La bomba che fece imbestialire Hitler

La bomba che fece imbestialire Hitler La bomba che fece imbestialire Hitler rono una manifestazione pubblica (oratore Carlo Borsani) per celebrare il 25° anniversario della fondazione del partito e proprio quel giorno fu scelto dalla giunta militare del Cln per attaccare direttamente i nazisti, obiettivo un reparto di gendarmi tedeschi che ogni giorno, nel primo pomeriggio, di ritorno dal poligono di Tor di Quinto, percorreva regolarmente via Due Macelli attraversava il Tritone e da via del Traforo imboccava via Rasella, poi voltava a destra in via IV Fontane e raggiungeva i suoi acquartieramenti al Palazzo del Vi- minale. Nell'attentato vennero impiegati 17 partigiani garibaldini, comandati da Carlo Salinari e dal suo vice Franco Calamandrei. Una cassetta metallica, contenente 12 chili di tritolo e altri 6 chili di esplosivo misti a bombe da mortaio Brixia e a pezzi di ferro, furono collocati in un carretto delle immondizie - sottratto la sera prima dal deposito della Nettezza urbana presso il Colosseo - e parcheggiato in via Rasella davanti a Palazzo Tittoni. Due gappisti, Rosario Bentivegna e Carla Capponi, ebbero l'incarico di far esplodere il micidiale carretto non appena la colonna delle SS composta da 156 gendarmi dell'XI compagnia del 3° battaglione del reggimento «Bozen», altoatesino fosse giunta a metà della strada. Così avvenne. Quando i tedeschi imboccarono la via, leggermente in salita, Bentivegna, che era travestito da spazzino, si avvicinò al carretto, alzò il coperchio e accostò la sua pipa accesa alla miccia; poi attraversò la strada di buon passo, davanti alle prime file delle SS in marcia e fuggì assieme alla Capponi. Dentro al carretto della spazzatura la miccia, lunga circa mezzo metro, si consumò all'esatta velocità di 1 centimetro al minuto secondo: in 50 secondi raggiunse il detonatore. Erano le 15,50; la tremenda deflagrazione fece tremare l'intero isolato e fu udita in tutto il centro di Roma accompagnata da una fiammata giallastra e da una terribile raffica di pezzi di ferro. Ventotto gendarmi tedeschi morirono sul colpo e altri 4 nelle ore seguenti, uno morì all'alba dell'indomani, venerdì 24 marzo, portando il totale a 33 morti e un centinaio di feriti. Il comandante militare di Roma, generale Maelzer, chiamò al telefono il quartier generale di Hitler che diede ordine per una rappresaglia che facesse «tremare il mondo». Uno dei capi dell'esercito, il generale Jodl, dirà in seguito che il Fùhrer era furibondo: «Sembra una belva ruggente. Vuol far saltare in aria un intero quartiere di Roma, compresi gli abitanti. Bisogna fucilare italiani in altissima proporzione: per ogni SS uccisa dovrebbero venir fucilati da 30 a 50 italiani». Il feldmaresciallo Kesselring giudicò «eccessivo» il rapporto; nelle carceri romane non c'erano i 1500 ostaggi necessari ad una tale rappresaglia: dispose che si fucilassero, dunque, 10 italiani per ogni tedesco morto. Dell'esecuzione fu incaricato il colonnello-SS Kappler, capo della Gestapo di Roma. Ma anche così era impossibile

Persone citate: Bentivegna, Carla Capponi, Carlo Borsani, Carlo Salinari, Franco Calamandrei, Hitler, Kappler, Kesselring, Rosario Bentivegna

Luoghi citati: Roma