Torna il braccio di ferro in Albania di Vincenzo Tessandori

ft/EX CAPITALE Ordine alla Guardia presidenziale: occupate i punti strategici. Fino: non rispettatelo Torna il braccio di ferro in Albania Eerìsha-. «Non so quando mi dimetto». E mobilita i tank TIRANA DAL NOSTRO INVIATO Signori, dice 0 vecchio leone, me ne vado. E subito gli chiedono: quando? Ma lui non ha una gran voglia di togliere il disturbo, al contrario, ogni pretesto è buono per prolungare il soggiorno nel palazzo un po' grigio e un po' triste della Presidenza, magari per alzare il prezzo politico, per ottenere una buonuscita. «Non posso dire quando, si vedrà, lo deciderò io. E' difficile fare una data: ancora troppi impegni mi tengono legato qui. E poi, c'è in corso un processo non dialettico ma costituzionale», spiega Sali Berisha, che si è offerto sorridente alla curiosità di mezzo mondo. Ma quando se ne va, quando? insistono. E lui: «Aspetto che sia formato il Parlamento, poi che sia eletto un Presidente del Parlamento e che sia formato il governo. Capisco che piacerebbe, se dicessi una data...». Ma è proprio questo, il bello: tacerla, quella data. In ogni modo, se ne andrà, conferma, ed esclude alleanze dell'ultima ora con il nuovo potere. «Non voglio la coabitazione, l'Albania non è ancora matura per questo genere di cose. Insomma, questa è una decisione che devo prendere da solo». Nell'attesa, eccolo lì, pronto a mettere i bastoni fra le ruote ai socialisti che avrebbero una gran voglia di urlare al trionfo, e lo fanno in serata, nella piazza Scanderbeg, e ci sono i leader, i nuovi satrapi: Fatos Nano e Bashkim Fino. Lo fanno anche se i risultati definitivi tardano: forse oggi. Certo, hanno vinto loro, ammette Berisha a malincuore, ma con il sorriso del grande giocatore. Hanno vinto i «vecchi comunisti», ma come fanno a giurare sul ko del pretendente al trono se ancora manca il sigillo sui risultati? E un'altra cosa, preme al Presidente più contestato del momento, almeno in Europa: «Durante la campagna elettorale i socialisti hanno promesso alla gente la restituzione dei soldi bruciati nelle finanziarie a piramide. Milioni e milioni di dollari: come farà questo Stato a tirarli fuori? Vedremo, come farete». Insomma, il guaio è grosso, scoppiato quando tutto il potere era in mano al partito democratico: ma se lo risolvano gli altri, visto che han brigato tanto per arrivare al potere, intende lui, il Presidente. Ecco, loro, i socialisti, hanno voluto le elezioni, e il verdetto dell'urna verrà rispettato, assicura. Anche se «è stato condizionato dai comitati. Cera il terrore, ma noi si è comunque partecipato e il voto non lo abbiamo boicottato, benché, oggettivamente, sia stato meno corretto di quello di un anno fa». I microfoni, le luci della tv, i taccuini e le penne che mulinano non lo mettono certo in soggezione. Lui guarda tutti e sorride, però di un sorriso duro, freddo, quasi considerasse quelli che ha di fronte come suoi nemici. «Non vedo nessuno che possa dire che siano state corrette, queste elezioni. Accettabili, ripeto, accettabili, perché hanno dato la possibilità di imboccare la via per la stabilità del Paese». E proprio in nome della stabilità, o di qualcosa di simile, l'altra sera lui ha ordinato alla Guardia Presidenziale di attestarsi con i blindati nei punti strategici, nelle strade d'accesso a Tirana e davanti alle banche. Naturalmente, la cosa è stata vista in mo- do pessimo da parte socialista. Ma Berisha ricorda che non c'è più ministro degli Interni, da quando Belul Cela è scomparso nel nulla. Lui ha indicato il sostituto in Azer Haydari, uno che s'era messo in mostra nella sommossa studentesca anticomunista del 1991, ma che alla nuova sinistra sembra piacere ancora meno che alla vecchia. Berisha dice: «Secondo gli accordi del 9 maggio, quel ministero spetta al partito democratico, io ho fornito soltanto un'indicazione». Quanto sgradita, l'aveva fatto capire il premier Fino, in mattinata, da quello stesso tavolo dove ora siede Berisha. Aveva detto: «Non tollererò alcuna infrazione alla legge, neppure da parte del Presidente. Nessuno potrà costituire posti di blocco lungo la strada per l'aeroporto, o altrove». Di Haydari, dunque, neppure parlarne. E anche il prescelto aveva usato toni per lui insolitamente cauti, dice chi lo conosce bene: «Sono andato stamane da Berisha, ma la proposta della mia nomina arriva da Tritan Shehu. Berisha dice che manterrà le promesse e se ne andrà dopo il secondo turno. Ma Fino sbaglia, quando assicura che non è competente il Presidente per questa cosa». Per chiarire, poi, aveva aggiunto: «Fino è un ladro. E' lui che ha pennesso a Cela di scappare, anche se ora protesta». Gli aerei per la Turchia volano al completo, mentre è difficile trovare un posto anche sugli aeroplani per Roma e la Germania. Ieri, se n'è andata pure Elisabeta Semini, vicegovernatore della Banca Centrale alba- nese: da dieci giorni con la sua famiglia aveva lasciato casa per motivi prudenziali. Il Presidente lo sa che molti lo hanno abbandonato, e molti altri sono sul punto di farlo, ma minimizza, dice che, in fondo, quelli che se ne vanno sono pochi, «ma il partito è forte e consapevole». E così a nome suo personale, del partito e del suo popolo ha ringraziato l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea, la forza multinazionale e l'Italia. Un greco gli domanda: perché non Atene? «Perché l'Italia ha fatto di più». Sia come sia, è molto attivo e sottolinea tutti i punti opachi che pensa di scoprire. In trenta circoscrizioni, lui non ha dubbi, si dovrà votare di nuovo, non vede altre vie d'uscita e meglio sarebbe rinviare il ballottaggio a domenica 13, poiché i problemi sono numerosi, fa sapere, e sono state scrutinate le schede di 75 circoscrizioni su 115. Secondo questi dati, il voto vede raggiungere dai socialisti il 51,44%, dai democratici il 26,65, dai monarchici il 3,5; in Parlamento entrerebbero otto partiti sui 19 che si erano presentati. Gli ultras di Leka Zogu, il re mancato, inscenano proteste perché loro sì che si dicono certi dei brogli. Hanno manifestato a Scutari, a Lezha, in 200 a Mamurras, a Nord, hanno bloccato la strada e si sono dovuti muovere i blindati. E proteste anche a Tirana, in piazza Scanderbeg, con la polizia che, stavolta, ha sorvegliato a distanza. Ma il re mancato non molla. Vincenzo Tessandori I1ÌIP ' . PHi Durante la manifestazione a Tirana, i fan di re Leka hanno bruciato manifesti elettorali del partito socialista, che accusano di brogli nel referendum per la monarchia