«Scontiamo la pena nel Veneto»

«Scontiamo la pena nei Veneto» «Scontiamo la pena nei Veneto» / ribelli: in prigione nella nostra patria VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO «Speriamo che ci mandino a casa nostra», sogna Cristian Contin, un minuto dopo la richiesta di condanna del magistrato. «Ma sì, speriamo che ci lascino in carcere in Veneto, nella nostra patria», aggiusta il tiro, subito dopo. Visto che l'illusione di tornare liberi a processo finito, non ce l'ha nemmeno lui. Che pure davanti al giudice Graziana Campanato aveva sminuito tutto, fino a quell'ammissione: «Forse potevamo fare altro...». «Ma se no ga fato niente...», scuote la testa Graziella Corni, la moglie di Luca Peroni, per il quale c'è una richiesta di condanna a nove anni di carcere. «No ga fato niente», ripete. E al marito che presto diventerà padre e chissà quando vedrà suo figlio, urla da dietro le transenne, i carabinieri e il muro di giornalisti e telecamere: «Vengo sabato, vengo sabato». Un'ora alla settimana di colloqui è tutto quello che è rimasto loro, dopo il Serenissimo sogno di sfidare l'Italia, conquistare San Marco, liberare il Veneto. Adesso se ne stanno seduti a fianco degli avvocati, circondati dagli agenti di custodia, appena infastiditi dalle telecamere e dai flash dei fotografi. «Sono preoccupato per la mia attività, per la mia famiglia», confessa a Fabrizio Comencini della Lega Nord, Gilberto Buson, camicia beige, capelli lunghi, un timpano andato dopo le botte dei Gis dentro al campanile, appena sette ore dopo la «liberazione» di piazza San Marco. Anche Buson sarà presto padre. Per la sesta volta. «Penso sempre alla mia famiglia, all'azienda che adesso manda avanti il maggiore», dice. E forse si vergogna un po', lui che è sempre stato abituato a lavorare 15 ore al giorno, che la sua famiglia tiri avanti con i due milioni al mese, raccolti dalla Life a sostegno dei patrioti in carcere. (Abbiamo raccolto 55 milioni», spiega con orgoglio Fabio Padovan, il presidente della Life per il Veneto. Poi ammette: «Peccato che nessun grande in¬ dustriale abbia voluto sostenerci... Tutti i soldi arrivano da piccole donazioni, anche dieci, ventimila lire per volta». Affetti a parte, è alla patria veneta che pensano tutti. A partire da Gilberto Buson che si lamenta di una cosa sola: «Nelle carceri in cui ci troviamo, non possiamo nemmeno leggere i giornali di casa nostra. Siamo detenuti a Ferrara, a Modena, a Tolmezzo. I giornali delle nostre terre non arrivano neanche. E chissà quando li leggeremo. Non mi faccio illusioni, non ci daran¬ no di meno di quello chiesto dal magistrato». Fausto Faccia, il capo del collimando, è l'unico che polemizza apertamente. Se la prende con il Comune di Venezia, soprattutto per quei 180 milioni chiesti come risarcimento. Faccia dice: «Speravamo che chiedessero un rimborso simbolico. E poi i motoscafisti abusivi, quelli che chiedono mezzo milione per andare da piazzale Roma a San Marco, rovinano più di noi l'immagine di Venezia e del Veneto». [f. poi.] Il pm Rita Ugolini con l'avvocato di parte civile Antonio Franchini durante una pausa del processo per l'assalto in piazza San Marco a Venezia

Persone citate: Antonio Franchini, Buson, Cristian Contin, Fabio Padovan, Fabrizio Comencini, Gilberto Buson, Graziana Campanato, Graziella Corni, Rita Ugolini