«Non sono io il militare nella foto dello stupro» Il maresciallo Meligeni accuse incomprensibili
«Non sono io il militare nella foto dello stupro» Il maresciallo Meligeni: accuse incomprensibili «Non sono io il militare nella foto dello stupro» FIRENZE. «Non sono io quello fotografato con il razzo illuminante in mano davanti alla donna somala. Non mi riconosco in quella foto e non ho mai partecipato a episodi del genere in Somalia e neppure ne ho visti»: Antonio Meligeni parla con voce calma, ma con tono deciso. Da giovedì gli è cascato il mondo addosso, ha l'influenza e la febbre a 39, ma ieri pomeriggio ha raggiunto Firenze per incontrare l'avvocato Giangualberto Pepi che lo difenderà dall'accusa di aver partecipato allo stupro del check-point Demonio. Meligeni, abbronzato, maglietta rosa e jeans, accetta di rispondere a qualche domanda. «Ho saputo che ero coinvolto in questa brutta storia giovedì sera a Tirana, dal mio comandante. Mi ha chiamato e mi ha detto che i telegiornali avevano fatto il mio nome come uno degli uomini ritratti nella foto dello stupro. L'avevo vista quella foto e mi aveva provocato sconcerto, come tutta la vicenda. Sono tornato dall'Albania, dove dovevo restare ancora un mese e mezzo, e oggi sono qui, a parlare con un avvocato». Con quale stato d'animo affronta questa vicenda? «Sono sorpreso, sono cose che non fanno piacere. Ma sono anche tranquillo perché quello della foto non sono io». E allora perché qualcuno ha fatto il suo nome? «Non lo so, non riesco a spiegarmelo». Lei aveva dei nemici tra i soldati in Somalia? «Non credo. Certo, ero severo. E se c'era da punire, secondo i regolamenti, chi non si comportava bene, lo facevo». Era in Somalia quando si sarebbe verificato lo stupro? «Sono stato in Somalia complessivamente nove mesi e ho partecipato alle missioni Ibis 1 e 2. La seconda volta sono arrivato nel novembre del 1993». [Ansa]
Persone citate: Antonio Meligeni, Giangualberto Pepi, Meligeni
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