Salvate centinaia di vite umane

Salvate centinaia di vite umane Salvate centinaia di vite umane PIONIERE dei trapianti di fegato e uno dei primi a tentare, nel 1964, uno xenotrapianto da scimmia a uomo, il chirurgo Thomas Starzl ha dato un contributo fondamentale allo sviluppo delle tecniche per il trapianto di organi. Dal 1990 dirige l'istituto dei trapianti di Pittsburgh che porta il suo nome. Nel 1992 fu a capo del gruppo di medici, fra cui alcuni italiani, che trapiantarono il fegato di un babbuino in un uomo. L'operazione riuscì, ma la pesante terapia immunosoppressiva espose il paziente a una serie di infezioni che lo stroncarono a settanta giorni dall'intervento. Per i meriti scientifici conseguiti nella sua lunga carriera, e per aver salvato attraverso i trapianti di fegato centinaia di vite, a Thomas Starzl è stato conferito lo scorso 27 maggio a Milano, il premio Chirone dell'Accademia Nazionale di Medicina. Professor Starzl, nel 1967 lei portò a termine con successo il primo trapianto di fegato. Negli anni precedenti aveva tentato altre volte, ma le operazioni erano fallite. Cosa era cambiato in cruel periodo? «Quando iniziammo, nessuno pensava che avremmo mai avuto successo. Ci ritenevano dei pazzi, ed effettivamente non c'era nessun ragionevole motivo per prevedere il cambiamento che si è verificato grazie allo sviluppo delle tecniche di trapianto. I primi tentativi fallirono, ma ci rendemmo subito conto che le cose da migliorare erano sostanzialmente tre. Per prima cosa dovevamo mettere a punto un'efficace terapia immunosoppressiva, perché non eravamo in grado di controllare la reazione di rigetto. Lavorammo molto su questo punto e sviluppammo un farmaco in grado di bloccare la reazione del sistema immunitario. Infine in quel periodo portammo a termine degli studi che ci permisero di verificare fino a che punto la compatibilità fra donatore e ricevente fosse importante. Non potevamo fare di più». E fu sufficiente? «Sì, nel 1966 iniziammo a L grado di bloccare l'azione del sistema del con plemento. Gli esperimenti proseguono, e le prc ve di trapianto di cuore e rene effettuate d grado di bloccare l'azione del sistema del complemento. Gli esperimenti proseguono, e le prove di trapianto di cuore e rene effettuate da maiale a scimmia hanno dato risultati incoraggianti. La reazione di rigetto che si verifica in un secondo tempo è dovuta invece all'attivazione delle cellule sentinella del sistema immunitario, anche loro piuttosto ostili nei confronti del nuovo organo. Tuttavia anche questa difficoltà sembra vicina a una soluzione grazie al chimerismo, un fenomeno osservato per la prima volta da Thomas Starzl nel 1992. Il chirurgo si accorse che dopo un normale trapianto da uomo a uomo alcune cellule provenienti dal nuovo organo invadono i tessuti dell'ospite. Questo fenomeno è alla base dell'accettazione del trapianto da parte del sistema immunitario del paziente, e secondo Starzl può essere indotto anche nei confronti di un organo proveniente da un'altra specie, rendendo possibili gli xenotrapianti. [m. fr.] trattare i primi pazienti con i nuovi farmaci, e ottenemmo il primo successo all'inizio di luglio del 1967. Gli anni precedenti erano stati fondamentali, e le lezioni che avevamo appreso furono applicate in tutti i tipi di trapianti. Barnard che sei mesi dopo avrebbe tentato il primo trapianto di cuore, venne in visita da noi a imparare la tecnica di immunosoppressione, e fornimmo il farmaco a molti altri». E' come se aveste dato il via. «Esattamente. Quando rompemmo la barriera, che era anche psicologica, con il primo trapianto di fegato nel 1967, i trapianti di altri organi seguirono uno dopo l'altro. Cuore, polinomi, pancreas. Diversi chirurghi, con vicende alterne e utilizzando le tecniche sviluppate nel nostro laboratorio, tentarono gli interventi. E ogni lezione appresa da un gruppo trasformava e migliorava le procedure degli altri». Le prime esperienze sull'uomo sono state determinanti per lo sviluppo della tecnica? «Portammo