Al seggio col boss in smoking A Valona le bande armate controllano le urne

Al seggio col boss in smoking Al seggio col boss in smoking A Valona le bande armate controllano le urne NEL FEUDO DI ZANI VALONA DAL NOSTRO INVIATO Nel seggio numero 28 sono esattamente le undici e sette minuti quando l'unzione della democrazia tocca il pollice di Aphrodite Dervisha, 86 anni, prima votante della giornata. La signora osserva perplessa il dito appena spruzzato di liquido antibroglio (quello che marchia l'elettore e gli impedisce di rivotare, quanto meno con la stessa mano), dà una leccatina di controllo, viene presa sotto braccio da un energumeno paffuto e trascinata nella cabina, da dove si ode chiaramente la voce dell'uomo dire: «sh'noktu», segna qui. L'accompagnatore si chiama Berti Velaj ed è rappresentante del partito socialista. Prima di prendere sotto braccio la seconda vecchietta e costringerla alla medesima operazione, ha il tempo di dichiarare al cronista: «Queste elezioni? Regolarissime». Nella stanza del seggio una trentina di persone sta urlando, fuori dalla porta una piccola folla minaccia ritorsioni, due soldati greci della forza di protezione vengono strattonati con pretesti vari. Schede giunte con un'ora e mezzo di ritardo entrano ed escono dalle urne piegate in due, in quattro, in otto o a forma di barchetta. La presidente, Negime Pulaj (prelevata a casa dopo rinuncia di tale Agim Bushi, del partito di Berisha) batte i pugni sul tavolo cercando di sovrastare il caos, chi c'è c'è, voti chi può, una donna piange perché abita qui da cinquant'anni ma sugli elenchi elettorali non esiste. Che grande giorno, signori, quale straordinaria esperienza trovarsi al centro di questa mutazione democratica. I candidati del Presidente sono chiusi a casa, riparati a Tirana o al massimo attaccati in effigie sui muri, Valona è liberamente plebiscitaria verso il partito socialista. Pensate, sta per suonare mezzodì e non c'è stato neanche un morto. Non c'è stato ancora, ben in- teso. Adesso, per esempio, che è calata la sera e qualcuno ha cominciato i conteggi, si è ripreso a sparare con ritmi sostenuti. Saranno spari di festa forse, o i primi regolamenti di conti, lo si scoprirà questa mattina. Ma insomma, è andata: e se qualcuno pensasse di invalidare queste elezioni venga qui adesso, faccia un giro per queste stradine semideserte come al solito e venga a scoprire cosa c'è dietro l'angolo. Dietro quest'angolo, ad esempio, c'è una «Vespa» senza targa con due uomini che non hanno bisogno di domandare poiché spianano i mitra. Siamo a Cola, quartiere semicentrale dove l'urbanizzazione è alquanto carente. Strade sterrate interrotte da blocchi di cemento, palazzi butterati con padelle satellitari schierate come grandi orecchie in ascolto. E' il regno del signor Caushi, meglio noto come Zani, quello che dichiara guerre e decide tregue. Questi due signori in scooter sono i suoi vigili urbani. Mostri gli accrediti, puoi passare, sono loro stessi a scortarti lungo questo labirinto silenzioso dove di colpo, fatta una svolta, esplode il delirio. Beh, Zani dev'essersi montato la testa. A po- chi metri da qui c'è la scuola che ospita il seggio 106, prima della scuola c'è un bar, dinanzi al bar un'orchestrina che tambureggia su ritmi turcheschi e avvolta in questi ritmi una folla di uomini e vecchiette (in questa città, per sicurezza le ragazze restano in casa) si scatena in danze, ancheggiamenti e risate. Zani è nel bar, alto, bello e ingessato in un incredibile smo- king con farfalla rossonera, scarpe di vernice e coniglietto aureo di «Playboy» all'occhiello. Alle presentazioni si mostra cordiale, il cognome del giornalista gli suona. «Quand'ero in galera, in Grecia, avevo un compagno di cella che si chiamava come te». Stiaordinario. Lui beve birra, offre aranciata, fa distribuire fra i danzatori alcol e agnello arrosto. Ma cosa sta succedendo? «Questa è una festa, la festa per la fine di Berisha. Il solo vero bandito è lui. Io voterò per il partito socialista, per Luiza Hoxa, e nel mio quartiere stanno votando tutti». Sembra la scena di quei film che d'estate riappaiono nottetempo sulle piccole tivù private. Quei simil-«Borsalino» Anni Settanta con guardie del corpo sdentate, mitra magliette e basettoni, un'umanità tanto patibolare da sembrar fatta di comparse. Anche qui i presidenti di seggio di Berisha avevano dato forfait ma gli uomini di Zani sono andati a prenderli a casa, uno per uno. Qui dev'essere tutto re- golare. Nella scuola media che ospita il seggio adesso c'è un'aria di festa, dopo danze e bevute la gente va a votare ridendo, protetta da un poliziotto inagrissimo e disarmato mentre una trentina di energumeni con kalashnikov si assicurano che la democrazia sia salva. Zani intanto finisce la sua birra, toglie una goccia di liquido dal risvolto dello smoking e torna a rivolgersi all'uditorio coi toni misurati del capo. «Cosa succederà domani? L'avete visto tutti, qui la gente è stata pacifica e pacificamente farà fuori quel porco di Berisha». E se invece, per assurdo, Berisha vincesse nel resto del Paese? «Può la terra aprirsi in due?». Complimenti, signor Zani, lei ha il talento dei poeti. ((A scuola ero bravo in letteratura... Comunque, dicevo che è impossibile. E dunque non appena i risultati saranno noti su questa città crescerà l'erba e spunteranno i fiori». Il riferimento all'«erba» magari è imprudente, ma dimostra nel personaggio una certa buonafede. Dunque, signor Zani, lei dice che se a Valona vincono i socialisti anche le bande smetteranno di combattersi? «Sicuramente. Kakami, quello che dice di combattermi, è uno che prende i soldi da Berisha e dunque appena quello scompare scomparirà anche lui. Vedrete, poche ore e tutto sarà a posto». Speriamo. Ma questa mattina, svegliandoci nella nuova Valona democratica, difficilmente potremo cancellare la scena vista ieri. C'erano due finlandesi, osservatori Osce, che coi loro bravi cappellini gialli erano giunti a Cola per controllare la regolarità del voto. Li ho visti sgranare gli occhi dinanzi alla festa turchesca, essere ingoiati dalla folla, accennare movenze da danzatrici del ventre per compiacere il pubblico. Qumdi, sedere rassegnati dinanzi al Capo per ricevere ossequienti il suo saluto e la sua benedizione. Giuseppe Zaccaria Il Presidente al seggio: riconoscerò pienamente anche un risultato sfavorevole ma è presto per parlare di coabitazione Festa in piazza con musici, cibarie e kalashnikov «Oggi è la fine di Berisha il gangster Ora in questa città crescerà l'erba spunteranno i fiori» Una anziana appena arrivata viene trascinata in cabina da un energumeno Si sente la voce dell'uomo che grida: devi segnare qui A sinistra un soldato italiano con un ragazzino albanese a Tirana Sopra, un seggio e a destra il boss Zani va a votare circondato dai suoi fidi in armi (FOTO ANSA-REUTfR)

Luoghi citati: Grecia, Tirana