Albania, i socialisti replicano il successo di Vincenzo Tessandori

Bassa l'affluenza. I democratici vincono solo a Scutari dove ci sono stati due morti Bassa l'affluenza. I democratici vincono solo a Scutari dove ci sono stati due morti Albania, i socialisti replicano il successo Nuovi veleni sugli italiani TIRANA NOSTRO SERVIZIO Noia, indifferenza, disinteresse: non c'è che l'imbarazzo della scelta. Ecco, il voto di ballottaggio si è svolto in questa atmosfera un po' opaca, ufficialmente quasi serena e nella quale, però, molti hanno trovato motivi di inutilità. Tant'è che alle urne sono andati quattro elettori su dieci: d'altra parte lo sapevano tutti che la corsa era finita da giorni e i dettagli interessavano giusto ai protagonisti. E fra questi, qualcuno ha chiuso il giorno di pessimo umore. Come Tritan Shehu, presidente del partito democratico, che a Cavaia è stato battuto dal rappresentante socialista, o come Alexandr Mexsi, ex premier, democratico lui pure, battuto a Tirana. I socialisti hanno prevalso un po' dappertutto, in massa a Tirana e a Durazzo 516 deputati al ps, 5 ai democratici). Però a Scutari pare che abbiano trionfato i democratici (quattro seggi su 5). In questa città ci sono stati anche 2 morti. «Poca affluenza, in ogni modo abbiamo vinto noi», aveva commentato al mattino Fatos Nano, leader socialista. Poi, visto che lo volevano sapere, aggiungeva: «Sì, farò io il Premier». E così Bashkim Fino, il capo del governo di coalizione, al suo ritorno dalla Spagna si troverà senza poltrona. Ma è preparato, i rapporti con Nano appaiono molto buoni, almeno a giudicare dalle ore serene che i due trascorrono la sera ai tavoli del ristorante Apollonia, giusto dirimpetto al Palazzo della Presidenza. Insomma, la struttura del partito ha retto, i socialisti hanno risposto con un voto di massa, mentre chi tifava democratico ha preferito il mare. Il bis del voto, in 32 circoscrizioni, sei delle quali a Tirana e cinque a Scutari, dove l'affluenza è arrivata al 50 per cento. Qualche problema, naturalmente, soprattutto al-Nordperladistribuzione delle schede, per l'ingombrante presenza, qua e là, di gente armata che avrebbe voluto mette re le proprie rapaci mani sulle urne, per altro anche questa volta si è trattato di un voto in qualche modo accettabile per gli europei «Beh! forse le elezioni non sono state serene e libere, ma corrette, sì», ha commentato Catherine Lalumiere, francese, capo della troika messa dall'Europa a controllare le votazioni. Certo, alla resa dei conti, sono gli assenti a impensie rire e madame Lalumiere sostiene che, sì, è «preoccupata per la scar sa affluenza, ma c'è da sperare che finalmente l'Albania si metta in marcia». E non sarà una marcia breve e neppure facile: i problenù aperti sono innumerevoli e tutti di prò porzioni preoccupanti. E poi, chi ha tenuto il potere nelle mani in questi anni, al di là di dichiarazio ni sul ruolo dell'opposizione nel sistema democratico, non sembra rassegnato a lasciare il posto. E non importano né il prezzo né i mezzi. Anche per questo, forse, Azem Haydari insinua che, sì, potrebbero essere stati i soldati della missione Alba ad aver ucciso Agim Gjonpali, l'altro giorno, mentre dimostrava con quelli del re davanti al Palazzo dei Congressi contro la commissione elettorale. E Haydari non è uno avvezzo a sprecar parole: è un fedelissimo del presidente Sali Berisha e li conosce bene i pericoli di un crollo politico. Aveva guidato, dice, la rivolta studentesca contro i rossi, nel 1990, avrebbe dovuto sostituire al ministero degli Interni Belul Cela, che se l'era filata appena fiutata l'aria. Sì, lascia intendere il pretoriano di Berisha, ma c'è il sospetto che a sparare sia stato uno della Fmp. E poco importa che, quella mattina, militari europei nei dintorni del Palazzo dei Congressi non ce ne fossero. «In casi come questo, dapprima ci sono decine di ipotesi, poi, con lo sviluppo dell'inchiesta, si riducono. Ora ne sono rimaste tre: ha sparato la polizia; ha sparato qualcuno vicino al ragazzo; hanno sparato quelli di Alba». Dice così, come se fosse la cosa più normale del mondo, butta lì veleno e snocciola quattro nozioni di medicina legale che, secondo lui, dovrebbero essere alla base di questa accusa. Parla di «fori d'ingresso e autopsia», «calibri e proiettili»: «Se quello che ha ucciso il ragazzo corrisponde, allora non ci sono dubbi su chi abbia sparato». Non è casuale, tutto questo, e così sale, improvvisa, la tensione e c'è allarme fra i militari europei della Fmp perché in controluce si tenta di scorgere insani progetti di vendetta da parte di chi è rimasto bruciato dal voto. In altre parole da parte dei democratici che proprio non ce la fanno ad accettare l'idea di abbandonare il potere. E poi, le ragioni della sconfitta, tendono a sottolineare, non sono da ricercare nella politica praticata in questi anni, neppure nella volubilità senza confini della gente. No, secondo un ragionamento non soltanto balcanico, le colpe sono soprattutto degli altri, degli europei, in questo caso in prima fila, e magari degli americani. Perché l'idea che il mondo intero ce l'abbia con loro, gli albanesi ancora non se la sono tolta dalla testa. E poi il giornale «Albania», molto vicino alla nomenklatura al potere fino alla settimana scorsa, cioè al pd, prima ha aperto una polemica becera con i soldati della Forza multinazionale e ieri ne ha alzato di parecchio il tono. «Alba, l'alba che non deve più tornare», è il titolo grande. E poi: «La Forza multinazionale di protezione lascia con vergogna il Paese in¬ gannato». Perché i soldati, lamenta tale Arben Rrozhani che firma l'articolo, sarebbero rimasti impassibili mentre l'Albania andava a fuoco. E ora «se ne vanno come sono venuti, i più strani turisti del mondo. In Albania, specialmente al Sud, sono saltati tutti i ponti, sono state bloccate le strade e rapiti i viaggiatori. Gli europei avevano calcolato ogni cosa». Quindi, la parte più succosa: «Alba missione dello sperma». Perché non si troverebbe più un appartamento da affittare a Tirana, tutti occupati dai focosi soldati latini, instancabili nel portarvi le senoritas locali. Ma c'è un'altra cosa che tocca i nervi sensibili della gente di Tirana e che il giornale sottolinea in blu: a Sud, il contingente greco avrebbe appoggiato un'impresa di oltre frontiera che ha costruito 800 metri di strada. L'unica, forse, priva di buche di tutto il Paese. Ma questo non importa: è un'invasione, tuonano tutti, il giornale, il ministro degli Esteri Arjan Starova, che ha convocato l'ambasciatore greco, anche Leka Zogu, il re mancato, all'ennesimo comizio in piazza Scanderbeg: «E' cominciata l'invasione dell'Albania». E non è che l'inizio. Vincenzo Tessandori Un uomo di Berisha «Forse sono i soldati di Alba che hanno ucciso il sostenitore monarchico» Il leader socialista e vincitore delle elezioni, Fatos Nano, fotografato ieri durante le operazioni di voto a Tirana [FOTO REUTERS]