Privacy, il garante dice basta agli «avvisi a mezzo stampa» di Daniela Daniele

Rodotà accoglie il ricorso di Romiti. Altra sentenza: vietata pubblicazione di foto segnaletiche di arrestati Rodotà accoglie il ricorso di Romiti. Altra sentenza: vietata pubblicazione di foto segnaletiche di arrestati Privacy, il garante dice basta agli «avvisi a mezzo stampa» ROMA. L'Autorità Garante per la protezione dei dati personali, Stefano Rodotà, sta spingendo i giornali e le televisioni a cambiare rotta. Stop al sensazionalismo, alt allo scoop a ogni costo. E ieri ha emesso il suo primo comunicato in risposta alla domanda: possono i media diffondere la notizia che una persona è indagata prima che la stessa ne abbia avuto comunicazione ufficiale? Risposta: no, non possono farlo. La domanda l'avevano posta i legali di Cesare Romiti, insieme con quelli di Francesco Paolo Mattioli, per le indiscrezioni, pubblicate sabato 14 e domenica 15 maggio, su un provvedimento giudiziario a carico del presidente e del direttore finanziario della Fiat, ancor prima che i diretti interessati fossero venuti a conoscenza del fatto. Nel comunicato di Stefano Rodotà, si legge testualmente: «La diffusione attraverso i mezzi di informazione della notizia di un invito a comparire davanti all'autorità giudiziaria penale nei confronti del dottor Cesare Romiti e del dottor Francesco Paolo Mattioli, prima che di tale invito avessero effettiva conoscenza gli interessati, costituisce violazione delle nonne a tutela della riservatezza». Si tratta della violazione prevista dall'articolo 9, della legge 675 1996 che prevede che i dati «vengano trattati in modo lecito e secondo correttezza». Il parere del Garante per la pri- vacy è che l'anticipo con cui è stata data la notizia non era assolutamente giustificato dal diritto di cronaca. Diritto che, peraltro, «sarebbe stato possibile esercitare in tempi brevissimi», una volta che gli interessati avessero saputo che cosa stava per succedere. Nella riunione di ieri, l'ufficio del Garante ha dispensato altre tirate d'orecchi a chi lavora nel mondo dell'informazione, stigmatizzando comportamenti ormai acquisiti in ogni redazione, ma non per questo meno criticabili. Si parla della pubblicazione di fotografie segnaletiche, quelle che le forze dell'ordine scattano dopo aver arrestato indiziati di reato e che, a giudizio del Garante, con troppa facilità dispensano agli organi d'informazione. «La raccolta di tali particolari informazioni personali - si dice nel comunicato - è finalizzata unicamente a esigenze di sicurezza pubblica e di giustizia. La loro comunicazione ai mezzi d'informazione fuori di tali finalità non è più permessa dopo l'entrata in vigore della legge 675 sulla privacy». Morale della favola: se si vogliono pubblicare fotografie di arrestati o indagati, bisogna chiederle alle famiglie, ovvero, ottenere il consenso alla loro divulgazione. Sempre in tema di cronaca giudiziaria, il Garante ricorda che è vietato l'uso di manette ai polsi, «salvo in caso di pericolosità del soggetto, di pericolo di fuga» o di circostanze che rendano difficile lo spostamento di un arrestato da un luogo a un altro. C'è poi un capitolo che riguarda i minori. Il Garante risponde al doloroso appello dei genitori di un ragazzino, morto suicida. In questo caso, il comunicato è secco e con il tono di non ammettere repliche: «L'Autorità Garante ha deciso di vietare a tutti gli organi di informazione qualsiasi operazione ulteriore di trattamento dei dati personali relativi alle persone coinvolte nella vicenda». Nel caso al quale ci si riferisce, l'unica cosa che i media sembrano non aver fatto è stata pubblicare il nome del bambino che si era ucciso: hanno scritto dove viveva, dove andava a scuola, in quale classe; hanno fatto parlare dei compagni, hanno indicato la professione del padre e persino la sua origine regionale. Per Mario Petrina, presidente dell'ordine dei giornalisti, le decisioni di Rodotà «sollevano perplessità». Ma molti addetti ai lavori danno ragione al Garante. Per Enrico Mentana, direttore del Tg5, nel caso di Romiti «è ben difficile pensare che il diritto prevalente sia quello alla privacy, dato che si tratta di un atto che sarebbe comunque diventato di dominio pubblico». Quanto alla vicenda del minore suicida Mentana è mvece «convinto che in casi di obiettiva inferiorità di un soggetto nei con¬ fronti del potere persuasivo dei mass media, il diritto di cronaca non sia assoluto ma vada cahnierato». Anche Lucia Annunziata, direttore del Tg3, si schiera dalla parte di Rodotà: «C'è un problema di correttezza evidente - spiega -. Quanto ai suicidi di minori, ho scelto da tempo di non occuparmene, per evitare di innescare l'effetto mutazione». La prima uscita del Garante, quindi, manda segnali chiari: sta per finire l'era del giornalismo alla «sbatti il mostro in prima pagina». Tutti si aspettano, ora, un giusto equilibrio: né sciacallaggio, né censura. Daniela Daniele Più rigide le norme per la pubblicazione delle notizie sui suicidi dei minorenni Cesare Romiti con il sindaco Antonio Bassolino ieri a Napoli A sinistra il Garante per la Privacy Stefano Rodotà

Luoghi citati: Napoli, Roma