Arbusti e licheni per pulire l'aria

Arbusti e licheni per pulire Paria Arbusti e licheni per pulire Paria LM inquinamento dell'aria non riguarda solo le città ma anche le zone agricole e forestali in quanto la composizione dell'atmosfera ha subito un cambiamento nei costituenti minori, come il biossido di carbonio, il metano, gli ossidi di azoto, il biossido di zolfo, l'ozono e i clorofluorocarburi. Per avere informazioni sullo stato di un ecosistema si può ricorrere all'impiego di qualche sua componente sensibile. Largamente utilizzati sono stati e sono i licheni, che vengono ora affiancati da altre specie vegetali che possono agire come un filtro degli inquinanti esercitando un'azione purificante. I meccanismi di deposito delle polveri sulle foghe vengono studiati con ricerche di laboratorio: così ad esempio si è compreso come particelle di dimensioni variabili tra 1 e 50 millirnicron possano essere trattenute facilmente sulle superfici a seguito della presenza di umidità, dovuta al processo di traspirazione e all'emissione di sostanze naturali in grado di svolgere un'azione adesivante. La metodologia tradizionale prevede l'impiego di camere di fumigazione, una delle quali funge da controllo ed è ventilata con aria filtrata e le altre ricevono aria addizionata di inquinanti secondo livelli diversi. Nelle camere sono allevate specie vegetali sottoposte a periodici controlli, i danni che si riscontrano consistono in clorosi (ossia ingiallimenti), necrosi (morte delle cellule), ritardi di crescita, riduzioni di sviluppo e disturbi nei processi riproduttivi. In questo modo è possibile giungere a formulare un quadro della sensibilità delle varie specie ai diversi inquinanti. Ad esempio molto sensibili al biossido di zolfo sono l'avena, il pege, l'indivia, il lupino, mentre resistenti risultano il berberis, il mughétto, l'ortensia, il cetriolo e il ligustro. In campo forestale si è assistito a un indebolimento di numerose specie sia in zona montana sia nella regione mediterranea. Il Cnr ha promosso già da alcuni anni un progetto di ricerca a cui partecipano sette Unità operative appartenenti a università di diverse città italiane (tra cui Torino) per valutare la possibilità di utilizzare gli arbusti ornamentali quali indicatori biologici deU'inquinamento atmosferico. La scelta degli arbusti è stata fatta sia in base al notevole impiego nel verde urbano (piazze, viali, strade, crocevia), sia perché possiedono una notevole polifunzionalità, contribuiscono non poco a contenere gli interventi di manutenzione, inoltre valorizzano gli ambienti colpiti da fenomeni di degrado. Spiree che in giugno ri¬ curvano i loro steli ricoperti di minuti fiori bianchi, mahonie dalle foghe cuoiose che d'autunno portano su di sé centinaia di bacche blu indaco, forsizie che con i loro fiori gialli annunciano che l'inverno è ormai lontano, tanti viburni, dall'Opulus (la palla di neve), al Tinus, al Ritidofilhim con foghe dalle nervature pronunciate, rose a cespuglio, Cotoneaster e pyracantha hanno come pregio la rapidità di accrescimento, una certa frugalità nei riguardi del terreno, la resistenza alle avversità climatiche e la capacità di esaltare e sottolineare le strutture architettoniche presenti in ambito urbano. La ricerca, che si protrarrà ancora per tre anni, consiste nell'effettuare campionamenti di foghe di differenti arbusti localizzati in siti caratterizzati da livelli diversi di inquinanti rigorosamente misurati ad esempio una piazza situata all'incrocio di quattro arterie stradali a forte traffico, una via con forte transito veicolare, una zona collinare, un parco pubblico. Le foghe sono sottoposte ad analisi chimiche presso il Dipartimento di Chimica analitica per valutare la presenza di metalli pesanti e di polveri, ad analisi della clorofilla, Qui sopra un prunus laurocerasus, dal «Trattato di floricolturra» ediz. Edagricole Bologna, disegno di Daria Mossello dei carotenoidi, ad osservazioni al microscopio a scansione attraverso la disidratazione su paraffina presso il Dipartimento di Biologia vegetale per valutare la composizione dei tessuti delle foglie e all'analisi del colore per comprendere eventuali variazioni cromatiche delle foghe in relazione alla differente presenza di inquinanti seguendo il metodo della colorimetria tristimolo secondo una tecnica usata per i tessuti e trasferita al mondo vegetale dal professor Barni. Nelle ricerche condotte finora si è verificato un diverso comportamento delle piante in funzione dei siti e in particolare la diversa capacità delle specie a intercettare gli inquinanti a parità di sito e di epoca di campionamento. Il lauroceraso è una specie assai resistente rispetto alle altre saggiate. Dall'esame delle sezioni fogliari è stato pos sibile notare l'integrità dello strato epidermico e cuticolare nelle foghe di piante presenti in collina (cioè in zona meno inqui nata) mentre nelle altre zone so no apparse alterazioni marcate consistenti nel collasso cellulare e nella disgregazione delle mem brane delle pareti cellulari e nel sito più inquinato fessurazioni dello strato cuticolare. Elena Accati Laura Ferro

Persone citate: Barni, Daria Mossello, Elena Accati Laura, Paria

Luoghi citati: Bologna, Torino