamente, lui vede in lontananza una ragazza. Con una prima occhiata, tenendo conto della distanza, lui nventario riesce di solito a stabilire se valga la pena di seguire la ragazza che ha avvistato, per poi raggiungerla ed eventualmente parlarle. Spesso, già da un primo, rapido sguardo la ragazza non va. In hnea di principio, questo dipende naturalmente dalla stazza. In molti casi, poi, autentiche nane traggono beneficio da zeppe terrificanti. Lui per la verità diffida per abitudine anche di quelle a prima vista piuttosto magre o addirittura alte. Comunque queste ultime finisce quasi sempre per seguirle. Non sempre le raggiunge. Quanto poi al parlare con loro, non accade quasi mai. Ad ogni modo: praticamente ogni sabato, al terzo o quarto avvistamento, lui crede di avere messo gli occhi su quella che potrebbe di lì a poco diventare la sua ragazza. Spesso si tratta della «ragazza più bella della città». Naturalmente, la «ragazza più bella della città» cambia tutti i sabati, e non di rado più volte nel corso dello stesso sabato. La stessa cosa succede nell'eventualità che lui si ritrovi davanti alla «ragazza più bella d'Italia», o, in particolare d'estate, quando aumenta l'affluenza turistica, alla «ragazza IL fidanzato della Bruna frequenta architettura a Firenze: forse è per questo o forse no, fatto sta che impazzisce per il degrado urbano e/o umano e che, quando viene a Torino, si fa solo e sempre portare in luoghi fatiscenti e locali orridi. La Bruna (una pasta di ragazza, in fondo) lo accontanta e, stavolta, lo scarrozza in uno di quei posti che furoreggiano fin dai tempi della lambada: un locale di danze latinoamericane. Ossia, una specie di stabilimento balneare su cui è stata innestata una balera: il risultato sono colori caldi, frutti in plastica appesi in ogni dove, palme finte e cocktail adorni di ombrellini. Accolgono i clienti tre donzelle in costumino da Barbie Cubana: top fiorato e gonnellino fru-fru barbaramente abbinati a marsupio, collants e zeppe da passeggio. La Bruna (angustiata) e il fidanzato (estasiato) si accaparrano un divanetto; lui va al bar a procurarsi i beveraggi, lei si consola soffiando acido sui presenti: una ballerina che ha riadattato a gonna la tenda del bagno, una fatalona con l'abito lungo, un paio di derelitte che sperano di essere invitate a ballare, una stangona che si aggira in sottoveste. Un ragazzo si china sulla Bruna: come tutti i maschi, è meno tirato a lucido del¬ le femmine, e sarebbe normale se non colasse di gel «effetto bagnato»; ma, come tutti i maschi, cerca una compagna, e chiede alla Bruna di ballare. Lei, più che rispondere, gli rivolge un ringhio da Spy Girl incattivita, e lo spasimante batte in ritirata un attimo prima che riappaia il fidanzato, fornito di beveraggi e sempre più estasiato: ha appena incrociato una tizia in bermudini aderenti, calze a rete e stivaletti alla caviglia, oltretutto non proprio magra. Ma dev'essere una legge universale, quella per cui a scoprirsi di più è sempre chi non potrebbe permetterselo. Intanto il pubblico aumenta: top dorati, abitini balneari da cui spunta.il reggiseno, ci sono perfino due bambine pronte per la macarena, con il.gonnellino a balze. Dulcis in fundo, lo show: il deejay inizia a mixare ritmi calienti e, su un technomerengue, si scatenano i cubisti: una bionda inamidata e un bellicapelli, che pare filippino, più che cubano - ma tant'è, il sabor esotico ce l'ha anche lui. Il fidanzato, galvanizzato, vorrebbe lanciarsi nelle danze, ma la Bruna non ne può più: e se andassero da un'altra parte? Il fidanzato (una pasta di ragazzo, in fondo) accetta la proposta: e la porta a fare una romantica gita tra fabbriche abbandonate. più bella d'Europa» o addirittura «del Mondo». Il problema è che lui non riesce a far finta di niente. Il problema è che lui per i particolari ha occhio. E non gli sfugge nulla: certi sabati segue una fanciulla per ore ed ore, quindi le si avvicina, fino a sentire il profumo di lei, fino a poterla quasi sfiorare. Poi lui abbassa gli occhi, e si accorge che ha le caviglie leggermente troppo spesse: peccato. A volte non fa in tempo a tornare sui suoi passi che una nuova bellezza si staglia sullo sfondo di un palazzo o davanti