TEX NON CI STA di Oreste Del Buono

TEX NON CI STA TEX NON CI STA Un filmetto che non rispettava le direttive de: ignorare la crisi dei valori borghesi Sergio Bonelli: «Scattò comunque ^autocensura: noi editori stabilivamo i confini della morale, allungavamo le gonne, facevamo resuscitare i troppi morti» GLI inizi, l'andamento di Tex Willer non fu travolgente. E neppure il suo creatore si aspettava che lo fosse. Giovanni Luigi Bonelli nel 1948 aveva concepito, pressappoco nello stesso tempo, due progetti di cineromanzo: Occhio Cupo e, appunto, Tex Willer. Ma Giovanni Luigi Bonelli e i suoi complici puntavano su Occhio Cupo, perché trovavano il protagonista più nuovo e interessante, mentre il buon Tex appariva appena un ennesimo vaccaro del West. Avevano persino provato, per dargli una maggiore incisività, a chiamarlo Tex Killer, ma non gli si conferiva. Per quanto ammazzasse gente mica male, non mancava mai di giustificazioni etiche. Così quando Occhio Cupo deluse le aspettative, Giovanni Luigi Bonelli prese particolarmente a cuore la sorte di Tex Willer considerandolo come se stesso: «Per lui chi ha torto ha torto anche se è il burbanzoso colonnello del Forte, smanioso di coprirsi di gloria e far carriera o se è il solito sporco politicante stracorrotto che, per riempire la cassaforte, vende terre non sue a speculatori dalla coscienza coperta da peli di mammut...». Come certi santi, Tex Willer si presentava da fuorilegge. Nelle tavole inaugurali di Galep appariva addirittura con due pistole in mano, in una gola selvaggia del Rainbow Canyon. Il cavallo è lì accanto, ma non si tratta di un tranquillo bivacco. Sta arrivando altra gente, e Tex Willer si chiede: «Per tutti i diavoli, che mi siano ancora alle costole?» ed è lui stesso a concludere: «Ah... Eccoli... vengono dalla prateria... e non è lo sceriffo con i suoi scagnozzi...». Tex Willer è ricercato in tutto il West perché è diventato fuorilegge per reagire a un'ingiustizia terribile gridante vendetta. Ma, invece, viene arruolato dalla parte dell'ordine dai famosi Rangers del Texas, e diventa un giustiziere autorizzato senza rinunciare alla violenza come mezzo di persuasione. Come tale ha il genio di cacciarsi in avventure pericolose, persino in scontri in cui si può equivocare tra bene e male. A togliergli ogni dubbio residuo di comportamento ci pensa Giovanni Luigi Bonelli che parla con assoluta convinzione, anzi immedesimazione: «Per quel che mi riguarda, ho sempre cercato di ricreare, nei racconti di Tex, l'atmosfera del vecchio West dove, purtroppo, gli uomini "giusti" erano costretti dalle circostanze a usare il "vecchio giudice Colt" per reprimere gli abusi di elementi senza scrupoli e, di conseguenza, questa mia posizione di interprete fedele del modo di vivere di quei tempi mi ha spesso portato all'uso di un linguaggio piuttosto forte e a sceneggiature notevolmente violente...». All'acqua di rose rispetto a Il figlio di Tex analisi semiseria del più popolare fumetto italiano (Gammalibri, 1979), hanno ricavato i seguenti dati: la media di morti ammazzati per ogni avventura per Tex era 6 e 3,4 per i «pards», Kit Carson, Tiger Jack, Kit Willer, per un totale di quasi 2000 morti in 18 anni, media 1 decesso ogni 5 giorni. Ho citato la prima analisi, ma non cercherò ulteriori riscontri perché potrebbero risultare cifre insostenibili. Comunque, sono al corrente che attualmente almeno 3 persone stanno scrivendo un libro su Tex Willer. 