ORCHESTRA RAI FINALE IN CRESCENDO

ORCHESTRA RAI ORCHESTRA RAI FINALE IN CRESCENDO La Nona di Beethoven alle Serate di primavera IL meditato dosaggio delle sinfonie di Beethoven, proposto dalla Rai per le «Serate Musicali di Primavera» nell'Auditorium di piazza Rossaro, ha lasciato un finale in crescendo. Vediamo subito il calendario: venerdì 27 giugno alle 20,30 e sabato 28 alle 21 l'Ottava e la Quinta; mercoledì 2 luglio alle 20,30 e giovedì 3 alle 21 la Nona. Quest'ultima sarà ancora replicata in un concerto-spettacolo aperto a tutti, venerdì 4 luglio alle 21,15, in piazza San Carlo, per Giorni d'Estate (è un omaggio offerto alla città dalla Fondazione Sanpaolo; il Comune ha previsto di riservare 1300 posti a sedere agli ultrasessantenni, previo ritiro la sera stessa di un tagliando alla Vetrina per Torino, nella stessa piazza San Carlo 159). Si chiuderà così in bellezza la serie di capolavori che più di altro ha contribuito alla notorietà sempiterna del Maestro di Bonn: un'impresa alla quale il direttore onorario dell'Orchestra Nazionale Rai, Eliahu Inbal, si è tuffato con la consueta bravura. Le opere che suggellano la magica sequenza vedono dunque comparire per prime, nei prossimi giorni, l'Ottava e la Quinta. L'Ottava, nella tonalità di fa maggiore, è stata designata con il numero di opus 93 ed è forse la più trascurata di tutte. Un fatto abbastanza strano, dato che si tratta di una mirabile espressione di felicità. La Sinfonia fu scritta tra giugno e ottobre 1812, in un periodo contrassegnato fra l'altro dalla famosa lettera alla «amata immortale» Josephine «Pepi» Brunswick. Nonostante le inevitabili ombre della vita (la salute malferma, le arrabbiature per il fratello che conviveva senza averla sposata con una donna di eccepibili costumi), Beethoven toccava 0 cielo con un dito e la gioia che si sprigiona dall'Ottava ne è eloquente testimonianza. Ma probabilmente, come ha ben sintetizzato Giovanni Carli Ballola, «le ridotte proporzioni di questa "piccola sinfonia", il settecentismo provocatorio di alcune sue parti, i suoi tratti umoristici o francamente burleschi, e quella sua indefinibile stranezza, tra ambigua e capricciosa, disorientarono e delusero il XIX secolo che in essa non riconobbe più il Beethoven della propria mitologia». Ben altra è l'atmosfera che si respira nella «Quinta in do minore», la quale richiese invece una gestazione di circa quattro anni. La capacità di rendere scultoree le idee espresse in modo lapidario e perentorio hanno avuto un ruolo decisivo nella «mitizzazione» di quest'opera, la cui tonalità in do minore già la dice lunga sui sentimenti che la agitano. L'avventuroso percorso, fra travagli e sussulti, che conduce all'esplosione di festa finale tende a un solo scopo, come sottolinea Luigi Della Croce: «Scuotere l'uomo dalla sua acquiescenza al destino e riportare nel suo cuore la gioia». Ed ecco, solenne apoteosi, le maestose architetture della «Nona», che rispetto alle altre sinfonie si avvale dell'apporto vocale: un grande coro misto (in questo caso sarà l'Athestis Chorus diretto da Filippo Maria Bressan) e un quartetto vocale classico (il soprano Eliane Coelho, il mezzosoprano Anne Gjevang, il tenore James Wagner, il basso Albert Dohmen). Le più recenti proposte torinesi, salvo errori, portavano il segno di Giuseppe Sinopoli e di Carlo Maria Giulini. I musicofili già fremono di curiosità per sape- / cardanti Do/unen e Gjevang Sotto Brero

Luoghi citati: Bonn, Torino