Alcune specie volano sull'acqua

Alcune specie volano sull'acqua Alcune specie volano sull'acqua NEL nostro linguaggio vi sono dei modi di dire assolutamente impropri. Noi diciamo «mi sento come un pesce fuor d'acqua» per significare «mi sento a disagio». Ma chi l'ha detto che tutti i pesci si sentano a disagio fuor d'acqua? Pdi d qPrendiamo, ad esempio, gli Exocoetus obtusirostris, lunghi una ventina di centimetri, dal dorso azzurro brillante e dai fianchi argentei. Improvvisamente li si vede guizzare fuor d'acqua e «volare» nell'aria per parecchi metri, prima di rituffarsi in mare. Mentre «volano» le loro grandi pinne pettorali allargate sembrano ali. E sono proprio queste finte ali le superfici portanti che consentono ai pesci di planare nell'aria. Nei loro «voli» superano facilmente distanze di una cinquantina di metri in tre secondi, il che equivale a una velocità di circa 60 chilometri all'ora. Durante la volata si mantengono di solito a circa un metro di altezza ma in certi casi, quando il vento li asseconda, possono salire fino a cinque metri dalla superficie dell'acqua. Se gli exocetidi si accontentano di planare mantenendo le pinne pettorali distese ed immobili, ci sono anche dei pesciolini lunghi da sei a otto centimetri che hanno realizzato il «volo battente», quel volo caratterizzato dal battito ritmico delle ali - in questo caso delle pinne - tipico delle farfalle e di molti uccelli. Sono i gasteropeleci. Dopo una rincorsa di qualche metro, si sollevano dalla superficie dell'acqua come aliscafi in miniatura, volano per alcuni metri battendo velocemente le pinne e producono un ronzìo chiaramente udibile, simile a quello che fanno colibrì o calabroni. I gasteropeleci si possono tenere negli acquari domestici, purohé si abbia l'accortezza di coprire la vasca con una fine rete metallica, a scanso di spiacevoli sorprese. I pesciolini infatti, a vasca scoperta, potrebbero tentare una ro cambolesca evasione prenden do il volo. E niente di più facile che finiscano in bocca al gatto di casa. Non è detto però che uscir dall'acqua significhi necessariamente volare. Ci sono anche i pesci «podisti» che, a differen za dei volatori, si concedono soggiorni più lunghi fuor d'acqua. Questi inconsueti viandanti terrestri posseggono di spositivi di vario tipo che assi curano la persistenza di un certo grado di umidità nelle branchie (gli organi respiratori) e sulla pelle attraverso la quale avviene una parte degli scambi respiratori. Solo in questo mo do riescono a debellare i due maggiori pericoli che li minacciano: asfissia e disseccamento. Per potersi muovere in terraferma, alcuni hanno le pinne curiosamente trasformate in puntelli e, per quanto la loro andatura non sia la più ortodossa, si può dire che «camminino» sul terreno asciutto. Così fanno i pesci d'acqua dolce del genere Clarias, affini ai pescigatto. Vivono nei piccoli corsi d'acqua dell'Africa e dell'Asia meridionale. Hanno uno dei raggi di ciascuna pinna pettorale particolarmente sviluppato e su questi due raggi, uno per lato, il pesce si appoggia nelle sue camminate. Quando si seccano i corsi d'acqua in cui vivono, i Clarias non si perdono d'animo e filosoficamente si mettono in cammino alla ricerca di un altro bacino d'acqua. Li si vede allora procedere sul terreno asciutto puntellandosi sulle due pinne pettorali, come se camminassero con la stampelle. Naturalmente non potrebbero concedersi queste passeggiate in terraferma se non possedessero organi respiratori ausiliari che permettono loro di immagazzinare aria direttamente dall'atmosfera. Così come li possiede l'anabate (Anabates testudineus), un pesce lungo una trentina di centimetri, diffuso in tutta la fascia indomalese. E' un corridore di tutto rispetto capace di percorrere