Nove pistole per il delitto di Marta di Giovanni Bianconi

Roma: la procura ha affidato una nuova perizia sull'arma che uccise la studentessa Roma: la procura ha affidato una nuova perizia sull'arma che uccise la studentessa Nove pistole per il delitto di Marta «Ma il colpo partì dall'aula 6» ROMA. Sette pistole a tamburo, due semiautomatiche e una carabina: da una di queste armi è partito il proiettile calibro 22 long rifte che ha ucciso Marta Russo. Dieci armi per un delitto ancora inspiegabile, nonostante la pista imboccata con sicurezza dagli inquirenti, i quali in questa gamma così ampia stanno cercando la pistola che ha ucciso la giovane studentessa di Legge. Quando fu possibile effettuare l'autopsia sulla vittima e furono estratti i frammenti della pallottola, la polizia scientifica inviò una stringata relazione con le caratteristiche del proiettile e le armi compatibili. C'era scritto che nella testa della povera Marta furono trovati «undici pezzi di piombo del peso complessivo di 2,47 grammi appartenuti a proiettile di 5,5 milhmetri, in piombo nudo, in calibro 22 LR, del peso originale di grammi 2,60, verosimilmente tipo punta cava». I tecnici sono riusciti anche a definire la rigatura del frammento, utile per i raffronti per con le ipotetiche armi del delitto. Tra le pistole che avrebbero potuto sparare il colpo mortale alla Sapienza, la mattina del 9 maggio, ci sono quelle a tamburo di marca tedesca Fie, la brasiliana Rossi, le le statunitensi H&R, Iver &■ Johnson, Ruger, Thompson Center e High Standard. Quest'ultima fabbrica produce anche una semiautomatica che pure è compatibile con quei framnmenti, così come la Itahaca, anch'essa nord-americana. Come ultima ipotesi i periti hanno indicato la carabina di fabbricazione statunitense marca Savage, ma la testimonianza di Gabriella Alletto - la segreteria che avrebbe visto l'arma in mano a Giovanni Scattone, arrestato insieme al collega e amico Salvatore Ferrara con l'accusa di omicidio parla di una pistola. La testimone ha riferito di aver notato «una pistola di colore nero, simile a quelle usate dalla polizia», il che farebbe pensare a una delle due semiautomatiche indicate dai periti. Il gip Muntoni che ha firmato l'ordinanza di carcerazione ha scritto che «Scattone ha avuto la presenza di spirito di chinarsi e raccogliere il bossolo fuoruscito dalla pistola»; un altro elemento che escluderebbe le anni a tamburo. Sono tutte ipotesi, basate su rilievi scientifici, sulle quali da domani ci sarà battaglia davanti al tribunale della libertà. Agli atti c'è pure l'altra perizia tecnica, quella sulle tracce di polvere da sparo trovate intorno alla finestra della sala assistenti di Giurisprudenza. Da quell'accertamento è partita l'indagine che ha portato all'arresto di Scattone e Ferrara, e ora si può leggere quanto scritto dal direttore della Polizia scientifea Maddalena nella sua relazione del 26 maggio. Le analisi tecniche, riferiva il funzionario, hanno accer¬ tato «la presenza di una particella contenente antimonio+bario e di una particella contenente piombo +antimonio appartenenti alla classe dei residui dello sparo». Quanto basta per concludere che da quella finestra qualcuno fece fuoco. «In particolare - aggiungeva Maddalena - la particella contenente antimonio+bario è ritenuta in letteratura univocamente caratteristica dei residui dello sparo». Conclusioni che saranno contestate dai periti della difesa, mentre la procura ha affidato ai suoi tecnici una nuova perizia su proiettile, rilievi sulla finestra e tracce di polvere da sparo sugli abiti e le borse dei due assistenti arrestati. Il contrattacco dei difensori punterà naturalmente anche su altro, compresa la possibile richiesta di nullità dell'ultima deposizione della Alletto per vizi di forma. Da qualche giorno il collegio di difesa s'è arricchito dell'avvocato Enzo Siniscalchi, legale di grande esperienza e deputato dell'Ulivo, che ha affianco il collega Domenico Cartolano nella difesa di Ferrara e annuncia: «Lavoreremo con il massino impegno per evitare che venga commesso un clamoroso errore giudiziario». Dalla lettura degli atti si scopre pure che l'usciere Liparota, uno dei tre testimoni d'accusa contro Scattone e Ferrara, nell'interrogatorio dopo l'arresto dichiarò di aver visto i due, poi ritrattò e poi riconfermò. Il tutto in una pagina e mezzo di verbale: «Ho visto Scattone Ferrara facciati finestra., verità è non di neanche entrato nella sala assistenti... La verità è che io ho paura... Ho capito che avevano sparato subito dopo quando li ho visti in faccia. Lo Scattone era stravolto, e lo stesso vale per il Ferrara». Giovanni Bianconi Domani al tribunale del riesame si annuncia battaglia tra i periti di parte La difesa: stiamo lavorando per evitare un clamoroso errore giudiziario Il luogo in cui Marta Russo è stata raggiunta dal proiettile Sopra la vittima, e Giovanni Scattone, accusato di essere il killer

Luoghi citati: Ferrara, Roma