« Garantisco solo di me stesso »

«In operazioni come la Ibis che si svolgono in ampi spazi bisogna dare autonomia agli ufficiali» « Garantisco solo di me stesso » Cantone: la catena di comando è molto lunga UN COMANDANTE NELLA BUFERA SROMA TO qui sereno che aspetto. Ho appena parlato con il generale Vannucchi e siamo d'accordo che al più presto andrò da lui per parlare di queste ultime accuse. Certo, se mi chiede dei miei sentimenti le parlerò di rabbia, di sdegno, di amarezza. Ma nel complesso riesco a mantenere la serenità. E non è poco, sa». Il generale Luigi Cantone, comandante della brigata Folgore, dal telefono della sua abitazione di Livorno risponde cortese all'assalto dei giornalisti di mezza Italia. Non ha fatto in tempo a rientrare dall'Albania che si trova coinvolto in una trucida storia somala, la più inverosimile: pedofilia e stellette. A sentire un certo interprete di Mogadiscio, avrebbe nascosto lo stupro e l'uccisione di un ragazzino ad opera di un ufficiale del suo comando. Generale Cantone, che cos'ha detto all'ispettore dello stato maggiore? «Abbiamo parlato in generale, fissando il prossimo incontro. Naturalmente gli ho ribadito la mia piena estraneità ai fatti. Ad ogni tipo di reato che mi viene addebitato». Lei ha detto che si tratta di allucinazioni. «Sì, nel complesso sono cose allucinanti. Per quanto mi riguarda, confermo la mia estraneità. Poi ognuno...». L'accusa è choccante. Aveva mai sentito parlare di cose del genere, in Somalia, durante il periodo del suo comando? «Posso escluderlo nella maniera più assoluta. Con tutte le mie forze». Lei ha capito chi è l'uomo che vi accusa? «Il nome mi dice poco, perché lì a Mogadiscio i nomi sono tutti molto ripetitivi. Però, siccome ho sentito imo scampolo di voce al telegiornale, più il nome, credo di aver individuato la persona. Ma posso sbagliare. Se è lui, lavorava in ambasciata». Uno che potrebbe nutrire risentimenti verso di lei o l'Italia in generale? «Qui bisogna capirsi: i somali sono gente che anche adesso hanno grossi problemi. Sono in condizioni difficili. Non hanno mica raggiunto livelli di vita accettabili. Le loro cose, da parte di voi giornalisti, andrebbero capite meglio». E secondo lei ci può entrare la politica somala, in queste accuse? «Non saprei. Se ne dicono tante in questi giorni. Dovrebbe par- lare qualcuno che conosce la realtà, Italia compresa, meglio di me». Che cosa intende dire, generale? «Che io dall'agosto scorso sono stato prima in Bosnia e poi in Albania. Di fatti esterni a questi due Paesi so ben poco. Sa, lì si vive sul campo. Sono giornate intense. E non sempre i giornali italiani arrivano puntuali o si fa in tempo a vedere la televisione». Generale Cantone, a maggior ragione visto che lei da più di un anno si trova là dove la manda l'esercito, c'è da domandarsi come vive queste giornate. «Le vivo comunque con serenità. Ma, devo confessare, anche con rabbia, con sdegno, e con amarezza. Al fondo, io resto sereno perché non ho nulla di cui rimproverarmi e ho la certezza che in tempi ragionevolmente brevi verrà fatta piena chiarezza». Ma lei, comandante, mette¬ rebbe la mano sul fuoco Sturando sulla correttezza ella catena gerarchica? «Guardi, ci sono due commissioni più diversi giudici al lavoro. Lo accerteranno loro. La mano sul fuoco, a questo punto, su tutta la catena non la può più mettere nessuno. Io, la mano sul fuoco, la metto solo al mio livello». Certo che la catena di comando è lunga. «Sì, tra me e il fondo ce ne vuole. Specie in un territorio come quello somalo, dove l'area di competenza italiana era molto grande». Ma in queste missioni intemazionali, evidentemente, oltre che lavorare, c'è anche molto da controllare. 0 no? «Si arriverà a un punto in cui si chiariranno le cose: reati commessi, persone responsabili, quale livello è coinvolto. Fatto questo, si faranno delle analisi. E poi si dovrà vedere di trovare delle soluzioni. Ma resta il fatto che questo tipo di operazioni si fanno in ampi spazi, con forze polverizzate sul territorio. Un ampio margine di autonomia va concesso ai comandanti di ogni livello. Ma ci tengo a ricordare che oltre ai militari, in queste missioni, è pieno di giornalisti, di missioni umanitarie, di organizzazioni di tutto il mondo, di funzionari dell'Onu». Però qualche caso di mela marcia l'avevate già individuato. Risultano 200 militari tra puniti e rimpatriati. «Attenzione, solo alcuni casi potrebbero avere un riflesso sui fatti di cui stiamo parlando in questi giorni. Bisogna vedere il tipo di mela marcia. Mai s'è sentito un comportamento di tanta gravità». Generale, in conclusione, quale è il morale dei paracadutisti? «Resta alto. Riteniamo di essere gente addestrata che fa bene il suo lavoro. Ora abbiamo reparti all'opera in Albania. Ho parlato con i ragazzi, stigmatizzando questi fatti, e spiegando che se queste cose sono successe e saranno provate, si troveranno i responsabili ed è giusto che vengano presi i provvedimenti di legge. Ma da questo a infangare o intaccare l'onorabilità della Folgore... La brigata nel suo complesso vuole giustizia al più presto perché deve uscire da questa storia a testa alta. Stringiamo i denti, manteniamo la calma e lavoriamo». Francesco Grignetti «In operazioni come la Ibis che si svolgono in ampi spazi bisogna dare autonomia agli ufficiali» «Ho individuato quello che m'accusa dalla voce, lavorava in ambasciata» grazioni Ibis che ono in azi bisogna onomia ciali» «Ho individuato quello che m'accusa dalla voce, lavorava in ambasciata» ii generale Luigi Cantone

Persone citate: Francesco Grignetti, Luigi Cantone, Vannucchi

Luoghi citati: Albania, Italia, Livorno, Mogadiscio, Somalia