LA DIDATTICA DELL'AMORE

FILOSOFI Eli FILOSOFI Eli LA COGNIZIONE DELL'AMORE Umberto Curi Feltrinelli pp. 318 L. 40.000 Quale rapporto Ira la conoscenza, la luce della verità e la forza oscura delle passioni? Umberto Curi intreccia un affascinante percorso LA DIDATTICA DELL'AMORE Da Socrate a Don Giovanni OPO aver dedicato un libro alle «figure» della dualità {Endiadi, Feltrinelli, 1995), Umberto Curi si misura, in La cognizione dell'amore, con il movimento della dualità, ossia con quella forza tipicamente antivalente, profondamente filosofica e oscuramente irrazionale, il cui mito attraversa tutta la nostra cultura, e che è l'amore. A partire dalla grecità classica e fino al Don Giovanni di Mozart-Da Ponte, la vicenda è piuttosto chiara, anche se ricca di articolazioni, digressioni, scarti e ricorrenze. C'è anzitutto un paradigma «classico» dell'erotologia occidentale, che domina l'antichità platonica e la sua prosecuzione medievale, e che si disgrega, in parte, nell'età moderna. Si tratta del rapporto di tensione e insieme affinità che lega amore e conoscenza. Ad esso è dedicata la prima parte del libro. Perché Platone ritorna così spesso, nei dialoghi della maturità, sull'elaborazione di una teoria dell'amore? Che cosa significa e che cosa nasconde questa insistenza? La risposta offerta da Curi è illuminante: in realtà si tratta di difendere la figura del filosofo, ridicolizzata e disprezzata dalla communis opinio ateniese, e anzi costruirne una apologetica preliminare, per avvalorare la teoria dei filosofi-governanti, esposta nella Repubblica. e ineffettuale. Non resta dunque, per avvalorare tutto ciò, che una didattica dell'amore: il richiamo a una esperienza di condivisione, di incontro. «Non è, questa mia, una Sin dagli albori della civiltà filosofica, la nozione di filosofia non si spiega se non attraverso una forma di amore intellettuale che appunto Platone si assume il compito di tematizzare. A parte il noto mito dell'amore-filosofo, figlio della povertà (Penia) e del limite (Porosi, va detto che l'inafferrabilità dell'oggetto (la filosofia parla di nulla, ovvero dell'altrove ideale) l'indefinibilità magica del metodo (ricordiamo la misteriosa maieutica di Socrate e rimprevidibilità dell'incontro dialogico in cui «accade» la verità), la tragica assenza di professionalità del vero filosofo (una competenza da incompetenti) fanno della filosofia intesa al modo platonico la causa persa dello spirito, il supremamente inconsistente Giovanni Reale