«E' fatta, battimi un cinque»

La show-girl La show-girl Ventura: andrei a vivere su Marte «P fotta, battimi un cinque» La festa dei ragazzi di Pasadena lato di gioia. Si sono «battuti il cinque» a mano aperta, hanno dichiarato con i corpi, le facce e le corde vocali che in quel momento una grappolo di palloni di gomma stava rimbalzando sul terreno alluvionale di Marte durante una notte da 200 gradi sotto zero, buia come l'inferno. Tutto vero, tutto perfetto, ma non si è visto niente: se non ci fossero quei tre disgraziati sulla Mir a interpretare un vecchio film sui naufragi siderali, verrebbe da dire che lo spazio-spettacolo non è più quello di una volta, quella meraviglia incantatrice piena di eroi, dalla cagnetta Laika, a Gagarin e Titov, gli eroi degli equipaggi al rogo. Con i fisici in jeans di Pasadena possiamo in compenso immaginare quel che sta succedendo. E la cronaca è questa: la nostra nave aliena, sbarcata dal feroce pianeta Terra, dopo aver finito di ballonzolare, si è fermata. I palloni si sono distaccati e hanno lasciato scoperto il tronco piramidale. Già sappiamo, da un meteorite marziano ritrovato in Alaska, che sul Pianeta Rosso ci doveva essere qualche forma di vita unicellulare e invertebrata quattro miliardi e mezzo di anni fa. Può anche darsi che adesso i discendenti di quei protomarziani si siano radunati a guardare la piramide aliena che si apre come un fiore e che mette in mostra «la cosa»: un ventre di strumenti mai visti, e uno strano simbolo a stelle e strisce (la loro religione?). Ma, attenzione, ecco che un ronzio avverte che gli accumulatori si sono accesi per produrre calore prima che si faccia l'alba marziana, rossa e crudele. I protozoi si accalcano, hanno paura, ma resistono come gli antichi abitanti di Roswell in New Mexico, che di alieni se ne inten¬ dono. E che vedono? Vedono una telecamera che li riprende, e che poi riprende i primi raggi del sole e li indica a una antenna a forma di padella, la quale si orienta per assorbire tutti i fotoni che la nostra stella le invia, ed ecco che si aprono altre mostruose strutture alieno-americane, destinate ad assorbire i raggi. Il freddo diminuisce ed ecco che l'automobile più articolata del sistema solare si sveglia, riluce di rossi metallici e sgranchisce le sei ruote e i bracci idraulici, si solleva. Forse emette un ronzio. Chi può dirlo? Qui d'aria ce n'è l'uno per cento rispetto alla Terra e il peso locale del macchinario, per la bassa gravità, è di appena cinque chili. Poca aria, poca resistenza ai paracadute (ecco perché è stato usato il sistema a rimbalzo) e poca trasmissione dei suoni. E la Mart-Mobile, che in realtà si chiama Pathfinder, cercatrice di tracce, rotola fuori dal modulo, scende lungo una pas¬ serella e affronta i sassi marziani. E forse gli stessi molluschi marziani, minuscoli e terrorizzati di fronte all'arroganza aliena. Pathfinder è anche un laboratorio ed è dotata di sensori che sembrano proboscidi, può annusare chimicamente, perdere la testa su un solo sasso e dedicargli una giornata di riflessioni spettroscopiche, può inviare segnali che vengono a Pasadena ricostruiti come immagini, ò una macchina-cane, da fiuto, paziente. Che usa soltanto quella poca energia solare che si riesce a prendere nelle ore di luce. E in quelle di buio pesto, nulla: immobilità. 11 buio e il freddo sono i nomi dell'immobilità. Quelli di Pasadena a cominciare da Donna Shirley che ha cura¬

Persone citate: Donna Shirley, Gagarin, Titov

Luoghi citati: Alaska, New Mexico, Pasadena