« Purché non votino coi fucili » Le paure del presidente del Parlamento

« « Purché non votino coi fucili » Le paure del presidente del Parlamento POLITICO E SCRITTORE TIRANA DAL NOSTRO INVIATO Certo, che le elezioni sono pericolose!, dice. «Lo sono perché una parte degli albanesi non è abituata a un voto libero e onesto e se non riesce a vincere con onestà, cercherà di farlo con la canna del fucile». Pjeter Arbnori è uno scrittore e un garbato signore di 62 anni, ventotto dei quali li ha bruciati nel lager di Enver Hoxha. Socialdemocratico, è il presidente del Parlamento che oggi viene rinnovato. Sulla camicia candida ha messo una cravatta rosso sangue con le aquile a due teste e quando parla del suo Paese, e lo critica, usa un tono struggente, da innamorato. Gli albanesi, sospira, «loro non hanno capito bene neanche il capitalismo e la democrazia. Credono che capitalismo significhi uscir per strada e raccogliere dollari, mentre per democrazia intendono che posson fare quello che vogliono senza ri¬ spettare le leggi. Il fatto è che c'era stato imposto un regime di restrizioni e che, all'improvviso, ci siamo trovati senza catene». Ma queste saranno elezioni libere? «Lo sono in tutto il mondo e, spero, lo saranno anche qui in Albania. La loro correttezza dipende dal livello di sviluppo politico del popolo e dei partiti. Questo, da noi, è un processo ancora in corso. Del resto, si è preoccupati, il giorno del voto, anche in Italia, negli Stati Uniti o in Germania». Ma non sono Paesi dove si va in cabina col mitra... «In ogni caso, e malgrado tutti i problemi che ci sono, penso sia meglio farle, queste elezioni». Qual è il rìschio maggiore? «Bè!, il partito di maggioranza ha dichiarato apertamente che accetterà qualsiasi risultato. Se farà altrettanto l'opposizione, potrei rispondere che rischi non ce ne sono. Ma se qualcuno intende passare attraverso la canna del fucile, allora sarà la guerra civile. Anche se non credo al ritorno della dittatura del proletariato». Lei è un cattolico: hanno un ruolo importante, i cattolici, in Albania? «Sono stati i più perseguitati, contro di loro è stata fatta una guerra di tipo speciale. Per questo, loro, sono legati così strettamente alla democrazia». Alla Chiesa, ora, hanno restituito i beni, vero? «Detto tra noi, i preti non sono mai contenti. Sì, è stato fatto in modo di rendere loro le chiese più importanti. Pashko Vasa, un uomo del Rinascimento, diceva che non si vedevano molte chiese o moschee, qui da noi, perché la fede dell'albanese è l'Albania». Che, però, zoppica... «Hanno zoppicato per anni nazioni più grandi. Noi abbiamo appena cominciato a metterci in piedi e subito ci hanno cacciato i bastoni tra le ruote. Non sono tra quelli che si giustificano: non è che sia¬ mo stati occupati dai greci, dai serbi o dagli italiani. Questo male di oggi è colpa degli albanesi stessi, almeno di una parte di essi. Il fatto è che di questa situazione molti hanno approfittato, ogni Stato guarda ai propri interessi, quando questi coincidono con l'Albania allora si occupano di noi. Non credo a tanto spirito umanitario: è una parte soltanto della verità, questa. Qual è il pregio maggiore degli albanesi, e quale il difetto più grande? «Il difetto più grande è il sangue caldo. Il pregio, la forza di rimanere in piedi: siamo un piccolo popolo sopravvissuto tra le grandi culture, greca e latina, eppure abbiamo la nostra lingua. Il fatto è che abbiamo lavorato più per gli imperi che per noi stessi». Ma oggi, qual è l'impero che minaccia? «No, non credo che oggi l'Albania si trovi sotto la pressione di un impero». [v. tess.l «Qui la gente crede che capitalismo sia uscire e raccattare dollari, e democrazia fare tutto quello che si vuole» Oggi l'Albania vota

Persone citate: Enver Hoxha, Pashko, Pjeter Arbnori, Vasa

Luoghi citati: Albania, Germania, Italia, Stati Uniti, Tirana