Berisha-Nano ultimo duello in piazza di Vincenzo Tessandori

Ieri a Tirana la campagna elettorale si è chiusa con i comizi del Presidente e del segretario socialista Ieri a Tirana la campagna elettorale si è chiusa con i comizi del Presidente e del segretario socialista Berisha-Nano, ultimo duello in piana Domani alle urne con l'incubo dei Kalashnikov TIRANA DAL NOSTRO INVIATO Il largo e polveroso Bulevardi Deshmoret e Kombit, quello che taglia a metà Tirana, ha finalmente vissuto un'altra di quelle giornate per le quali era stato disegnato, negli anni in cui la parola impero si scriveva con la iniziale maiuscola e sorriderne equivaleva a commettere un reato. Truppe schierate, sotto i pini, i danesi con la croce latina sulla bandiera, i francesi del «lime», con le autoblindo anfibie, i bersaglieri con le piume di gallo al vento. Duemilacinquecento uomini che hanno accompagnato gli osservatori dell'Organizzazione per la sicurezza e lo sviluppo europeo (Osce), tra cui Furio Colombo e Saverio Vertone, fin ai tre angoli del paese. Perché, nel quarto, non ci va nessuno e Dio solo sa come sarà libero e spontaneo il voto, laggiù, nel profondo Nord come nel profondo Sud. Eppure, tutti hanno promesso democrazia, eguaglianza, anche fraternità e l'eco degli spari, in una giornata di sole, arrivava a Tirana così affievolito da creare l'impressione che il voto, in fondo, davvero potrebbe guarire i mali d'Albania. Un nuovo governo, dunque, ma quale, naturalmente, è un altro discorso, e Neritan Ceka, di Alleanza Democratica, ha già messo le mani avanti: «Non crediamo che i mi¬ nistri del governo futuro siano disposti a giurare nelle mani di Berisha». Ad ogni buon conto anche gli Stati Uniti fan sentire la loro voce e l'ambasciatrice, Marisa Lino, ha lanciato un appello «perché vengano abbassate le armi». Era l'ultimo giorno, ieri, per la campagna elettorale, e il gran Piazza Skanderbeg, a Tirana, invasa ieri dai sostenitori del partito socialista [foto ansa] finale è stato vissuto qui a Tirana, con i comizi in piazza Scanderbeg dei due grandi avversari e, chissà poi, se anche nemici, come crede la gente: Fatos Nano, il socialista colto, e Sali Berisha, il cardiologo presidente che gli avversari chiamano soltanto «il dittatore». A Nano è toccata l'ora mattutina, alle 11, sotto il sole che picchiava, ma lui ha accettato, per mostrare buona volontà; al presidente l'ombra della sera. Ed è finita in pareggio, con la piazza delle grandi adunate di Enver Oxha, mezza pie¬ na o, come ha notato qualcuno, «mezza vuota»: forse erano in diecimila. Musica, bandiere, slogan, un vago sapore di convention all'americana. «Fitore, fitore», «Vittoria, vittoria», scandivano sotto il sole i socialisti con i loro stendardi rossi e quelli azzurro tenebra con le stelle, quelli dell'Europa. «Fitore, fitore», hanno fatto eco, a sera, i democratici, con le bandiere blu del partito e quelle europee. Ma quando Berisha ha parlato con voce afona, sofferta, non c'erano più, come cinque anni fa, le bandiere a stelle e strisce, segno che l'idillio con gli yankee, interrotto da tempo, ancora non è ripreso. Un programma concreto su come risollevare questo Paese, non l'ha presentato nessuno, in tutta la campagna. Ma non sembra importare molto. Si parla di denaro, anche di quello facile delle «finanziarie a piramide» e Fatos Nano ha assicurato, nel suo ultimo appuntamento con la folla, che «prerideremo i soldi rubati da Berisha e li restituiremo alle vittime delle finan¬ ziarie». Come, non ha importanza. Ma la folla gli risponde: «Fitore, fitore». E gli ha fatto eco anche Bashkim Fino, il primo ministro, che è al suo fianco, sul palco: «Daremo il sorriso a tutti, governo e opposizione». E così risponde al presidente Berisha che l'altro giorno aveva minacciato: «Geleremo il sorriso sulle labbra dei socialisti». E poi, Nano aveva tuonato anche: «L'Albania ha bisogno di sicurezza, ordine, sviluppo. Bisogna riunire tutti gli albanesi, c'è bisogno di amore, da Nord a Sud». Sì, anche lui è sicuro: «Il popolo ha vinto il dittatore, l'Albania ora è in pericolo ma con il vostro aiuto si salverà da questo dittatore. Ricostruiremo il Paese con la nostra volontà democratica». Ecco, anche questo è un punto delicato: il termine democratico è stato usato e abusato, in questi giorni, a Nord come a Sud del parallelo di Tirana, ma per i socialisti c'è solo un dittatore da abbattere, mentre per Berisha la vera sciagura sono loro, i comunisti di un tempo. Quando il sole cala, lui, il presidente, dice: «La vittoria è qui, il 29 giugno voterete per voi stessi, per noi, Il presidente alba Il presidente albanese Sali Berisha per l'Albania in Europa. E voteranno tutti i giovani, quegli stessi che hanno abbattuto la dittatura». Che dal suo punto di vista è quella rossa, quella di Enver Oxha. Vada come vada, assicurano i democratici per bocca di Gene Pollo, il segretario d'acciaio, come lo chiamano, «se perdiamo accetteremo. E vorremmo sentirlo dire anche ai socialisti, questo. Ma non importa, vinceremo noi. Certo, siamo preoccupati per il voto al Sud». Perché a Sud ci saranno pochi controlli, anche a Valona, anche a Saranda. Ma ieri, a Valona, la ribelle, si è vissuta una giornata tranquilla, una giornata di attesa. Eppure, ha detto Pollo, le bande «fanno capo a Nano e noi non le sopporteremo oltre». Insomma, per parole di pace e di collaborazione, forse, è ancora presto. Vincenzo Tessandori