L'America in fila a Roswell per il compleanno di ET

I/America in fila a Roswell per il compleanno di ET I New Mexico: «pellegrinaggio» dove 50 anni fa precipitò secondo gli ufologi un disco volante LA CAPITALE I/America in fila a Roswell per il compleanno di ET BOSWELL DAL NOSTRO INVIATO Questi fetini hanno occhi enormi e crani smisurati. Piccoli e inermi sono fatti apposta per ispirare struggimento e protezione. Sono ovunque, con quegli occhioni da formiche spente, e ti guardano come morticini eterni, volanti, galattici, detestabili per quell'eccesso di invadente innocenza spaziale che si portano dietro, angeli moderni clonati al computer. I fetini sono gli extraterrestri di Roswell, torrida cittadina del New Mexico baciata da un deserto di sassi e sterpi in un di cui anfratto 50 anni fa un'astronave aliena si sarebbe schiantata. Quanto ai fetini, nessuno li ha mai davvero visti con quelle sembianze. Probabilmente il modello originario erano certi fantocci paracadutati dai militari, ma sta di fatto che le sembianze sono cresciute per conto loro, anonime e collettive, man mano che l'incidente prendeva quota, fra bugie militari, pazzie paranormali, allucinazioni e sinceri ravvedimenti in un senso e nell'altro. II risultato finale è il pellegrinaggio che comincia oggi e che ha portato qui decine di migliaia di appassionati, curiosi e invasati, quasi tutti adepti di una religione vagamente paranormale, della famiglia del New Age: è una città che fa finta di essere la Lourdes degli alienisti e degli alienati, affollata di reporter che vengono a vedere come sono fatti quelli che ci credono, o che vengono soltanto per divertirsi in una città trasformata in fiera. Non c'è un posto per dormire da mesi, lo sono arrivato con un piccolo aereo di quelli che ti fanno venire il voltastomaco e sono dovuto poi andare oltre il deserto per trovare una camera sulla pendice della montagna, a Lincoln, dove era di casa Billy The Kid, i! famoso fuorilegge col cappello sghimbescio. Anzi, ho avuto fortuna e dormo proprio nella stanza e nel letto che usava Billy. Anche The Kid era una leggenda: qui ti mostrano la sua casa, la prigione della sua prima evasione, la strada del suo primo omicidio, i quadri naif che lo mostrano in tutte le pose con i migliori manigoldi del secolo scorso. Intorno, colline verdissime. Sotto, il deserto degli Ufo e dei fetini. Il New Mexico, con il vicino Texas è una terra strana e visionaria, che coltiva il culto dei romantici fuorilegge, dei fantasmi, delle astronavi aliene. La festa comincia oggi con un «Illusion Show» seguito da musiche all'«Intergalatic Dancer». Seguiranno arti varie: karaté e concerti per bambini, un balletto fuori dal mondo «Out of This World Dancers» e ancora illusionisti e illusi riuniti in grande e spaesato convegno. Oggi cominciano dunque i festeggiamenti per il cinquantennale dell'«Incident», ovvero del «Crash» alieno. Parole queste, «crash» e «incident», diventate liturgiche: «Sono venuto anch'io a fare "crash" a Ro¬ swell», si legge sui piattini in vendita insieme ai bicchieri, le t-shirt, i calzoncini e tutta la paccottiglia marcata con gli occhi da formicone infelice dei fetini volanti. C'è un museo ed è delizioso e irritante al tempo stesso: due grandi stanze in cui sono esposti articoli di giornale del 1947, ma più di tutto quadri fantastici dipinti a olio, disegni di bambini, ex voto desertici, spezzoni di film di fantascienza, dichiarazioni agitate e altre sensazionali, un paio di video che rifanno tutta la storia (le storie, perché sono molte e si intrecciano). Ma sostanzialmente di soprendente non c'è proprio nulla. Una fiera dei sogni. Tuttavia sono bellissime le radio, le telescriventi, i microfoni, i registratori e la viva voce degli speakers che il 2 luglio 1947 annunciarono: «Da