Bossi il nemico da battere è D'Alema

IL POPOLO DI UMBERTO Il comizio del senatur, che conferma «elezioni in tutto il Nord il 26 ottobre» Bossi: il nemico da battere è D'Aleniti Ai 15 mila di Pontida: liberiamoci da Roma PONTIDA DAL NOSTRO INVIATO «Quando la gente è disposta a morire nel pantano, non c'è più niente da fare...», è la minaccia di Umberto Bossi e dei quindicimila, forse ventimila leghisti che affollano il prato di Pontida, il «prato sacro dei giuramenti» e oggi del fango alto dieci centimetri, con la pioggia che vien giù per ore e loro niente, immobili. A sventolar bandiere verdi e pure quelle di San Marco «perché qui siamo fratelli tra fratelli, fili d'erba tra fili d'erba». Umberto Bossi voleva mostrare i muscoli, sfidando la pioggia e «Roma canaglia». E allora parla per due ore, «perché io non sono né come Scalfaro né come D'Alema che se avessero visto quest'acqua, sarebbero rimasti a casa». Poi lancia la sfida, quella definitiva: «Il 26 ottobre il popolo del Nord voterà i suoi rappresentanti. Saranno ele- zioni libere nella Padania libera. Verrà la legalità padana, poi toccherà al Parlamento del Nord mediare». Dopo i gazebo del referendum, Umberto Bossi pensa ad elezioni libere in libero suol. Vuole il riconoscimento, la legalità padana, che tutti si mettano in testa quello che ha scritto il New York Times, pochi giorni fa. Cita: «Hanno scritto che l'Italia dovrebbe essere estromessa dal G7 per lasciar posto all'Italia del Nord. Non hanno scritto Padania, ma fa lo stesso, si capisce». Qualcuno dal prato applaude fuori dal coro, un altro grida solitario. Umberto Bossi, li zittisce entrambi: «Silenzio, che questo è un luogo sacro, dove si viene in pellegrinaggio». E giù con la storia del prato che forse non è nemmeno questo, del giuramento di Alberto da Giussano, di Federico Barbaros- sa «il tedesco battuto così come noi batteremo Roma. Solo allora, potrà esserci spazio per le mediazioni. Faremo una nuova pace di Costanza». «Basta non fare come i celti, che si divisero e furono sconfitti», è il messaggio più sentito di Umberto Bossi. Con chi se la prenda, non lo dice apertamente. Né spiega chi siano «quei dirigenti del movimento che vorrebbero trattare con Roma». Ma è forse al Veneto, ai secessionisti affascinati dagli otto di San Marco, che guarda Bossi. Fabrizio Comencini segretario della Lega per il Veneto, non ha dubbi: «Bossi è il nuovo capitano del popolo che fermerai turchi». O i romani, purché si tratti di centralisti. Applaude Roberto Maroni a cui spetta dare l'annuncio per le elezioni del 26 ottobre, e applaudono pure Erminio Boso, Domenico Cornino, Marco Formentini che finisce urlando «viva la libertà dei nostri popoli». L'ex ministro dell'Industria Giancarlo Pagliarini, è il primo a segnalare un pericolo: «Noi andremo casa per casa a spiegare le nostre ragioni. Solo la magistratura può bloccare il processo di presa di coscienza della gente». Di magistrati parla anche Umberto Bossi. Uno, lo cita più volte. E allora partono gli insulti, i cori di «buffone, buffone» all'indirizzo di Guido Papalia, procuratore capo a Verona. Quello che ha messo sotto inchiesta le camicie verdi e pure il Serenissimo Governo Veneto. «Nessuna repressione poliziesca ha mai fermato la rivoluzione. Caro Papalia, da noi non troverai mai fucili, da noi trovi il cuore e il cer¬ vello», tuona Bossi. Che è pronto alle ritorsioni: «Avranno anche 500 mila poliziotti ma non pensino di usarli contro di noi. Se alzeranno i loro fucilini, noi glieli metteremo in quel posto». Legalità e democrazia sono le nuove parole d'ordine del leader della Lega. «Perché noi non siamo né fascisti né comunisti, non vogliamo buttar via una vittoria che è già certa», giura lui dal palco. E rispedisce al mittente, i sospetti che a volte piovono sulla voglia di menar le mani dei leghisti: «Ma va là, lo dice anche Silone che le bombe le mette chi le maneggia ogni giorno, le mette la polizia». D. rischio, sostiene Bossi, è che si creino i «fascismi verticali». Insomma, che magistrati, bombaroli e carabinieri si mettano d'accordo per far fuori la Lega e il popolo padano. «Visto che a Roma, che è il contrario di Amor, dicono che in Padania ci sono troppi padani», ri¬ pete lui, da mille comizi. Tanti i nemici di Roma, per Umberto Bossi. Che attacca: «Uno è Massimo D'Alema». E in un colpo solo paragona il presidente della Bicamerale nonché segretario del pds, a Hitler, Mussolini e Stalin. «Prima ha usato gli strumenti democratici per andare al potere poi ha cambiato le leggi», urla nel microfono all'mdirizzo del leader della Quercia. E ancora: «Quello lì ha studiato troppo a Mosca, ma gli hanno insegnato a fare i colpi di Stato, anziché la rivoluzione». Alle 15, dopo due ore filate, il leader del Carroccio saluta ricordando l'appuntamento del 26 ottobre, con le elezioni padane. Qualcuno dal palco giura che «così come l'uomo è nato dal fango, dal fango di Pontida nascerà l'uomo padano». E finalmente spunta un po' di sole. Fabio Potetti ►SS* II leader del Carroccio Umberto Bossi al comizio di Pontida