a termine ogni operazione con il massimo rispetto verso il paziente. Fin dai primi tentativi. Prima di allora era stato tentato solo il trapianto di rene, che tecnicamente era il più semplice. Ci rendevamo conto della difficoltà dell'intervento, avevo compiuto l'operazione centinaia di volte su animali prima di tentare sull'uomo nel 1963. Mi ero esercitato su quell'intervento per più di cinque anni. Sapevo che era difficile». In quel periodo lei tentò anche il primo trapianto da scimmia a uomo. Perché, viste le difficoltà, scelse uno xenotrapianto? «Il motivo è che non c'erano donatori. Non avevamo scelta. In quegli anni era molto difficile ottenere gli organi da trapiantare perché, anche se c'era il permesso del prelievo, riuscivamo ad avere al massimo due o tre donatori all'anno. Inoltre c'erano pochissimi centri per la dialisi. Immagini una stanza con sei letti e decine di migliaia di pazienti che aspettano. Il solo modo per uscire da questa situazione era trovare un donatore». Pensa che la mancanza di organi oggi possa essere sopperita solo col ricorso allo xenotrapianto? «Sì, se funzionasse. Il problema non è divèrso da come si presentava nel 1963. Inoltre la situazione degli xenotrapianti oggi è vista esattamente come i trapianti da uomo a uomo erano considerati all'inizio degli Anni Sessanta, quando eravamo davvero in pochi a crederci. Per far fronte alla carenza di organi ci sono solo due possibilità: sviluppare dispositivi artificiali o ricorrere ad animali. La prima ipotesi però è molto difficile da realizzare, vista la complessità di certi organi come il fegato. Gli xenotrapianti devono poter fornire un organo in maniera definitiva, e non solo in attesa di un donatore umano. A cosa serve trapiantare un organo solo per dieci giorni?» Lo xenotrapianto funzionerà? «Ci sono ancora molti aspetti da studiare. Lo sviluppo di animali transgenici e le tecniche che consentono di indurre la tolleranza verso il trapianto attraverso il chimerismo possono determinare una svolta da un momento all'altro. Io sono estremamente fiducioso. Riu¬ sciremo a eliminare le due fasi della reazione di rigetto e a ottenere l'indipendenza dai farmaci immunosoppressori». " Ma ci sono altri problemi, come la trasmissione dall'animale all'uomo di virus e altre infezioni. «No. Queste voci derivano dai gruppi degli animalisti, che combattono per la difesa dei diritti degli animali con argomenti che fanno presa sull'opinione pubblica. La maggioranza delle persone non sta né con i medici né con gli animalisti, ma è nel mezzo, e ascolta le voci che fanno più rumore. Chi si batte per la difesa degli ammali usa questo tipo di argomenti per rafforzare le sue posizioni. In realtà le moderne analisi e le tecniche di biologia molecolare consentono di controllare se l'organo è por¬ tatore di agenti infettivi. Non dico che il rischio sia da escludere, ma è estremamente ridotto». Quanto tempo ci vorrà perché lo xenotrapianto entri nella pratica clùrurgica? «Non si può dire. Nonostante i passi avanti che sono stati compiuti il problema del rigetto non è ancora risolto. Le scoperte nella scienza possono arrivare all'improvviso e cambiare tutto. Nel 1963 capitò proprio così; e quando ci rendemmo conto della necessità di una terapia immunosoppressiva fu come ricomporre un puzzle. Ma la cosa preoccupante della scienza nel 1997 è la mole di informazioni disponibili. Nel 1962 bastava chiudersi in biblioteca per tre giorni e venire a conoscenza di tutto ciò che il mondo sapeva sui trapianti. Oggi non c'è nessuno che abbia una visione così ampia del suo campo di studi. Inoltre la maggioranza dei ricercatori, per pubblicare il maggior numero di lavori possibile, si concentra su un particolare del problema che sta analizzando, e perde la visione globale. Penso che chi sceglie di andare in una direzione diversa non lo fa per ambizione personale, ma per motivazioni più profonde».

Persone citate: Barnard, Chirone, Professor Starzl, Starzl, Thomas Starzl

Luoghi citati: Milano, Pittsburgh