fonte militare si apprende che nei pressi della città di Roswell, New Mexico, un'astronave extraterrestre si è schiantata a terra distruggendosi». Che cosa era successo quel giorno? Un rancherò, certo Mac Brazel, si era imbattuto in detriti metallici di plastica e di altri materiali indecifrabili, nel deserto a poca distanza dalla sua azienda. Brazel andò dallo sceriffo George Wilcox, sussurrandogli che secondo lui era caduto un disco volante. Wilcox chiamò la base militare locale (dove si facevano esperimenti top secret) e riferì al maggiore Jesse Marcel, dei servizi di sicurezza, il quale si eccitò moltissimo, raccolse personalmente qualche chilo di detriti fra cui nastri adesivi con strani disegni sul retro (subito classificati come «geroglifici») e se ne tornò alla base con quella roba e fece rapporto al comandante del gruppo, colonnello William Blanchard, il quale, più eccitato di lui esclamò: «Ma che aspetta, maggiore? Faccia un comunicato stampa: dica pure che abbiamo in mano il relitto di un'astronave aliena». Bisogna ricordare che l'America di allora non aspettava altro che l'arrivo degli alieni, alla fine della più terribile guerra di tutti i tempi e all'inizio della Guerra fredda: l'Unione Sovietica aveva appena cominciato i suoi esperimenti atomici e tirava un'aria bruttissima sullo scenario del nostro mondo, che avrebbe molto gradito visite sagge da un altro mondo. A farla breve, Marcel batté il comunicato che mise a rumore l'A¬ merica e inviò i rottami raccolti al brigadier generale Roger Ramey, affinché dicesse la sua. E il generale la sua la disse subito: dando degli idioti ai suoi subalterni. Il generale si affrettò a chiamare i giornali e disse che c'era stato un eccesso di emozione e di fretta: questi detriti sono tutti roba nostra, è un pallone meteorologico usato per esperimenti speciali. Gli chiesero: e i geroglifici? Risposta: sono il retro di un comunissimo nastro di scotch decorato con quei comunissimi disegnini, usato per tenere insieme i pezzi degli strumenti. Fine del fatto reale. E inizio della leggenda che comincia a nutrirsi di materiali diversi nello spazio e nel tempo. I militari mentirono spesso, giustificandosi con il fatto che i loro palloni servivano per esperimenti segreti. Il più innocente consisteva nel mettere alla prova nuovi paracadute speciali, usando fantoccini umanoidi senza orecchie, con quattro dita per mano, colorito azzurrastro, faccia buffa. I fantocci erano caricati sul pallone sonda e buttati giù in diverse condizioni per vedere come resistevano agli urti i loro corpi, che sul terreno assumevano posizioni realistiche, come se fossero piccoli morti. Secondo le ricostruzioni che si fanno oggi, dopo che Clinton ha or¬ dinato all'aeronautica un'inchiesta definitiva, essendo stufo di dover rispondere all'accusa di nascondere anche lui la verità, nella memoria popolare si sono sommati fatti diversi: la leggenda degli alieni con la testa grossa e gli occhi fessurati potrebbe dipendere dall'impressionante fotografia del capitano Dan D. Fulgham che cadde da uno di questi palloni e se ne andò in giro con occhi gonfi, una testa fasciata di proporzioni gigantesche e il colorito tumefatto. Intanto, però, le menzogne e le imprecisioni facevano crescere la sensazione di una copertura gigantesca, di un imbroglio, di una menzogna di Stato. La voce secondo cui i militari avevano trovato dei corpi alieni (i fetini) e li avevano fatti sparire dopo sommarie autopsie. Il materiale più delicato e coperto da segreto era però un altro: speciali riflettori di onde in grado di raccogliere le emissioni delle esplosioni atomiche sovietiche, montati sui palloni. Ma l'elemento nuovo che si era aggiunto alla massa dei detriti consisteva nel racconto dei corpi dei piccoli alieni portati via con camion, sottoposti