In fiamme la collina dell'odio di Aldo Baquis

In fiamme la collina dell'odio Nuovi guai per il governo Netanyahu, si dimette un altro ministro In fiamme la collina dell'odio Incendio ad HarHomà, si sospetta un attentato TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO I territori sono vicini ad una «esplosione vulcanica»: questo l'avvertimento lanciato ieri dal presidente dell'autorità nazionale palestinese Yasser Arafat ad una delegazione di Rifondazione Comunista, all'indomani di una nuova giornata di scontri a Hebron e Nablus in cui decine di dimostranti erano rimasti feriti. Nelle stesse ore una densa nube di fumo si levava sopra la foresta di Har Homà, la collina palestinese di Jebel Abu Ghneim a Sud di Gerusalemme dove dal 18 marzo Israele costruisce a tappe forzate un nuovo quartiere destinato a 20 mila ebrei. Contrastati da un vento insistente e da una giornata eccezionalmente afosa, i pompieri hanno dovuto impegnarsi al massimo per domare l'incendio che si presume sia di origine dolosa e che non ha provocato danni ma¬ teriali. Intanto sul terreno restano visibili le fiamme della rivolta popolare che si è manifestata in dieci giorni consecutivi di scontri a Hebron (170 fra feriti e intossicati) e a Nablus dove sabato centinaia di militanti islamici hanno tentato di dare l'assalto alla Tomba di Giuseppe, un santuario ebraico presidiato da reparti dell'esercito israeliano. A scopo cautelativo, carri armati e cingolati sono stati dislocati sul monte Gerizim (che sovrasta Nablus) e a Kiryat Arba, alle porte di Hebron. Allarmato dall'esplosività della situazione anche il ministro della Difesa Yitzhak Mordechai ha voluto compiere un sopralluogo a Hebron dove ha sentito sia dai commercianti arabi sia dai coloni ebrei che vivono «come in stato di guerra». I coloni hanno detto a Mordechai che nella giornata di sabato le bottiglie incendiarie «fiocca¬ vano sulle nostre case al ritmo di una al minuto» e hanno aggiunto che non solo l'Anp non fa niente per arginare la violenza ma anzi, al contrario, «porta a Hebron autobus pieni di dimostranti provenienti da tutta la Cisgiordania». Tali accuse sono state subito respinte dall'ingegnere Azmi Shuyukhy, presidente dei comitati popolari di Al Fatah in Cisgiordania, secondo cui «i disordini sono la manifestazione spontanea della disperazione del nostro popolo». «Le masse palestinesi - ha garantito - non vengono attivate da controlli a distanza». «Non ho mai visto Arafat così teso e preoccupato - ha detto ieri uno dei membri della delegazione di Rifondazione Comunista ricevuta dal presidente dell'Anp nella sua sede di Ramallah -, anche il presidente del Consiglio dell'autonomia, Abu Ala, ci è sembrato allarmato». In effetti Abu Ala ha detto ieri che è prevedibile che i disordini israelopalestinesi si estendano presto a macchia d'oho in tutti i territori. Ancora guai per il governo Netanyahu: dopo le (ìimissioni di due ministri in pochi giorni, ieri se n'è andato anche il responsabile dei rapporti con il Parlamento Limor Livnat, che manterrà tuttavia la carica di ministro per le comunicazioni. Aldo Baquis il leader dell'Anp, Yasser Arafat

Luoghi citati: Cisgiordania, Gerusalemme, Hebron, Israele, Tel Aviv