Trovatore d'acciughe«Orengo tra microstorie e fantasia»

sulle tracce di un tesoro povero Esce il nuovo libro dello scrittore sulle tracce di un tesoro povero Trovatore d'acciughe Orengo tra microstorie e fantasia s\ IUANDO veniva la Luna di I 1 giugno e le acciughe attraI I versavano come rondoni 1 I l'orizzonte, l'Ernesto diceAZJva che era venuto il moV mento. Portava in spiaggia, sotto il capannone di canne, le arbanelle, i vasi di vetro e un sacco di sale grosso. Dopo la pesca si pulivano le acciughe..., si faceva uno strato di acciughe e una manciata di sale, poi un altro strato di acciughe e un altro pugno di sale. Riempito il barattolo lo si copriva ancora con il sale e qualche grano di pepe... Bisognava aspettare sessanta giorni perché fossero ben cotte. Un po' meno tempo perché dalle mani, strizzando limoni e pomice e sapone di Marsiglia, scomparisse la puzza di acciughe. Quella che mai, lungo i secoli, si è staccata dalla pelle degli abitanti di Moschières e dalle pietre del paese». Da Punta Mortola e da Baia Benjamin alla Val Maira, a Dronero; dai tre vecchi pescatori (il Rebissu che si fa i suoi sigari deformi sbriciolando pesce secco «e un odore aspro s'allungava sul gozzo e sul mare, un colore violastro che prendeva consistenza, disegnando forma e sostanza d'acciuga») agli ancioé di Paglieres, ai Batistin e Notu grandi costruttori di «caross d'ancioe» di Tetti, a Moschières dal nome enigmatico: di qua e di là dalle montagne «la stessa luce melanconica della sera» lungo la via secolare, prima del sale (importantissima come noto: è di ieri la rivelazione dell'accademico dei Lincei Mario Attilio Levi, che Roma fu fondata non sui sette colli ma sul Tevere proprio dai mercanti di sale), poi delle acciughe. E' la via che Nico Orengo percorre con II salto dell'acciuga in arrivo da Einaudi, il suo nuovo libro-conversazione, «un modo spiega l'autore - di uscire dalla forma chiusa, dalle pareti strette del romanzo», una via inedita, da lui appena tentata negli Spiccioli di Montale, nella Figura gigante. Dove, per la prima volta, il «suo» paesaggio, reale e dell'anima, l'ultimo lembo di Liguria aggrappato alla Francia di Miramare e di Ribes, di Le rose di Evita e dell'Autunno della signora Waal, si allarga, va oltre le creste che lo dividono dal Piemonte e Orengo vi entra, grazie all'arma straordinaria di una scrittura che sì, è proprio pensiero, raccontando storia e storie, miti e realtà, «la scoperta del mondo attraverso gli oggetti - dice l'editor Ernesto Franco da via Biancamano -, un incanto che mi fa pensare al Mediterraneo di Matvejevic», come in una seconda «dogana d'amore» scoperta o ritrovata, con la delicatezza di chi era «straniero» e non lo è più. «A lungo sono stato un langarolo - dice Orengo -, fino a che ho conosciuto il Saluzzese, attraverso i troubadours, la marchesa di Bu- sca, gli affreschi di Manta, un grande passato e ho cercato di capire un altro paesaggio dalle sue radici. Così, ho provato a scavalcare le Alpi, a oltrepassare il Tenda, ma dalla parte più alta, dalla Provenza al Roja, seguendo la strada degli "sfrozadori" che per secoli hanno contrabbandato il sale, prezioso come oro, alle spalle dei genovesi, nascondendolo a un certo punto proprio sotto le acciughe, che non valevano nulla. Almeno agh occhi dei gabellieri...». Ecco: siamo al punto della storia in cui le acciughe, portate da chi?, probabilmente dagli islamici, dai Saraceni, cominciano a viaggiare verso l'entroterra e che gli ancioé a poco a poco, verso la fine dell'800, si spingono a portare in pianura, che i contrabbandieri vendono ai pellegrini in viaggio verso Compostela attraverso la Via Lattea. E' anche l'atto di nascita del piatto supremo che Orengo attraverso l'amico Vasco (e in continue scorrerie con gli altri amici, Ugo il pittore ha addirittura un tratto come «il dorso d'una acciuga»), ci insegna a cucinare come nessuno prima, la «bagna caoda» la quale non è detto sia piemontese, forse ligure o anche già dei romani, oggi comunque accompagnata dai cardi di Nizza Monferrato come dalla Philastroca di Ceronetti, dai peperoni «sotto raspo d'uva» e dall'Ode dei Mau Mau, con quel tanto misterioso di noce, fatta d'aglio «rosato», quello di Cap d'Ail. E il cerchio si chiude. L'aglio che terrorizzava le streghe di Triora, benefico sì che «non è l'odor d'aglio a rendere scostante una persona intelligente e libera, ma solo la sua stupidità e prevenzione», come scrive Giovanni Goria nella sua Cucina del Piemonte, è prima di tutto il compagno di vita di Rebissu, di Giga, dell'Ernesto, i lupi di mare in sedicesimo dell'adolescenza di Orengo che li accompagnava «dove saltano le acciughe» e che «tornati dalla pesca, a riva pulivano le reti dalle alghe e dai rimasugli di pesce... Buttavano le alghe fra i sassi e i brandelli in un barattolone di latta Cirio sospesa su un fuoco di pigne e legnetti di risacca. Sul fondo della pignatta Rebissu aveva gettato un po' d'olio, teste d'aglio e ciuffi di finocchi. Poi aveva aggiunto acqua dolce e acqua di mare...». Così per anni, sino a che «i piedi non entravano più nelle scarpe», senza più buttar l'occhio su quella cartolina, l'ultima da Cuneo scritta da Olga, la raggiante sorella rossa di capelli fuggita oltre i monti. Cosa ne sarà stato di lei? L'aveva scoperta un finanziere con sacchetti di sale e piccole banane d'Africa appesi sotto le gonne. E l'aveva «presa» minacciandola: «0 la galera o il silenzio». Olga aveva accettato ma poi un giorno, zac, «tagliò con un rasoio il belino al "terrone"» che fu ricucito ma diventò «il belino del finanziere» per dire «uno che ce l'ha mollo». E «come tutte le sere Rebissu si mette a parlare di punti». «Quanti punti gli avran dato?». 10, 15, 50. E come? «Nodi di Savoia, margherita, a bocca di lupo, nodo di Prusik, nodo di Bulin... E se gli si scuce mentre è lì che ci dà? E se gli si stacca mentre fa un controllo in dogana? Erano come bambini in una barca dell'estate». Come Paolo dei Mutus, a Moschières, tra i monti della Val Maira: ma anche lì c'è odore di morte. Mirella Appiotti Un pesce portato dai saraceni, gustato dai pellegrini, cucinato nel miracolo della bagna caoda Un viaggio a cavallo delle Alpi sul confine dei contrabbandieri Esce il nuovo libro dello scrittore Un viaggio a cavallo delle Alpi sul confine dei contrabbandieri sulle tracce di un tesoro povero Lo scrittore Nico Orengo: il suo ultimo libro si intitola «Il salto dell'acciuga»