Cossiga e Segni guidano la fronda aspettando le mosse di Di Pietro Il fronte del no va in trincea di F. Mar.
Cossiga e Segni guidano la fronda aspettando le mosse di Di Pietro Il fronte del no va in trincea Cossiga e Segni guidano la fronda aspettando le mosse di Di Pietro ROMA. Per ora Francesco Cossiga ha scelto il silenzio e si è limitato a celiare con gli amici: «Lo sapete? - ha detto l'ex Presidente sul filo del proverbiale humour - ho deciso che proporrò la... costituzionalizzazione delle cene in casa Letta!». Con gli amici scherza, ma dal suo telefonino Cossiga conferma la linea che si è imposto: «L'accordo in Bicamerale? Io resto in silenzio. E ci resterò molto a lungo». Anche Tonino Di Pietro per ora non scuce una parola. Certo, l'ex idolo di Mani pulite dalle colonne di Oggi ha calato la mannaia sul complesso di norme sulla giustizia che stanno lievitando in Parlamento, ma sul presidenzialismo all'italiana per ora neanche mezza virgola. Un silenzio che tradisce un imbarazzo del variegato fronte presidenzialista. Ma un silenzio che prelude ad un ripensamento sul da farsi. L'adesione di Gianfranco Fini all'accordo D'Alema-Berlusconi-Marini ha inizialmente preso in contropiede i fans della Costituente, ma dietro le quinte il fronte del rifiuto si sta riorganizzando. E nei prossimi giorni sarà formalizzata la nascita di un «Comitato dei riformatori» per la modifica del testo uscito dalla Bicamerale. Un Comitato trasversale come pochi altri nella storia della Repubblica: oltre a Mariotto Segni e (probabilmente) a Francesco Cossiga, saranno della partita personaggi diversissimi tra loro: l'ex andreottiano, ex ministro di An Publio Fiori, e il costituzionalista pidiessino Augusto Barbera, Francesco Epurator Storace e l'ex leader del pds Achille Occhetto, l'ex presidente del Senato Carlo Scognamiglio e l'ex ministro degli Esteri del governo Berlusconi Antonio Martino. E probabilmente i liberali di Forza Italia come la Maiolo e alcuni «ulivisti» del pds come Claudio Petruccioli. Il «fronte del rifiuto» punterà ad un doppio risultato: in prima battuta - cioè in autunno sarà promossa la presentazione di corposi emendamenti in Parlamento per modificare il testo uscito dalla Bicamerale. Ma se in Parlamento le modifiche saranno considerate insoddisfa¬ centi, a quel punto il comitato si trasformerà in Comitato per il No al referendum che dovrà seguire la definitiva approvazione della legge costituzionale di revisione della Carta costituzionale. Per ora il «fronte del rifiuto» ha soltanto una strategia di massima. C'è grande incertezza, per esempio, sui «compagni di strada». A cominciare da Antonio Di Pietro: Tonino per ora non si è pronunciato sull'accordo raggiunto in Bicamerale su legge elettorale e presidenzialismo all'italiana. Tacerà ancora a lungo dopo aver letto il testo licenziato dalla Bicamerale il 30 giugno? E il suo giudizio sarà integralmente negativo o soltanto in parte? «Immagino che Di Pietro non si pronuncerà subito - dice uno che lo conosce come Clemente Mastella - e attenderà di vedere cosa succede in Parlamento. Ma se lui vuole correre alla carica da Presidente della Repubblica mi sentirei di escludere un giudizio nettamente negativo...». Ed un altro amico di Tonino come Elio Veltri dice: «E' vero, Di Pietro finora non si è pronunciato, ma lo farà. Intanto una cosa è certa: per chi si vuole candidare alla presidenza della Repubblica hanno escogitato uno sbarramento, quella raccolta di firme tra eletti, che sembra pensata per scoraggiare proprio personaggi come Di Pietro». E il «fronte del rifiuto» ha discusso (ma non ha ancora deciso) se cercare da subito l'unità d'azione con due personaggi come Marco Palmella e Umberto Bossi, che sono dei trascinatori, ma sono considerati degli accentratori, delle «primedonne». Ma se manca Fini, nel gruppo c'è la destra sociale di Fiori, Storace e Alemanno. E Publio Fiori fa una vera e propria dichiarazione di guerra: «Non permetteremo ad Alleanza nazionale e a Forza Italia di fare quello che non abbiamo permesso di fare alla democrazia cristiana di Martinazzoli nel luglio del 1993: stringere un nuovo compromesso storico con i comunisti, anche se ora si chiama buonismo e nasce attorno ad una tavola imbandita...». [f. mar.]
Luoghi citati: Roma
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