« Ho visto Ferrara nell'aula del delitto » di Maria Corbi
Delitto di Marta, il ricercatore dopo il no del tribunale alla scarcerazione minaccia: mi uccido Delitto di Marta, il ricercatore dopo il no del tribunale alla scarcerazione minaccia: mi uccido « Ho visto Ferrara nell'aula del delitto » In una intercettazione la supertestimone conferma ROMA. Salvatore Ferrara, uno dei due assistenti indagati per l'omicidio volontario di Marta Russo, è disperato e vuole togliersi la vita. Grida in questo modo drammatico la sua innocenza proprio nel giorno in cui nuove «rivelazioni», da un'intercettazione telefonica, gettano su di lui altri sospetti. Chiara Lipari, la super testimone grazie alla quale gli investigatori hanno potuto ricomporre il loro «puzzle», si sarebbe ricordata di averlo visto nell'aula 6 prima della testimonianza di Gabriella Alletto, la segretaria che ha indicato in Ferrara, Liparota e Scattone le tre persone presenti nell'aula assistenti di Filosofia del Diritto all'ora dello sparo che ha colpito Marta. Il ricordo della Lipari avvenne un mese dopo «il fatto», dopo che era già stata interrogata più volte dalla polizia. Emerge da una telefonata con il padre Nicolò, giurista di fama e professore a La Sapienza, registrata il 9 giugno, il giorno in cui a Marta venne conferita la laurea alla memoria. Ferrara viene citato non per nome ma come quello «venuto alla mia festa...». Un'allusione a Ferrara confermata dagli investigatori. Ecco alcuni stralci di conversazione. Nicolò Lipari: «... Mi hai cercato... Che cosa c'è?». Chiara: «... Tu avevi detto in caso fra tre o quat¬ tro giorni avresti chiamato per Lasperanza (pm dell'inchiesta)...». N: «Sì, ma non mi sembra opportuno...». C: «... E' che gli vorrei un attimo... due minuti parlare...». N: «Perché, cosa ti è venuto in mente?». C: «... Gli volevo dire semplicemente che il ricordo visivo di una certa persona in quella stanza ce l'ho insomma...». N: «... Della terza persona...». C: «... Sì, ho pure fatto il nome però mi sembra che loro abbiano pensato... Come se avessero pensato che io mi voglia tirare indietro... Ho capito prima di loro che non potevo essere sicura di questa cosa e quindi verbalizzarla perché non l'ho visto in altri momenti della mattinata, quindi...». Poi Maria Chiara chiede approvazione della sua «cautela» al padre e la conversazione continua ripercorrendo a ritroso le tappe della «memoria» della ragazza. Lipari consiglia la figlia che non sa se fare ancora «questo nome» agli inquirenti di aspettare. Chiara poi si riferisce alla sua festa a cui ha partecipato anche questa «persona» di cui dice: «Non è il mio tipo insomma,.. Una persona che ha sempre l'aria del maneggione, di chi ha...». Chiara ricorda ancora: «... Sì, è voltata ma io in faccia l'ho vista... Cioè ho la sensazione di averla vista... Poi siccome questa è una persona che sta sempre... Sempre lì letteralmente... Io non potevo avere diciamo la certezza a caldo poi... Dacché non mi ricordavo nulla la certezza che fosse lui quella mattina in quel minuto...». E ieri Salvatore Ferrara, dopo la scarcerazione negata e la tra¬ smissione di Augias sul caso, si è fatto prendere dal panico. Un morso al cuore che si è stretto ancora di più fino a portarlo, pare, al precipizio del suicidio. All'udienza per l'incidente probatorio avrebbe detto: «Non credo più in questa giustizia e per questo motivo mi voglio suicidare». Ma il legale di Ferrara assicura che il suo assistito ha «solo» iniziato lo sciopero della fame. L'accusa continua a cercare ulteriori elementi di prova a carico degli indagati. I periti dovranno cercare tracce di polvere da sparo sugli abiti e le borse e accertare, in caso di risultato positivo, se siano compatibili con quelle ritrovate nell'aula 6 di Filosofia del diritto. Ci vorranno sessanta giorni per le risposte. Intanto all'Università continua un clima di tensione. La su¬ pertestimone Gabriella Alletto è tornata a lavorare ignorata dai colleghi. Le sue risposte alle domande di Augias hanno aumentato i malumori e i dubbi di chi non crede alla colpevolezza dei due assistenti. «Non sapete che cosa significa stare davanti a una telecamera», si è giustificata la segretaria a chi le chiedeva perché ricostruendo che cosa aveva visto il 9 maggio nell'aula 6 non abbia mai nominato la pistola. «Pensate che io sia abituata a questo genere di cose? Vi sembro proprio così smaliziata da non avere problemi a raccontare ciò che ho visto? E' normale che fossi emozionata». Così, tra i colpi di scena, continuano ad affrontarsi accusa e difesa in un caso che appassiona l'Italia. Maria Corbi Chiara Lipari, la supertestimone del delitto di Marta Russo. Dalle intercettazioni emergono nuove verità sulla scena dell'omicidio
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