alle vetrine di un negozio. Lui si precipita verso la nuova occasione, prima forse la perde tra la folla, in seguito però la ritrova. Osservandola meglio però è brevilinea, ha le gambe più corte del busto peraltro altissimo da cui l'impressione fallace di avere a che fare con un tipo slanciato - e come risultato il sedere è basso, troppo basso. Peccato. Di lì a poco ne passa un'altra: da dietro lui vede di lei i beUissimi capelli sciolti sulle spalle oppure raccolti da un nastro di velluto, le gambe affusolate, i fianchi stretti; forse un tantino troppo stretti, perché in fondo a lui i fianchi piacciono abbondanti: meglio lasciar perdere, peccato. Sabato dopo sa]—t.**, »i i— i_ troppo grosse o troppo sottili, le dita dei piedi deformate o i talloni callosi, le orecchie troppo lunghe o troppo piccole, i nasi a patata o esageratamente all'insù, le mani corte, le rotule grosse, i peli che escono dal naso, i gomiti che si screpolano, le cosce con la cellulite, i denti ingialliti dal fumo, le unghie smaltate di nero (a lui lo smalto nero non piace), i capelli sfibrati, pelli grasse, secche, coperte di acne, pustole, brufoli, per non parlare di tette a pera e gambe storte, polpacci muscolosi e culi piatti: lui non può davvero farci nulla, sul serio, non può. Tutti i sabati si innervosisce talmente per aver sprecato un altro sabato nel tentativo di incontrare la ragazza che non incontra mai. Da ripromettersi di non uscire mai più di sabato, vestito bene e profumato, per andare un po' a spasso, nella speranza di imbattersi in una qualche ragazza dai pari requisiti, ossia vestita bene e profumata, possibilmente a spasso anche lei e senza alcun difetto: il sabato successivo però lui non va a lavorare. Se andasse a lavorare, forse sarebbe diverso. Però non lavora. Quindi si veste bene, si profuma e poi esce di casa. Cinquantadue sabati all'anno. Uno dopo l'altro. CHI si è trovato a passare in questi giorni, a cavallo dell'ora di pranzo, davanti al video aperto su Rai 2, ha trovato tanta Torino speciale, tenera, canterina ma non mai sbracata. Il che non è male, specie se si pensa all'altra Torino in purtroppo consueta offerta televisiva: quella delle violenze, oppure degli affanni per il posto di lavoro, ben che vada dell'inquinamento o del traffico. Diciamo del programma di Paolo Limiti e Paolo Martini che si intitola «Ci vediamo in tv», tiene duro da un bel po', condotto dal primo nel nome delle più care memorie canore: nel senso che vengono riproposte, pare con enorme successo di audience, vecchie canzoni che spesso sono anche l'occasione per ricostruzioni storiche e ambientali di una certa Italia spensierata ma non fessa, allegrotta ma non banale. E di questa Italia Torino, per via dell'Eiar e poi della Rai, era la capitale. C'è Nula Pizzi, e ricorda le sue passeggiate sotto i portici di Torino. C'è Gino Latilla e dice di quando frequentava i calciatori granata, quelli morti a Superga, e di quando corteggiava Carla Boni al Valentino. Ci sono gli stornellatoli toscani, ed anche loro vivevano sot¬ to la Mole, per ragioni di incisioni radiofoniche. Ci sono i nomi più pesanti dell'Italia leggera, ad esempio Cinico Angelini, ed evocandolo si tira fuori una certa sua Torino speciale, di nebbie d'oro. E c'è Fred Buscaglione, la cui epifania ci è stata offerta, neanche troppi giorni fa, da uno straordinario Leo Chiosso, che era il suo paroliere ma soprattutto il suo fratello di avventure in una Torino magica, affollata di dolcissimi gangster e patetiche sciantose. «Torino bellissima», dice Chiosso ricordando i caffè con il déhors per le orchestrine, le notti lunghe del primo jazz, la Luna nel Po che sapeva di pulito. Torino anche molto viva di vita moderna, senza bisogno di affidarsi troppo alle sartine ed agli studenti. Il professor Valletta faceva andare su piccole grandi auto gli italiani, nella vicina Ivrea degli Olivetti si inventava un nuovo modo di essere operai e impiegati, Pavese e Calvino e la Ginzburg e Alpino rigavano la città della loro intelligenza. Non solo canzonette. Torino seria, attiva, ma anche capace di divertirsi bene. Fred Buscaglione la viaggiava in Topolino. Poi passò alle auto sensazionab, e su una di esse andò a schiantarsi. A Roma.