Gli animali in paradiso Teologi divisi sull'ipotesi di R. Cri.

Gli animali in paradiso Teologi divisi sull'ipotesi Monsignor Canciani: anche Paolo VI ci credeva Gli animali in paradiso Teologi divisi sull'ipotesi ROMA. Gli animali andranno in Paradiso? Se lo chiede il quotidiano cattolico (Avvenire», a partire dall'ultimo saggio del teologo Eugen Drewermann «Sulla immortalità degli animali», appena pubblicato in Italia. A scanso di equivoci «Avvenire» precisa subito che le tesi di Drewermann «pur affascinanti, mancano di fondamento biblico». Secondo il teologo non deve essere esclusa la possibilità di una immortalità per gli animali, «magari - spiega "Avvenire" - nella visione di un continuo processo di crescita della creazione verso il meglio». Il tema deU'immortalità è associato a quello dell'anima, che sopravvive alla corruzione del corpo. Ma per gli animali si parla di una sorta di anima di serie B. «Gli animali hanno certamente un'anima in quanto esseri viventi - spiega il gesuita Giovanni Marchesi però tra gli animali e l'uomo c'è una differenza sostanziale, perché ai primi manca lo spirito, cioè quel "nefesh", quel soffio divino che se¬ condo la Genesi forgia l'uomo a immagine e somiglianza di Dio». Più possibilista sull'immortaUtà delle le bestie è don Mario Canciani, ex parroco di san Giovanni dei Fiorentini e noto per avere raccolto in chiesa cani e gatti. Secondo don Canciani a dar ragione all'ipotesi che accomuna il destino degli animali a quello degli uomini c'è un Papa. (Ad un bambino desolato per la morte del suo cane, Paolo VI disse: "continua ad essere buono e un giorno lo rivedrai nel mistero di Cristo"» ha raccontato ad Avvenire monsignor Canciani, che del dialogo fu testimone diretto quando ricevette Papa Montini in visita nella sua parrocchia di Acilia. Il giornale cattolico non prende posizione, ricordando però significativamente la raccomandazione di Giovanni Paolo H, contenuta nella «Sollicitudo Rei Socilalis»: rispettare «gli esseri che formano la natura visibile» in linea con San Francesco che li chiamava «i nostri fratelli minori». [r. cri.]

Luoghi citati: Italia, Roma