3 persone che si occupano di 3 libri distinti. Il vero successo di Tex Willer cominciò con l'introduzione del «formato» gigante e dura ancora con novità e ristampe, riedizioni di lusso che non lasciano mai le edicole spoglie di Tex Willer. Ci mancherebbe altro. La prima reale scossa all'immobilismo del fumetto nel dopoguerra l'ha proprio data Giovanni Luigi Bonelli con la sua creatura. Tex Willer, sia pure quanto sarebbe venuto dopo. L'Italia in cui nacque Tex Willer, quanto al fumetto, era una terra di eroi positivi agli arresti domiciliari per bando della de alle prime esperienze di quello che sarà il suo lunghissimo dominio. Il fumetto, considerato sempre una forma umile, di creazione più artigianale che artistica, veniva tollerato purché non ospitasse la crisi dei valori borghesi. D'altra parte la guerra, anzi la guerriglia, era ancora un vivo ricordo di rapidità di azioni, di tumulto, di agguati e attentati per non sentirsi portati all'avventura. Non era passato abbastanza tempo per dimenticare. Tre anni cosa sono? Tex Willer non rispettava gli arresti domiciliari. Esce, spazia in un mondo di pace difficile e di torti inammissibili, e cerca di mettere a posto megalomanemente tutto. A volte era Don Chisciotte, a volte era John Wayne. Analizzando i primi duecento numeri di Tex, Rudi Bargioni ed Ercole Lucotti, autori di Tex Willer, Sia pure per cause sacrosante, ricorreva alla violenza. E aveva una vita abbastanza disinvolta in fatto di donne quasi sempre per cause sacrosante, usava la violenza in tutte le sue varietà. E per di più aveva una vita abbastanza spregiudicata in fatto di donne. Ce n'erano nugoli intorno a lui, di tutte le risme: navigate proprietarie di saloon che lo concupivano come l'uomo giusto per rifarsi una vita; ragazzine cercaguai pronte a combinar pasticci per sete di novità; irregolari ribelli senza freni e pudori, una girandola di nomi pittoreschi e inquietanti come Tesah, MarieGold, Estrella, Miranda, Yogar, Lyly, Dickart, Cora Gray alias Satania, Lupe Velasco, Dona Manuela Guzman, Mah-shai e anche una moglie indiana, Li lith, figlia di Freccia Rossa capo dei Navajos cresciuta nella missione della suorina di Alamosa, che non aveva pesato troppo nella vita di Tex perché, parto ritogli un figlio, era morta, la sciando al marito la più compie ta libertà, ma anche la severa responsabilità di educare l'orfano. C'era un movimento nei fumetti che allarmava Mamma De. Nel 1951 due deputati democristianissimi, Federici e Migliori, presentarono alla Camera un progetto di legge che istituiva un controllo preventivo sulla stampa a «fumetti». Il progetto di legge non era stato approvato al Senato, ma altre proposte analoghe furono presentate e respinte: sinché venivano ripresentate, però, c'era sempre da temere il disastro. Se una tale legge fosse entrata in vigore, ogni pagina di fumetti avrebbe dovuto essere sottoposta a una «commissione di censura governativa» prima di essere approvata. Ovvero sarebbe stata la paralisi dell'editoria di fumetti per ragazzi. Quindi gli editori in questione cercarono di prevenire «il Nemico», istituendo una loro «commissione di autocensura» con tanto di marchio che appariva orgogliosamente sulle pubblicazioni: «M.G.» Garanzia Morale. «Non dico che fosse giusto o sbagliato, dico solo che andò così» racconta Sergio Bonelli figlio di Giovanni Luigi e Tea Bonelli, nonché fratello di Tex Willer. «Oggi tutto quel pandemonio mi sembra ridicolo, e ne provo un po' di vergogna, ma del senno di poi son piene le fosse. Fatto sta che noi editori, in assurde riunioni, dovevamo stabilire (o meglio cercare di interpretare, calandoci nella mentalità dei famosi deputati) i «confini» della morale. In Tex c'era un'indianina con le cosce nude? Presto una maxigonna! In Tex c'era una sciantosa scollata? Presto un girocollo. E poi in Tex c'era la violenza. I pugnali vennero messi al bando e sostituiti con nodosi randelli. I morti resuscitarono trasformandosi in feriti gravi. Le pistole furono spesso coperte dalla "biacca", lasciando buoni e cattivi disarmati. Ma, visto che non c'era tempo per rifare completamente i disegni, i personaggi rimanevano in una posizione di sparo buffa e inspiegabile. E potrei continuare con gli esempi, ma mi sembra di essermi autocriticato abbastanza. Tra l'altro gli interventi toccavano il linguaggio tipico di Giovanni Luigi Bonelli, diminuendone la forza e cambiando persino frammenti di trama...». Oreste del Buono * ummMm

Luoghi citati: Italia, Texas