Clinton: Biljana, siamo con te di Giuseppe Zaccaria

Il rappresentante Usa minaccia «gravi conseguenze» se la leader serbo-bosniaca sarà destituita Il rappresentante Usa minaccia «gravi conseguenze» se la leader serbo-bosniaca sarà destituita Clinton; Biljqna, siamo con te Un inviato Usa dalla rivale di Karadzic BANJA LUKA DAL NOSTRO INVIATO Questa è una città bellissima, lo era anche di più prima che buttassero giù tutte le moschee, ma la capitale dei serbi è altrove, sta in un insignificante villaggio di montagna che si chiama Pale. Qui è il vero dopoguerra, duecentomila disperati che contendono la vita a sessantamila profughi, puzza di scappamenti, ventimila persone in piazza, bambini che chiedono elemosina, bancarelle col Palmolive. Là in alto invece si arroccano i potenti, e le loro auto sono lucide Mercedes blindate. Qui c'è Biljana Plavsic, la Presidente che ha sciolto il Parlamento, lì c'è un Parlamento che rifiuta di sciogliersi ed è pronto a dichiararla decaduta. E' una lotta di potere ma anche qualcosa di più serio e profondo, una lacerazione che apre in due un Paese finito prima ancora di trovare un colore sulle mappe. «Ne damo te, Biljo», sta gridando la gente: siamo con te, Biljana, «non ti daremo a loro». Loro, sono i vecchi signori della guerra trasformatisi in nuovi padroni, quelli che col pretesto della grande anima serba hanno scatenato una guerra, hanno perso la pace e adesso cercano di sopravvivere a se stessi. Quelli che nel villaggio di montagna promosso a capitale continuano a riunirsi (49 persone su 83, tutti fedelissimi di Karadzic), a lanciare ultimatum, a promulgare leggi. Le ultime due sono di ieri. La prima prevede che nella «Republika Srpska» il Presidente possa essere sfiduciato a maggioranza semplice, l'altra trasferisce alcuni dei suoi poteri al Consiglio supremo di difesa, luogo in cui i nipotini di Karadzic siedono fianco a fianco coi fedelissimi di Ratko Mladic, l'altro grande ricercato. Se: a Pale il «Parlamento» si riunisce in un albergo con le tovaglie bianche, qui il Presidente ha l'ufficio ai «Banski Dvori», antica sede dei governatori. E adesso a sostenere chi dovrebbe governare ci sono almeno ventimila persone che urlano, fischiano, lanciano minacce verso i padroni lontani. «Non commento le decisioni di quel cosiddetto Parlamento», fa la Presidente. Un tempo era nota per il carattere focoso, anche a lei era toccato il soprannome di «lady di ferro», adesso sembra commossa dal sostegno popolare ma ha altre ottime ragioni per rimanere calma. Poche ore fa Robert Galbard, inviato di Clinton, le ha assicurato che la comunità internazionale sta con lei. Ormai nella vicenda bosniaca non dovrebbe stupire il fatto che, per l'Occidente, buoni diventano tutti quelli che si mostrano meno cattivi degli altri. Eppure Galbard è stato secco: noi stiamo dalla parte della Costituzione, cioè della Plavsic. E se i cattivi dell'Sds, partito fondato da Radovan Karadzic, pensano di andare in una direzione diversa «le conseguenze saranno molto serie». La sola conseguenza seria, la sola decisione che potrebbe metter fine a questo stato di cose sarebbe l'arresto dei criminali di guerra. Ci si prepara a questo? Galbard non risponde, né potrebbe farlo. Peraltro, i timori che fino ad oggi hanno consentito a Karadzic la vita del latitante di lusso sono ancora validi. Mladic conduce una vita diversa, lui continua a passare da una depressione all'altra anche se una decina di giorni fa si è fatto vedere a Belgrado per il matrimonio del figlio, in una cerimonia con trecento invitati. Arrestarli, ieri come oggi, significherebbe comunque scatenare un'altra piccola guerra coi rispettivi eserciti personali. Quali potrebbero essere, allora, le «conseguenze?». Ieri a Sarajevo il vice di Cari Bildt, il tedesco Michael Steiner, ha fatto un discorsetto prima di chiudere le valigie e abbandonare l'incarico. Per una volta erano frasi prive di cautele diplomatiche. Due i punti centrali: com'è possibile far attuare la pace alle stesse persone che hanno con¬ dotto la guerra? E soprattutto, come si può accettare che nella repubblichetta dei serbi di Bosnia esista «un regime monopartitico, totalitario e corrotto che ha creato un governo-ombra retto da un ragno nero, Radovan Karadzic?». Ecco forse la leva sulla quale agire, ecco forse il modo per privare Karadzic di parte del suo potere. L'ex presidente e criminale di guerra controlla l'importazione di benzina attraverso la «Centrex», il fedele Momcilo Krajismk (uno dei tre copresidenti bosniaci) si occupa di sigarette ed altri generi attraverso la «Selekt-Imex». Dopo avere scatenato una guerra, dopo essersi visti osteggiati dal mondo, oggi i serbi di Bosnia si scoprono anche popolo di paria. Devono vivere con salari ridicoli, sessanta o settantamila lire al mese, sono ancora hi attesa di un'identità, di una nazionalità, di un passaporto, e in- tanto vedono i leader di un tempo arricchirsi come sultani. Biljana Plavsic rispetto a questa gente ha molto danaro in meno ma anche un'immagine infinitamente più rispettabile. Fiaccola del panserbismo come e più degli altri, ma se Karadzic e Krajsnik vengono dalle file comuniste lei è una monarchica convinta, «cetnica» nel senso più vero della parola. Durante la guerra qualcuno già cominciava a muoversi in «Mercedes» mentre lei, «la professoressa», non abbandonava una vecchia «Golf» crivellata dai proiettili. La sua credibilità sta anche in queste cose. La sua pericolosità, nel fatto che attaccando Karadzic e il suo sistema di potere attacca direttamente anche Slobodan Milosevic. Lo ha fatto l'altra sera in televisione. Nella federazione più finta del mondo sta per divampare un altro focolaio. La guerra di Bosnia sarà anche finita, ma il problema è che nessuno ha ancora deciso di far cominciare la pace. Giuseppe Zaccaria Il Parlamento sciolto dallaPresidente vara una leggeche consente l'impeachmenta maggioranza semplice II rappresentante europeo per la Bosnia: «A Pale c'è un regime totalitario e corrotto gestito da un ragno nero» La presidente serbo-bosniaca Biljana Plavsic circondata dalle due guardie del corpo a Banja Luka

Luoghi citati: Belgrado, Bosnia, Pale, Sarajevo, Usa