Per le donne una seconda vita dopo la fertilità
Per le donne una seconda vita dopo la fertilità Per le donne una seconda vita dopo la fertilità //1997 è Vanno della menopausa. Ed è all'insegna degli estrogeni L 1997 è l'anno della «Campagna nazionale sulla salute della donna in menopausa», promossa dalla Fondazione Giovanni Lorenzini con il patrocinio delle più importanti società scientifiche italiane. L'interesse per la menopausa (in Italia 3.600.000 donne hanno un'età tra 50 e 59 anni) è più che giustificato: oggi la speranza di vita della donna si è molto allungata (82 anni), e il periodo che segue la menopausa dura ormai quanto l'età fertile, mentre all'inizio del secolo la speranza di vita era di appena 44 anni. E' ormai certo che la riduzione di estrogeni che si verifica in questa particolare età della donna può favorire le malattie cardiovascolari (la più frequente causa di morte in età postmenopausa) e l'osteoporosi, una delle cause predominanti di invalidità e di perdita di autonomia. Ma nonostante i suoi bene¬ fici effetti, la terapia sostitutiva a base di estrogeni è seguita in Italia solo dal 3 per cento delle donne, contro il 30 per cento degli Stati Uniti e il 15-20 per cento di Francia e Germania. Recenti studi pubblicati su «Archives of Internai Medicine» (ottobre '96) ci dicono che la terapia ormonale sostitutiva può ridurre anche il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer. L'indagine è stata condotta su 8877 donne (si tratta dello studio più ampio pubblicato su questa patologia) da Victor W. Henderson e Annalia PaganiniHill dell'Università of Southern California, Los Angeles. Analizzando la storia clinica di questi soggetti e facendo un paragone tra i casi di persone affette da demenza (riscontrata in 248 casi) e i casi appaiati per anno di nascita e di morte in cui questa condizione non si era verificata, gli autori calcolano che il trattamento con estrogeni riduce di un terzo il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer. Ancor più recentemente uno studio svolto in Italia nell'ambito del Progetto finalizzato «Invecchiamento» del Cnr (novembre '96) diretto da Luigi Amaducci (della Clinica neurologica dell'Università di Firenze) su un campione di 2816 donne (di età compresa fra i 65 e gli 84 anni) ha confermato che la malattia di Alzheimer è stata diagnosticata nello 0,4 per cento delle donne che avevano fatto uso di estrogeni, contro il 3,2 per cento delle donne che non erano state sottoposte a terapia sostitutiva post-menopausale. I meccanismi con cui gli estrogeni possono esercitare effetti benefici nella malattia di Alzheimer includono sia effetti sistemici che diretti sul sistema nervoso centrale. A livello cellulare è stato dimostrato in sistemi in vitro che gli estrogeni sono in grado di regolare il me¬ tabolismo del precursore di beta aniloide, la proteina che costituisce le placche caratteristiche della malattia di Alzheimer. Accanto a questo meccanismo, vi potrebbe essere da parte degli estrogeni un'azione di tipo neurotrofico. E' nozione comune che le alterazioni ormonali che caratterizzano il ciclo si accompagnano a modificazioni dell'umore e che la depressione è rara nella seconda metà della gravidanza, caratterizzata da livelli costantemente elevati di estrogeni. L'unico punto controverso è la possibilità che si verifichi un aumento del rischio di carcinoma mammario, per cui la prescrizione va valutata caso per caso. I dati epidemiologici disponibili sottolineano che l'uso di estrogeni è privo di rischi aggiuntivi per trattamenti compresi nei 5 anni. Renzo Pollati
Persone citate: Luigi Amaducci, Renzo Pollati, Victor W. Henderson
Luoghi citati: California, Francia, Germania, Italia, Los Angeles, Stati Uniti
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