Quella concretezza di Vermeer OLTRECONFINE

2.. 2.. LA STAMPA Giovedì 26 Ghigno1997 J. M. Montìas ci mostra la vita quotidiana del pittore: famiglia, soldi, religione, lavoro v | A storia dell'arte' appare in piena fioritura. Non ci sono mai state più mostre, più cataloghi, più articoli. Il mio granI I de amore è Vermeer, il più contradditjsU torio e misterioso dei pittori. E che cosa fanno gh storici con lui? Lo interpretano. E' come se un amatore spiegasse che la Sesta di Beethoven imita una tempesta e un ruscello. Uno può anche sentire il ruscello e il fulmine, ma non si impara granché su Beethoven. Vermeer è misterioso per la sua tecnica, che sembra cristallina e strutturata, ma che in dettaglio si rivela sfuocata e quasi impressionistica nell'uso della luce; per i suoi soggetti che, almeno nei dipinti più famosi, sono quasi sempre donne impegnate in quei tipi di attività che hanno sempre caratterizzato la loro integrità (casa, musica, corrispondenza); e per la nostra reazione a un mondo così ap- Qu OLTRECONFI Quella concretezza di Vermeer parentemente perfetto. Il magistrale Vermeer and his Milieu di J.M. Montias ( 1989) non demistifica Vermeer. Ce lo mostra invece nel suo quotidiano: i soldi, la famiglia, la religione, il lavoro. Il libro ce lo mostra anche come essere umano. So che è all'opposto delle teorie più di moda, ma non è certo rifacendoci alle allegorie e alla semiotica che capiamo perché la Bergotte di Proust morì contemplando l'angolo giallo di tetto nella tela intitolata «Panorama di Delft». E' leggendo Montias eer (tradotto da Einaudi), oppure le straordinarie pagine di Zbigniew Herbert sulla vita olandese e sulla pittura nel XVTI secolo (Stili Life with a Brulle, 1991), che possiamo squarciare il velo su quello che è il più introverso e contraddittorio degli artisti. Quegli interni, quelle donne, la luce che le avvolge e le nasconde, l'atmosfera, quegli arredi, le perle e i corpi, derivano tutti dalla realtà della vita quotidiana di Vermeer e dalla sua visione, ispirata da Dio, di un mondo umile e stabile. Non c'è molto da stupirsi se lo ammiriamo: con quella quiete domestica, quella applicazione per i dettagli, quella sobrietà e quella chiarezza, è del tutto alieno alla nostra epoca. Vermeer ci offre il concreto, niente gesti, niente segni. Keith Botsford Così si capisce il perché ai quella sua devozione peri dettagli: niente gesti, niente segni TORINO CAPITALE DEI GIOVANI ROMANZI Tanti esordienti, ma non c'è una linea comune Un solo dato lega i nuovi narratori: la distanza che li separa da ogni moda cannibale Dallo Strega a Barbero nel '96 alt ingresso nella cinquina del Campiello dì Enrico Pellegrini

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