PLATONE FA DEL SESSO UN ESERCIZIO MISTICO

PLATONE FA DEL SESSO UN ESERCIZIO MISTICO PLATONE FA DEL SESSO UN ESERCIZIO MISTICO mente hcenzioso» rispetto al paradigma dell'amore-conoscenza? Si tratta semplicemente di una definitiva condanna dell'inautentico estetico, da intonarsi con sollievo, insieme al coro finale della «buona gente» dopo la dipartita di Don Giovanni, per il trionfo della moralità monogamica, figlia dihgente dell'amore religioso? In realtà, nota Curi, il mito è più complesso. La metaforica della non-verità, del negativo, anche qui è dominante, e la sottolinea Mozart stesso, nelle sue variazioni al testo di Da Ponte, reiterando qui e là formule decisive: «Chi son io tu non saprai», «Non è vero quel discorso»... Il quadro si ricompone: l'amore toma a essere la forza oscura a cui ambiguamente si è affidato il compito cu sostenere e correggere la chiarezza troppo accecante e ovvia della conoscenza intellettuale. Franca D'Agostini EROS DEMONE MEDIATORE Giovanni Reale Rizzo//' pp. 274 L 29.000 classicista come Reale. Devo subito dire che io detesto, per libri. Ho sempre l'impressione che chi li scrive voglia scroccare mia tangente di notorietà all'autore che tratta e che faccia come il cuculo, il quale va a deporre le uova nel nido altrui. Con la differenza, però, che le uova dei critici sono generalmente sterili e quindi non schiudono. Fuori di metafora: era davvero necessario aggiungere un altro saggio alla sterminata bibliografia su Platone? A me pare che egli si faccia capire benissimo e che non abbia bisogno di interpreti o di sensali letterari. Chi potrebbe dire le cose meglio di come le abbia dette lo stesso Platone, che è nello stesso tempo un grande filosofo e un grande stilista? Ciò che Reale ha da dire sul Simposio è già sunteggiato nel risvolto di copertina: «Giovanni Reale avanza una nuova, organica interpretazione del dialogo valorizzandone proprio l'aspetto teatrale, e lega questa lettura ai suoi rinnovati studi sulle dottrine non scritte di Platone. Eros dèmone mediatore si propone così come guida alla comprensione di imo dei testi chiave della nostra civiltà». Egli parte dalle riflessioni di Nietzsche «sui rapporti fra ciò che è profondo e la maschera». Nietzsche non guasta mai ed è un ingrediente che si adatta a qualsiasi cibreo, come il rosmarino. Nessun dubbio, comunque, che il folle Zarathustra, da bravo commediante qual era, s'intendesse molto bene di maschere. Poi l'autore fa un esame del Simposio, il cui tema è l'amore, e scandaglia uno L professor Giovanni Reale scrive, giustamente, che il Simposio di Platone «è da tutti riconosciuto come un capolavoro assoluto». Poi aggiunge che «proprio per la sua grandezza non è facile da intendersi». E qui siamo meno d'accordo. Anche quel non facile da intendersi, al posto di non facile a intendersi, suona male in bocca a un fine principio, i libri che parlano di altri per uno i discorsi dei vari convitati, da Fedro a Socrate, che per l'occasione si nasconde dietro la maschera della sacerdotessa Diotima di Mantinea. Ma di che amore si tratta? Questo è il problema. A parte il gusto greco per la pederastia, qui tutto è rarefatto o mitizzato; e l'amore, la più violenta e tirannica delle passioni che agitano i poveri figli della terra, viene nebubzzato e trasformato in una specie di unio mystica. Solo Erissimaco, un medico, sembra avere i piedi sulla terra, perché dice che l'amore non riguarda unicamente gli uomini, ma tutti gli esseri viventi, anche se poi accetta, al pari degli altri convitati, la distinzione tra Eros celeste ed Eros volgare, tra Afrodite urania e Afrodite pandemia. Insomma Platone spiritualizza l'amore e ne fa, come dice Reale, una copula mundi tra il sensibile e l'intelligibile. Direi che in queste grandi affabulazioni ci sia più poesia che filosofia. In realtà l'amore, per quanto etereo possa apparire, è solo e sempre radicato nell'istinto sessuale, il quale è comune a tutti gli esseri viventi, dal più piccolo al più grande; e non c'è alcuna differenza essenziale tra il cervo che bramisce e il poeta innamorato che scioglie inni alla sua bella. Lo scopo è sempre lo stesso, comunque lo si persegua: perpetuare la specie. Si veda, al riguardo, la tremenda Metafisica dell'amore di Schopen¬ hauer. Neppure Freud, che del resto saccheggiò Schopenhauer, disse cose così profonde sulla vera natura dell'amore. Nel bellissimo libro di Vintila Horia, La settima lettera (ed. Fogola), il tiranno di Siracusa dice al filosofo: «Platone, tu conosci poco gli uomini». Meno ancora doveva conoscere le donne e si ha l'impressione che non sia mai volato sulle penne a qualcuna di loro. Il che po¬ trebbe anche essere una grande fortuna, però non una buona base per parlare dell'amore. In fondo si conosce solo ciò che si è o che si vive. Le cose che dice Platone sono dei sogni. Sublimi, certamente, ma pur sempre sogni. In questo povero mondo non c'è posto né per la sua Repubblica né per l'amore da lui ideato come veicolo di perfezione etica. Un frammento di Timone di Fliunte, tramandatoci da Diogene Gruppo Pubblicità Italia

Luoghi citati: Italia, Siracusa