«Le prove Sono frutto di probabilità» Delitto di Marta, la difesa smonta le accuse
«Le prove? Sono frutto di probabilità» «Le prove? Sono frutto di probabilità» Delitto di Marta, la difesa smonta tutte le accuse «Compiuti grossolani errori nell'inchiesta» «L'alibi l'unico punto debole di Scattone» ROMA. La difesa è passata al contrattacco. Il legale di Giovanni Scattone, da una settimana a Regina Coeli con l'accusa di omicidio volontario della studentessa Marta Russo, ha messo in dubbio tutte le affermazioni dell'accusa: non è detto che la pistola che ha ucciso la ragazza sia una calibro 22, non è detto che il colpo sia partito dall'aula 6 dell'istituto di Filosofia del Diritto, è altamente improbabile che Giovanni Scattone abbia potuto sparare dalla finestra dell'aula. Dopo aver visionato l'intero dossier sulle indagini consegnato ieri dal pubblico ministero Carlo Lasperanza in Procura, l'avvocato Alessandro Vannucci, accompagnato dal consulente tecnico di parte Antonio Ugolini si è recato all'Università. Ha voluto vedere i luoghi da dove - secondo gli inquirenti - sarebbe partito il colpo, per rendersi conto di persona se sia il caso di chiedere un incidente probatorio e «se le prove in mano agli inquirenti siano frutto di certezze o di probabilità». Dal sopralluogo è emerso che le prove sono soprattutto frutto di probabilità. «Per sparare in strada - ha spiegato il perito - l'assassino è stato costretto a sporgersi molto all'esterno. Scattone è di bassa statura, per lui sarebbe stato troppo complicato». Lo Stub, l'esame che permette l'individuazione di tracce di polvere da sparo - ha sostenuto l'avvocato Vannucci - «non dà esiti con certezze assolute e in questo processo gli atti più importanti sono proprio quelli fatti dalla polizia scientifica». Il perito ha concluso che «durante l'inchiesta sono stati compiuti errori piuttosto grossi», e ha espresso forti dubbi anche sulla possibilità che la pistola utilizzata per il delitto sia effettivamente una calibro 22 «long rifle», come indicato dagli investigatori. Ca- La studentessa arta Russo drebbe quindi l'ipotesi dell'arma dei poligoni da tiro, e tutto il castello di fantasie costruito in questi giorni tutt'intorno a quest'assunto. L'avvocato Vannucci, infine, ha spiegato che «l'atteggiamento di Scattone durante l'interrogatorio non è stato assolutamente presupponente e altezzoso, ma quello di un ragazzo timido che da due giorni era in carcere e che non riusciva nemmeno a parlare». Il legale ha confermato che per venerdì 27 giugno è stata fissata l'udienza del Tribunale della Libertà sull'istanza di scarcerazione dei due ricercatori presentata nei giorni scorsi, anche se - ha precisato «ci speriamo poco». E' l'abbi l'unico punto debole di Giovanni Scattone perché il giovane «non porta mai l'orologio». «E' vero che è stato a villa Mirafiori - ha raccontato il legale - e che ha avuto un colloquio con un professore che, a quanto ne so, è anche stato sentito dagli investigatori. E' anche andato alla segreteria dell'Università per richiedere due certificati, ma sui due certificati che ho in mano c'è soltanto la data della richiesta, non l'orario». Sul giallo della Sapienza è intervenuto ieri anche il professore Bruno Romano, tornato in libertà giovedì. Il direttore dell'istituto di Filosofia del Diritto ha smentito di aver mai sospettato di qualcuno, o di aver parlato della vicenda con Francesco Liparota, l'usciere bibliotecario arrestato perché secondo gli investigatori sarebbe stato presente all'omicidio, o Gabriella Alletto, la supertestimone che ha condotto tutti in carcere. «Conosco solo di vista Scattone e Ferrara, non ho mai fatto pressioni nei confronti della Lipari, nell'aula 6 non ho mai visto qualcuno giocare, nemmeno con le palline di carta», [f. ama.] La studentessa Marta Russo
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