Occhetto: «Sono tornati i tempi del Minculpop»

Occhetto: «Sono tornati i tempi del Minculpop» Occhetto: «Sono tornati i tempi del Minculpop» L'EX LEADER CONTRATTACCA SROMA EMBRA di essere ai tempi del Minculpop. Lo avete letto quello che dichiara Cesare Salvi? Quei discorsi ricordano il pei degli Anni 50, quando le cose non andavano bene e si processavano nelle sezioni gli intellettuali. Io li ho vissuti, quei tempi, e non ho alcuna voglia di riviverli». Alla vigilia della direzione in cui ci sarà il nuovo scontro tra dalemiani, sinistra del partito e ulivisti che si concluderà in un nuovo compromesso o, peggio, in niente, eccolo di nuovo sul piede di guerra, Achille Occhetto. La sua, però, è una condizione di belligeranza permanente che non vuole confondersi con quella degli altri, tutta dentro alle liturgie di partito, di correnti, assemblee e organigrammi. No, lui vuole rimanere il profeta disarmato che castiga i mali e i vizi del pds. «Ma su! - si sfoga -, la verità è che c'è una sorta di patto di cemento tra chi ha firmato l'accordo in Bicamerale al grido di "guai chi molla". Non vogliono sentire ragioni, non vogliono sentire critiche perché si scoprono deboli. Pensano di aver fatto un accordo tra loro, che si sentono di rappresentare la società politica, e considerano tutti gli altri dei cazzoni. E' un atteggiamento grave perché è il segno che sono consapevoli della pochezza delle loro convinzioni...». Ci sarebbe da scommettere che, dopo aver rivolto una critica così pesante a D'Alema e soci, Achille Occhetto si prepari a scendere dal castello in cui si è ritirato per accettare lo scontro in campo aperto. E invece neanche per idea, l'ex segretario non ci pensa proprio. «Che farò io? Se me ne andrò dal partito? No, continuerò a dire queste cose. Lo faccio da due anni. Nient'altro. Io non sono un Don Chisciotte». Poi, per essere più chiaro, Occhetto spiega: «Le alternative non sono poi tante. O dovrei ritornare a fare quello che facevo da ragazzino nel pei degli Anni 50. O ancora, dovrei mettere su una corrente. Ma se si mette su una corrente seria bisogna faticare quasi come un segretario. Io già sono stato male, eppoi non mi va di combattere con questa gente. Se non fossi stato convinto di questo, non mi sarei dimesso. Invece, avevoicapito già.allora che con il materiale umano che il partito offre c'è ben poco da fare». Altro che cene a casa di Lucio Magri e discussioni serali con Aldo Tortorella... Non son cose, a quanto pare, che appassionino Occhetto più di tanto. «Avete parlato di quella cena - racconta -, l'avete rappresentata come la cena tra gh ulivisti, la sinistra e chi vi parla. Ma se ce l'avevano tutti con il sottoscritto! Non potevo dire nulla sul presente che gli altri subito me ne davano la colpa. Tant'è che alla fine mi sono messo a parlar d'altro, a scherzare, a fare il buffone. No, non sono le correnti o i giochi interni che mi interessano. Io so solo che la proposta uscita dalla Bicamerale non sta in piedi, è un compromesso basso se non bassissimo». Lo stato d'animo di Occhetto non è, quindi, quello di chi questa mattina vuole andare in direzione per fare la guerra. «Se ci vado? Guardate, io ho un ufficio di presidenza della commissione Esteri della Camera, .nell'intervallo un salto a Botteghe Oscure posso anche farlo. Se parlerò? Vedrò là se mi viene la voglia oppure no...». E già, più che combattere Occhetto si diverte. [r. r.] «I discorsi di Salvi mi ricordano il pei degli Anni 50. Quando le cose non andavano gli intellettuali erano messi sotto processo» «Cosa farò? Continuerò a dire queste cose restando nel partito Non vedo alternative E poi non sono Don Chisciotte» Achille Occhetto