«Italia in Europa? Sì, ce la faremo» di Valeria Sacchi

Il presidente onorario Fiat a Villa d'Este: tutti i Paesi sono senza rete, non solo noi Il presidente onorario Fiat a Villa d'Este: tutti i Paesi sono senza rete, non solo noi «Italia in Europa? $1/ ce la faremo» Agnelli: ma nessuno deve influenzare Bankitalia CERNOBBIO DAL NOSTRO INVIATO Come si può convincere il governatore Fazio ad abbassare i tassi di interesse? «Non si può convincerlo. Il mestiere dei governatori è di essere indipendenti. Sono cinquant'anni che, ogni volta, tutti chiediamo ai governatori di abbassare i tassi, e loro fanno quello che devono e quello che vogliono. E' improprio provare ad influenzarli. Prima voghamo tutti le banche centrali indipendenti, e poi siamo tutti qui a rompere le scatole». A Villa d'Este per il tradizionale workshop del «Consiglio d'Europa per le relazioni tra Italia e Stati Uniti», Giovanni Agnelli non si sottrae alle domande sui temi caldi della politica e dell'economia. E le domande arrivano. Avvocato, cosa pensa della presa di posizione di Cesare Romiti sui rischi di un'esclusione dall'Euro? «Romiti ha detto che è molto importante entrare in Europa, e che sarebbe un grosso peccato non entrarci fra i primi». Sì, ma Romiti ha parlato di un governo che ci mette in una situazione di alto rischio. «L'alto rischio c'è se non si entra, se si entra il rischio è finito. Per noi entrare è molto importante, non entrare molto grave. Ma personalmente credo che entreremo, e quindi il rischio è dimenticato». Ma è vero che l'Italia è senza rete? «Sono tutti senza rete se non entrano, non solo noi...». Sulla Bicamerale Agnelli è filosofo. Osserva: «Non possono finire senza arrivare ad una soluzione. A qualcosa arriveranno, anche se non credo sarà una soluzione molto completa. Ma poi verrà corretta dal Parlamento». Sulla ripresa è cauto. «Ci vado piano - spiega - perché questo miglioramento dell'1% è per metà dovuto all'auto, quindi è un po' artificiale». E la proroga degli incentivi? «Il problema non è di quanto h faranno durare, ma come verranno usati gli ammortizzatori necessari a ritornare alla normalità con gradualità. L'importante, insomma, è il come e il quando». Sul Welfare, Agnelli non si nasconde la complessità. «E' una trattativa difficile con molte, molte parti in causa, con molta gente interessata e molti pesi politici» premette. Per poi chiudere su una nota ottimistica: «Ci vorrà tempo, ma certamente si arriverà ad una conclusione». L'ultima curiosità riguarda l'addio di Gerardo Braggiotti a Mediobanca. Ma anche questo tasto l'Avvocato lo affronta en souplesse. «Non ne so niente, ho letto sui giornali che ci sono ragioni personali e di strategia. So che Braggiotti è un ragazzo di prim'ordine, una persona eccellente. Ma io non sono più nel consiglio di Mediobanca, vedo Maranghi quando viene a Torino, mi incontro qualche volta con Enrico Cuccia. Non ho elementi per dare un giudizio». Su Mediobanca il presidente della Pirelli, Marco Tronchetti Provera, si astiene («Parliamo d'altro»). E anche sul resto è in giornata di poche parole, a meno di non chiedergli di Ronaldo e di Inter. Lo Stato sociale? «Lasciamoli lavorare». I tassi? «Sono legati a due elementi: la stabilità politica e le difficoltà del sistema bancario che non è certo in una situazione florida. Ovviamente lo spread finisce per penalizzare tutti noi». Le tesi di Romiti? «Siamo in un passaggio particolarmente delicato, su cui si misurerà la capacità di far politica del go¬ verno. La riforma dello Stato sociale è la base della modernizzazione». Il cielo rovescia torrenti di pioggia sul workshop di Villa d'Este. Ma circondati da un lago plumbeo i partecipanti vanno avanti a discutere sui rapporti dollaro-Euro, sui problemi di globalizzazione e di competizione. Dopo aver commemorato il Cinquantenario del Piano Marshall che, come ricorda Agnelli, «è stato anche il terreno di cultura per la futura cooperazione economica». Un piano che un relatore tedesco ripropone oggi come modello di sviluppo per i Paesi dell'Europa orientale, Bosnia inclusa. Poi si affrontano l'Euro e i problemi della futura banca centrale e dei suoi rapporti con la politica. Tocca agli americani presenti, tra cui Arthur Schlesinger, assicurare che «un Euro forte farà bene anche al dollaro», in quanto costringerà gli Stati Uniti ad affrontarp alcuni problemi specifici, primo fra tutti la carenza di risparmio domestico. E Paolo Fresco, vicepresidente esecutivo di General Electric e consigliere Fiat, è d'accordo: «Per un operatore globale, l'Europa di oggi è già un mercato unico. E l'Euro semplificherà ulteriormente i rapporti e i rischi di cambio». Valeria Sacchi