In Albania alle urne più del 60 per cento. Una raffica di mitra colpisce un elicottero italiano Testa a testa tra Berisha e i socialisti di Vincenzo Tessandori

In Albania alle urne più del 60 per cento. Una raffica di mitra colpisce un elicottero italiano In Albania alle urne più del 60 per cento. Una raffica di mitra colpisce un elicottero italiano Teshi a testa tra Berisha e i socialisti Dai primi incerti dati sarebbe in vantaggio la sinistra TIRANA DAL NOSTRO INVIATO Si è votato, in un modo o nell'altro si è votato. Più o meno secondo regole democratiche, più o meno in tutta l'Albania, più o meno in libertà. E sigillate le urne, Dio solo sa còme, ecco il trionfo dell'ansia, dell'impazienza, deU'inquietudine. Così, un quarto d'ora dopo le 18, ora fatidica, Gene Pollo, segretario del partito democratico, dichiara gongolante che, in base a due exit-poi, calcoli spesso inesatti, «abbiamo vinto a Durazzo e ad Elbasan». Ma poi i dati davano Elbasan, Kruja, Valona e Kucova in mano ai socialisti; Tropoja, la patria del presidente Sali Berisha, in parità, mentre a Saranda, priva di controllo, il successo del partito della minoranza greca era già contestato. I socialisti, battuti secondo questi numeri, rispondono duro, a Radio Koha: ((Abbiamo vinto noi, con i due terzi dei voti». Nano alle 22.45 dichiara soddisfatto: ((Abbiamo conquistato 60 collegi su 115, quindi abbiamo il 57%». Naturalmente si riferisce al maggioritario. E nell'elezione parallela, il referendum repubblica-monarchia, Leka Zogu si è battuto incredibilmente bene. Lui parla di vittoria. Il controllo sui voti stamani. «Fitore, fitore», «Vittoria, vittoria», avevano ripetuto al loro apparire al seggio il presidente Sali Berisha e il primo ministro Bashkim Fino. E «fitore» aveva detto Fatos Nano. Un assassinio, alcuni atti di violenza, contrattempi, la paura diffusa che ha consigliato di tralasciare controlli seri nelle zone davvero a rischio, come nel Sud e nel Nord più profondi, tutto questo scoloriva con l'avvicinarsi della chiusura delle urne, quasi si trattasse di banale normalità. I seggi sono stati aperti alle 7, ma il duello fra socialisti e democratici, perché di questo si è trattato, è entrato nel vivo quando Berisha ha lasciato il suo appartamento al secondo piano di Palliati 543 in Prokop Mizogari, una strada interna, in terra battuta, polverosa e stretta. Quindi, con la moglie Iiri si è diretto, in au- to, alla scuola Jeronim de Rada, che è sulla via Fortusi, distante sì e no 200 metri. Al seggio è arrivato dopo 120 elettori, ha riscosso una piccola dose di applausi, si è fermato per una breve dichiarazione lunga quanto un mezzo comizio, quindi è salito al primo piano, ha preso le due schede, quella per il voto politico e l'altra, per il referendum fra repubblica e monarchia. Si è chiuso nella cabina di destra ed è stato rapido nella scelta. Foto di rito, ancora sorrisi. «Sì, riconoscerò pienamente il risultato del voto», ha promesso. Ma dovesse andar male, gli hanno chiesto, dovessero spuntarla gli altri, lei darà le dimissioni? «E' ancora presto parla- re di una coabitazione in Albania». Dall'altra parte della città, nello stesso momento, Fathos Nano infilava nell'urna la scheda per il voto politico dopo una studiata esitazione. Ma quando l'ha cacciata giù, aveva l'aria di chi dice: «I giochi sono fatti». In realtà, ha detto altro. Ha detto: «Siamo certi della vittoria, solo un errore del computer ce la potrebbe togliere». In tal caso, partito democratico fuorigioco, oppure è possibile la coabitazione? «Sì, è possibile. E se il partito democratico è in grado di diventare un partito veramente europeo, tutto è possibile. Ma senza Berisha». Per Bashkim Fino, il premier, era la prima volta, qui a Tirana. Lui, che è stato sindaco di Argirocastro ed è stato scelto tra i socialisti come primo ministro perché, dicono in molti, la sua nomina non avrebbe dato un'ombra a nessuno. Ha votato nell'asilo numero 31, dove votava Enver Hoxha, nel quartiere chiamato Block, quello proibito, in quegli anni, alla gente comune. Appariva a disagio, nel suo vestito blu ornato da una cravatta con clamorosi disegni geometrici. «Fitori», ha ripetuto. Non c'è stata la corsa alle urne, ma neppure il deserto e così è stata doppiata la boa del 50 per cento, intorno alle 15, e alle 20, la commissione elettorale, proclamava che il 60 per cento degli elettori aveva esercitato il proprio diritto. Elezioni valide, dunque, almeno dal punto di vista dei numeri. A meno che, alla fine non salti fuori che ci sono più schede di votanti. I quali, ha comunicato gongolante alle 15,30 Fatos Klosi, vicepresidente della commissione centrale elettorale, erano 2 milioni 64.906. Circa. Perché nei caldi mesi passati in numerosi centri avevano dato fuoco agli uffici dell'anagrafe e così nella distribuzione dei certificati si è lavorato con la memoria. Giangiacomo Migone, presidente della commissione Esteri del Senato, doveva controllare dieci seggi elettorali, a Tirana e nei dintorni. A Sauk, appena a Sud della capitale, c'è stato un momento di tensione forte quando 150 militari, privi di documenti, pretendevano di votare. La commissione elettorale si è opposta, poi sono arrivati anche i carabinieri. Tutto è finito por il meglio. Allo spoglio si è visto che i socialisti avevano vinto per 3 a 2, e quella era una zona considerata «berishana». In ogni modo controlli sempre più cauti e prudenti via via che ci si allontanava dalla capitale e niente di niente lontano dal cuore del Paese. Ma questo i contendenti lo avevano messo nel conto, lo avevano accettato, chissà se pure auspicato. Così, pare un prezzo prevedibile l'assassi¬ nio di un presidente di seggio, Roskovec, tra Fier e Kucova. Lui, Burham Missiri, era del "partito democratico, l'uccisore, Bairam Baquassam, socialista, è il fratello del vicepresidente del seggio. Ma non sembra che la raffica abbia chiuso una disputa politica, piuttosto antichi dissapori. Un'altra raffica, a Berat (nel Sud) è stata sparata non si sa da chi verso un elicottero italiano che stava decollando. Una pallottola ha perforato la carlinga, senza ferire nessuno. Il pilota ha dovuto effettuare una difficile manovra per schivare il fuoco. Vincenzo Tessandori

Luoghi citati: Albania, Durazzo, Sauk, Tirana