«La democrazia è per sempre»

«La democrazia è per sempre» «La democrazia è per sempre» Patten: Pechino non riuscirà a eliminarla IL GOVERNATORE TARA LE SOMME PHONG KONG ROCLAMA di non provare «il benché minimo rimpianto» per i cinque tumultuosi anni da ultimo governatore di Hong Kong che hanno fatto infuriare la Cina e impazzire i big della finanza e i locali «mandarini» britannici. Chris Patten si vanta di sentirsi «più fiducioso in me stesso, più combattivo e più pronto a dire la mia» di quando arrivò qui nel 1992. Ammette un solo errore di giudizio: non aver bruciato prima i ponti con Pechino. «Se dovessi fare autocritica, direi che ho permesso che i negoziati andassero troppo per le lunghe, quando ormai era perfettamente ovvio che non avrebbero portato da nessuna parte», dice riferendosi alle infruttuose trattative sull'appropriato dosaggio di democrazia dopo il passaggio dei poteri a Hong Kong. «Sarebbe stato meglio se avessimo fatto saltare il tappo e sottoposto la questione al corpo legislativo». Sir Percy Craddock (ex consulente di politica estera di Margaret Thatcher), che lo definì «gOr vernatore di incredibile timidezza», e altri critici sostengono che il confronto fra Gran Bratagna e Cina si è risolto in una sconfitta per la democrazia. Il parlamento eletto nel 1995 a seguito delle discusse riforme di Patten, riunitosi per l'ultima volta venerdì, è stato rimpiazzato da un corpo non eletto, ma nominato da Pechino. «Abbiamo fissato nelle teste della gente dei cardini che non potranno essere rimossi» dice Patten. «Ora la gente sa che cos'è una libera elezione, e sicuramente ne riconoscerebbe una non libera qualora avesse luogo». Una nuova tornata elettorale legislativa, con regole nuove, è programmata per la prossima estate. A differenza del suo successore, il magnate cinese Tung Cheehwa, Patten ha goduto di un sostegno popolare insolitamente forte. In un sondaggio effettuato la settimana scorsa, ha ottenuto il 79 per cento dei consensi, men- tre Tung si è fermato al 57 per cento. Rita Fan, capo del nuovo corpo legislativo, attribuisce il divario alla «macchina propagandistica» del governo coloniale. Il palazzo del governatore è stato fino all'ultimo pieno di troupe televisive giunte a registrare le salve di una battaglia mediatica che Patten ha. vinto a mani basse. Ma l'ex governatore ringrazia anche i propagandisti dell'agenzia Nuova Cina, la branca locale del partito comunista, per il suo trionfo di pubbliche relazioni. «Hanno dato notorietà internazionale al mio nome. Hanno trasformato un umile politico fallito in un cavaliere dalla corazza bianca. Suggerisco al mio successore Tung di chiedere loro di attaccare continuamente anche lui». Gli insulti cinesi piovuti su Patten («serpente», «disgraziato», «criminale del millennio» e «puttana che ha aperto le gambe per Bill Clinton») si sono rivelati dei boomerang, per lo meno agli occhi della gente senza investimenti di cui preoccuparsi in Cma. «Perché gli danno sempre addosso? Perché non è fiacco come sir David Wilson e gli altri predecessori» ha detto K. K. Cheung, un ingegnere che ha fatto a spintoni per ottenere il suo autografo in una recente visita al quartiere popolare di Kowloon. Alcuni, comunque, lo hanno detestato senza riserve. «E' stato penoso dover assistere a tutto questo - dice Romiie Chan, un palazzinaro il cui ufficio in cima al grattacielo della Standard Charter Bank, di cui è proprietario, guarda al palazzo del governatore -. Non ha fatto che danni a Hong Kong». Chan vede l'abolizione all'ultima ora della legislazione coloniale restrittiva e il tentativo di espandere la democrazia senza il consenso di Pechino come una trama per conservare il controllo del territorio dopo l'ingresso dei cinesi. «Per 150 anni ci hanno governati in un certo modo, e poi è arrivato Patten e ha cambiato tutto, appena prima di restituire la colonia» dice Chan, che è cittadino americano. «Certa gente non sa quel che dice - commenta Patten -. Chi ha un passaporto americano non dovrebbe disprezzare così le libertà civili e i diritti umani, e non me lo vedo a rimpiangere le vecchie forme del regime coloniale». Aggiunge di aver ricevuto molti fax di sostegno dagli uomini d'affari di Hong Kong quando, nel 1992, parlò per la prima volta del nuovo sistema elettorale. «Lodavano la mia forte presa di posizione per Hong Kong. Poi verniero i tuoni da Pechino e alcuni si pentirono di avermi spedito quei messaggi». «Che cosa penso di Hong Kong nel 1997? Che è in gran forma, e spero che la leadership cinese ne tenga conto». Comunque, il suo impero è finito. «Sono stato un governatore coloniale. L'ultimo... a meno che, generosamente, il governo laborista - Patten è conservatore, ndr - non mi mandi alle isole Turks e Caicos». Andrew Higgins Copyright «The Guardian» e per T'Italia «La Stampa» 1S0U CAI MAN ISOLE TURKS E CAIC0S ISOLE VERGINI BRITANNICHE CHE COSA RESTA DELL'IMPERO M COM'ERA NEL 1889 'GIBILTERRA^ BERMUDA O COM'È OGGI o "Po ISOLA oPITCAIM ANGUILLA E MONTSERRAT L'ex governatore Chris Patten con la moglie A sinistra soldati cinesi e a destra Carlo stringe la mano al premier Tony Blair sullo yacht «Britannia» [FOTO ANSA-REUTER]