all'asciutto anche duecentocinquanta metri in pochi minuti. Si racconta di lui che si arrampichi perfino sugli alberi come un trenino a cremagliera. Ma nessun ricercatore ha potuto confermare una simile asserzione scaturita evidentemente da una fantasia troppo fervida. Ha vita anfibia anche il Lophalticus kirki, lungo appena nove centimetri, che abita le acque costiere del Mar Rosso e dell'Africa orientale. Ogni tanto, quando sente i morsi della fame, esce dall'acqua per farsi uno spuntino a base di alghe. E pensate un po' dove se le va a prendere. Attende la bassa marea e quando le rocce rimangono allo scoperto, lui va a grattare coscenziosamente le alghe che le rivestono. Per evitare il disseccamento, ogni tanto fa un bel tuffo nell'acqua, poi ritorna tranquillamente alla sua mensa erbivora. Si attacca alle rocce con le pinne. La presa è saldissima, grazie alle pinne ventrali, stranamente trasformate in una sorta di pinza e alla pinna anale diventata addirittura un provvidenziale uncino. Un esempio strabiliante di adattamento evolutivo. Ma i più bizzarri tra questi pesci anfibi sono certamente i perioftalmi che vivono nel paesaggio apocalittico della foresta a mangrovie, tipico di tante zone tropicali del Vecchio Mondo. In quelle distese fangose dove Gli Exocoetus obtusirostris compiono balzi di 50 metri con le pinne spiegate nell'aria Esistono anche altri pesci che si avventurano in terraferma o si arrampicano sulle rocce fiumi, mare e fango si confondono in un grigiore stagnante, si vedono frotte di questi allegri pesciolini variopinti che avanzano in terraferma, spiando i dintorni con i grossi occhi sporgenti. Sono mobilissimi e indipendenti l'uno dall'altro come quelli del camaleonte, efficien¬ tissimi per la visione aerea, grazie alla loro capacità di accomodamento per la percezione degli oggetti vicini. 'bb dl g ggL'abbandono temporaneo del proprio ambiente naturale da parte di questi pesci intraprendenti è indubbiamente im comportamento fuori norma, in aperta contraddizione con tutte le buone regole di vita ittiologica. Si tratta con ogni probabilità di un adattamento secondario, che ricorda alla lontana ciò che avvenne nelle remote ere geologiche allorquando animali marini passarono dalla vita acquatica alla vita terrestre, modificando gradatamente le I strutture del proprio organi¬ smo. I pesci fuor d'acqua debbono affrontare problemi di non facile soluzione, come la respirazione e la locomozione in ambiente aereo e li affrontano in molti modi diversi, con la versatilità che contraddistingue sempre madre natura. Isabella Lattes Coifmann DALL'Acquario di Genova alle foreste del Madagascar: una spedizione zoologica ha studiato per due mesi la ricca e particolarissima fauna della grande isola africana scoprendo specie sconosciute fino ad oggi e,portando in Italia esemplari di anfibr e rettili che i frequentatori del «parco marino» genovese saranno i primi a vedere in Europa. Riccardo Jesu e Giovanni Schimmenti sono partiti a fine gennaio per sfruttare la stagione delle piogge, durante la quale gli animali sono più attivi e visibili. Come si sa, il Madagascar, staccatosi nell'era paleozoica dal continente africano, ha potuto preservare una flora e una fauna specifiche, con specie «antichi» (basta ricordare i lemuri) che altrove sulla Terra si sono ormai estinte. Un patrimonio oggi è in grave pericolo a causa della deforestazione. Obiettivo dei due zoologi dell'Acquario genovese sono stati gli anfibi e i rettili, oltre ai pesci delle acque interne. Affrontando condizioni spesso molto difficili, Jesu e Schimmenti hanno percorso dapprima il massiccio

Persone citate: Giovanni Schimmenti, Isabella Lattes Coifmann, Schimmenti

Luoghi citati: Africa, Asia, Europa, Genova, Italia, Madagascar