ad autopsie segrete e fatti sparire in una mostruosa operazione di «cover up», cioè di copertura militare con inganno. Dicono oggi i militari (che il 25 giugno scorso hanno pubblicato un volume d'inchiesta): ma vi pare possibile che a 50 anni di distanza un segreto del genere sarebbe ancora tenuto nascosto? E per quale motivo poi?. Il motivo, spiegano gli scrittori ufologici negli articoli esposti al museo, sarebbe perversamente filosofico: l'autorità militare, bieca fabbricante di guerra e di dolore, non avrebbe alcun interesse a far sapere che esistono altri mondi abitati da creature buone e miti. Ribattono le istituzioni di governo (il «New York Times» ha pubblicato ima settimana fa tutte le conclusioni dell'inchiesta ufficiale) che la storia delle autopsie è nata a causa dei «dummies», i fantocci usati per gli sperimenti: qualcuno vide i militari portarli via dal deserto, così simili a piccoli esseri umani, in sacchi di plastica. Naturalmente il partito degli Ufo nega che in questa versione ci sia un solo briciolo di verità e ribatte con la testimonianza di una strana infermiera che ha dichiarato di aver assistito all'autopsia sugli alieni. A questo punto la frittata spaziale è fatta: nessuno potrà più togliere dalla mente alla gente di Roswell che un giorno lontano gli alieni furono fra noi e che il governo, l'istituzione militare, la Cia e l'establishment, hanno cercato e cercano di sopprimere questa meravigliosa novità, questa speranza per il futuro. La gente nelle strade è eccitatissima e i bambini sono molto felici: anche il fantoccio di E.T., «telefono casa», è esposto molto bene ovunque. L'esposizione dei materiali ufologici è deliziosamente puerile, perché in realtà non c'è niente da esporre, tranne dipinti fatti in casa, la fiera del kitsch e dell'innocenza: ecco per esempio un bellissimo Albert Einstein, copiato dalla famosa foto della linguaccia, che campeggia fra stelle e pianeti come un'insegna da hmapark e un cappello a forma di disco volante. Ed ecco, in una grande vetrina-bacheca, un medico che spinge una barella sulla quale è disposto un corpicino martoriato di alieno. Ovunque dischi volanti bellissimi che sembrano cassate siciliane. I bambini sono felici. Ecco che si apre la porta dell'esposizione e viene introdotto, su una sedia a rotelle, un vecchissimo signore paralizzato e imbragato in modo che non possa piegarsi, cadere, deformarsi. Sulla testa candida ha un grande cappello da cow boy. Le sue braccia sono legate, i suoi polpacci sono legati. E' legata anche una grossa bottiglia di Coca Cola. Non può parlare, ma guarda e sembra irritato. Lo spingono fra tutti quei quadri e i bambini lo guardano con ammirazione, per via del cappello e di quella bella faccia da cow boy. Alla periferia di Roswell svetta una grande scuola militare in cui si educano ragazze e ragazzi destinati alla «leadership of America». All'entrata della città uno striscione accogliente dà il benvenuto: «Welcome Ufo enthusiasts». E anche: «Roswell, The Alien Destination». Sì, venite a fare «crash» qui con noi, dicono i muri tappezzati di fetini. E i fetini evolvono diventando piccole cameriere sexy e formichesene, indicano i migliori hamburger. Paolo Guzzanti Ovunque gente eccitata e bambini felici I «musei» locali espongono le riproduzioni degli extraterrestri e quadri naif Per i militari l'Ufo era solo un pallone sonda caduto nel deserto Ma per molti si tratta di un depistaggio per celare una sconvolgente verità Le riproduzioni degli alieni che si crede siano precipitati a Roswell e uno dei negozi che prosperano sulla mania degli Ufo

Persone citate: Albert Einstein, Alien, Clinton, George Wilcox, Jesse Marcel, Paolo Guzzanti, Roger Ramey, William Blanchard

Luoghi citati: America, Lincoln, New Mexico, Texas, Unione Sovietica