«L'esecuzione di McVeigh in diretta tv» di Andrea Di Robilant

«Nessuna autocensura per il killer di Oklahoma». Caso O'Dell, il teste chiave ritratta ancora «Nessuna autocensura per il killer di Oklahoma». Caso O'Dell, il teste chiave ritratta ancora «L'esecuzione di McVeigh in diretta tv» Proposta-choc di un noto presentatore WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Esecuzione in diretta per Timothy McVeigh? La proposta viene avanzata su Usa Today da Phil Donohue, il popolare presentatore tv, per sensibilizzare l'opinione pubblica americana al fenomeno dilagante della pena capitale. «Adesso che McVeigh è stato condannato a morte», chiede Donahue, «non sarebbe ora di sospendere l'arbitraria autocensura dei media su questo tema per trasmettere al pubblico gli ultimi attimi di vita di quello che è pur sempre il più feroce massacratore nella storia degli Stati Uniti?». Il mese scorso McVeigh è stato condannato a morte dal tribunale di Denver che lo ha trovato colpevole della strage di Oklahoma City del 19 aprile 1995, in cui 168 persone persero la vita. Sembra che a spingere McVeigh a compiere l'attentato sia stato il suo odio per il governo federale. «La pena è stata inflitta dal popolo», scrive Donohue, «il processo è pagato dal popolo, l'esecuzione sarà portata a compimento da agenti che rappresentano il popolo. Insomma, è una vicenda pubblica, che riguarda i cittadini americani. E dunque si dovrebbe poter vedere tutto in tivù». In realtà se le esecuzioni non si vedono in televisione è perché i network non hanno mai premuto per accedere nelle camere della morte (in genere un numero limitato di giornalisti della carta stampata può assistere all'esecuzione). Donohue si lancia in una geremiade contro l'auto-censura dei media televisivi. «Sento tanta retorica sulla necessità di "proteggere" i telespettatori dalle immagini inquietanti. Ma nulla impedisce loro di riempire i telegiornali con i corpi dilaniati da terremoti, disastri aerei, attentati terroristici. Perché tanto pietismo quando è lo Stato che si prende una vita umana?». Un sondaggio pubblicato da Usa Today suggerisce tuttavia che Donohue è lungi dal rappresentare il cuore dell'America su questa vicenda. L'80 per cento degli intervistati si dichiara contrario alle esecuzioni in tivù e solo il 18 per cento si dichiara favorevole (con 2 per cento di indecisi). Donohue è convinto che la trasmissione delle esecuzioni influenzerebbe più di qualsiasi altra cosa il dibattito in America sulla pena di morte. «La prossima esecuzione di McVeigh e il fatto che ci sono oggi altre tremila persone nei bracci della morte deve far riflettere noi giornalisti su questa sorprendente mancanza di interesse per una realtà che è senz'altro "notizia"». Tra le persone che aspettano di morire nei bracci della morte americani vi è anche Joseph O'Dell, l'uomo condannato alla pena capitale per l'omicidio di una donna in Virginia dodici anni fa. La data dell'esecuzione è stata fissata per il 23 luglio. Ieri l'ex compagno di cella di O'Dell, Steven Lee Watson, ha confermato ai microfoni del Tgl di aver mentito quando al processo dichiarò che O'Dell gli aveva confessato l'omicidio: «Joseph O'Dell non ha mai confessato nulla quando eravamo compagni di cella. Mi sono inventato tutto». La ritrattazione di Watson era comunque già in mano ai giudici, che non hanno riaperto il caso per scadenza dei termini. La difesa di O'Dell sostiene che anche l'esame del Dna dimostrerebbe la sua innocenza. La difesa sperava di poter riaprire il caso per vizio di costituzionalità. Ma il mese scorso, con una sentenza che ha suscitato perplessità negli ambienti giuridici, la Corte suprema ha deciso che il processo era stato regolare. A questo punto solo un atto di clemenza da parte del governatore della Virginia può evitare l'esecuzione di O'Dell. Andrea di Robilant Timothy McVeigh, accusato della strage di Oklahoma City